"Ho un dono... o è una maledizione?"
Un altro giro di clessidra è il romanzo d'esordio di Simone D'Adamio, edito da Scatole Parlanti.
Il libro intreccia al suo interno generi differenti: è un romanzo di formazione per ragazzi, perché racconta delle difficoltà tipiche dell'età e del modo giusto per affrontarle, è fantascientifico, perché ci sono esperimenti, operazioni e sieri in gioco e, infine, è anche fantasy, perché parla di un mondo fantastico abitato da Druidi e molto altro.
La struttura del testo è potenzialmente molto varia. Ci sono ben tre piani narrativi; quello del mondo "normale", quello del mondo "alternativo" e un altro che si comprenderà bene solamente alla fine del testo e che sarà decisamente meno presente e di cui non espliciterò nulla, onde evitare anticipazioni importanti.
Questi tre piani vengono convogliati in pochi capitoli molto lunghi, l'alternanza, specie quella tra i primi due, è varia, talvolta rapidissima e ripetuta, talaltra quasi assente.
La trama relativa alla quotidianità ci parla di Sergio, ragazzo diverso dagli altri che, proprio per questo, viene escluso o deriso dai compagni. La sua lontananza dai coetanei è dovuta prevalentemente ai suoi sogni ad occhi aperti, talmente vividi da rappresentare per lui l'unico interesse reale. In questi, è Samuel Cook, principe dei Druidi che si nasconde in mezzo alla gente comune, in seguito alla dipartita del padre, assassinato cinque anni prima.
Per Sergio i sogni avevano un significato incomprensibile per la maggior parte delle persone. Così lucidamente presi dalle ambizioni e dai desideri della vita... chi poteva comprendere un'esistenza costruita esclusivamente all'interno della propria mente?
Lo svolgimento vedrà il dipanarsi di ambedue le storie, trovando nel primo un messaggio positivo per i più giovani, cioè la graduale apertura verso il mondo reale, e nell'altro un romanzo d'azione ma ragionato in cui si rifletterà anche a riguardo di argomenti che, tolto dalla metafora, possono essere traslati anche nella vita reale.
Già nell'incipit, però, comprendiamo che c'è qualcosa di ulteriore. Nel prologo, infatti, ci viene svelato un indizio importante per comprendere ciò che succederà realmente nel resto del testo. Questo aumenta sicuramente la suspense, perché il lettore si chiederà in che modo questo influenzerà ciò che accadrà ma, allo stesso tempo, fa comprendere al lettore forse fin troppo di ciò che verrà svelato solamente più avanti.
«Quello che manca, purtroppo, è il tempo. Abbiamo una rigida programmazione per il siero della felicità, come mi piace definirlo». Il medico sorrise compiaciuto, ma il risultato fu un ghigno storto e inquietante, al quale l'uomo cercò di non dare peso.
Il finale è ciò che mostra, più di tutto il resto, come vi fosse ancora più potenzialità nella trama rispetto a quella notata durante la lettura. La conclusione lascia da un lato sbalorditi e, dall'altra, vogliosi di capire e sapere di più al riguardo, dato che l'idea è solamente accennata.
Il ritmo di lettura è piuttosto frenetico; gli accadimenti si susseguono a grande velocità e, spesso, non si ha il tempo di assimilare un'informazione che già ci si ritrova ad affrontarne un'altra. Ricco di idee, dunque, che da sole sarebbero bastate per un'intera saga.
A causa di questo, anche la psicologia dei due protagonisti, ben congegnata ed esplicata, appare frettolosamente in mutamento. Comprendiamo esattamente ogni svolta emotiva, perché ci viene spiegata e ha un fondamento nel testo, ma non facciamo in tempo a sentirla a nostra volta. Lo stesso vale per gli altri personaggi, molti dei quali nascondono dei terribili segreti che, se svelati con maggiore calma, avrebbero potuto lasciare il lettore maggiormente attonito.
L'ambientazione fantastica è complessa ma solamente accennata: conosciamo le città e i luoghi principali ma non la sua formazione e composizione geografica. È evidente che l'autore visualizza tutto e conosce il mondo che ci sta raccontando, ma il lettore dovrà usare a sua volta molta fantasia per poter ampliare le informazioni fornitegli. Alcuni aspetti sono fondamentali e vengono ben spiegati e raccontati. Alcune delle descrizioni, specialmente nel prologo, sono curate e attente.
Il cemento all'esterno pareva fondersi con la natura in una rassicurante alchimia: un connubio stranamente gradevole, benché a tratti artificioso, al quale l'uomo si stava piacevolmente abituando da quando si trovava in quella città. Il giardino, visibile solo in piccola parte, era delimitato da alte siepi, che garantivano l'intimità necessaria ai pazienti ricoverati. La grande arteria principale era a poche centinaia di metri, ma il rumore del traffico non riusciva a superare il perimetro dell'ospedale, quasi che quel luogo fosse sprofondato in una dimensione alternativa.
Lo stile di Simone D'Adamio dimostra la sua confidenza con termini maggiormente ricercati e altisonanti, che non usa mai a sproposito, anche se in abbondanza. Questo si abbina particolarmente bene al genere fantasy, anche se generalmente in quello per ragazzi è meno sottolineato, ma può risultare ridondante nella trama principale. Il linguaggio comune è mischiato ad esso, riuscendo a catturare anche la simpatia dei ragazzi (ad esempio l'insegnante chiamata "befana"). Alcune parole sono ripetute più volte e anche alcune formule desuete nei testi, come ad esempio i tre puntini di sospensione.
In conclusione, trovo che Un altro giro di clessidra sia un testo godibile con una potenzialità elevata. Si notano le energie e, soprattutto, la passione applicata dall'autore che dimostra di avere bisogno di una maggiore esperienza ma di avere qualcosa da dire, fantasia e buone idee. Per questo motivo lo consiglio, anche se non perfetto è piacevole da leggere e dimostra come essere uno scrittore significhi anche partire da un'esigenza; quello di far uscire una storia che si ha in mente e che vuole vivere di vita propria.