Devo dire la verità. Specchi riflessi di Katia Amadio è un libro che mi ha spiazzata e che, forse, non sono riuscita ad apprezzare come avrei dovuto.
Come sapete, io inizio i libri alla cieca: so solamente titolo e autore e, se non li ho mai sentiti nominare tanto meglio, così posso gustarmi una totale novità. Il problema di questo modo di fare è che, spesso, si sceglie il momento o il luogo sbagliato per iniziare una lettura. Non avevo minimamente capito di che genere di lettura sarebbe stata, perciò, io l'ho allegramente iniziato, e finito, al mare sotto l'ombrellone. Con il senno di poi direi che ho fatto proprio una bella cavolata e che, probabilmente, se avessi scelto un altro momento, avrei potuto esperire qualcosa di totalmente diverso.
Di primo acchito, nelle righe iniziali, ho pensato fosse un horror e, dentro di me, già gioivo perché l'atmosfera, elemento fondamentale per i libri horror, mi stava già piacendo tantissimo. Poi, ad un certo punto, non ci ho capito più niente e sono caduta nell'oblio. Per rialzarmi, metaforicamente ovviamente, ci ho messo quasi tutto il libro e dire che, solitamente, mi ritengo piuttosto intuitiva a causa delle numerose letture che ho già fatto. La verità è che mi sono accorta davvero di quello che avevo letto solamente una volta chiuso il Kindle.
Diverse erano le leggende raccontate su quel colle: si erano susseguiti numerosi articoli di quotidiani su sparizioni di bambini, morti misteriose o incidentali.
Non escludo che, in futuro, lo rileggerò nuovamente, in condizioni più adatte, e integrerò ancora la recensione. Per ora, però, voglio descrivervi le impressioni di questa mia prima lettura. Dove, premetto, non ero ubriaca, perché mi rendo conto che ciò che scriverò di seguito potrebbe farvi insospettire sulla mia lucidità del momento.
Come ho già anticipato, l'atmosfera mi ha colpita molto. La scena iniziale più di tutto, ma anche nel resto del romanzo si nota la sua forte presenza. È un libro che, secondo me, va letto di notte, al buio, va vissuto come se fosse un sogno, brutto o bello sta a voi deciderlo.
Dove volevano portarla? L'assurdo era dunque la sua normalità? Forse, qualsiasi cosa di normale avesse visto in quel momento, le sarebbe sembrata assurda?
Per lo stile scende in campo il gusto personale che, ovviamente, non è né oggettivo né vincolante. La scrittrice è una donna e si sente, lo stile è leggero, delicato, elegante e io, invece, sono cresciuta con libri che sono tutto l'opposto: crudi, acerbi, secchi e rudi (*). Non lo trovo assolutamente brutto, anzi, ma non rientrando nei miei gusti tipici non sono in grado di valutarlo oggettivamente. In fondo de gustibus non disputandum est e sono sicura che per i lettori e le lettrici, che cercano questo nello stile, troveranno il libro ancora più piacevole.
Era una giovane donna sui 25 anni, dai lunghi capelli biondi, coi vestiti laceri; era in un precario equilibrio, fra il sentiero e l'abisso sotto di lei, chiuso fra la nebbia.
La trama non l'ho capita fino alla fine. Ovviamente comprendevo ciò che leggevo e, una volta arguito dove andasse a parare, ho anche indovinato alcune cose, eppure mi è davvero capitato di rado di trovarmi così inerme davanti ad un testo: le cose succedevano e io mi chiedevo "ma perché?", mi lasciavo trascinare sperando di trovare un appiglio da qualche parte, ma non arrivava mai. Diciamo che la storia, oltre all'intreccio non del tutto lineare in sé, è piuttosto metaforica e la si può leggere su due piani diversi, uno dei quali, inizialmente, avevo individuato ma che non riuscivo proprio a comprendere.
Così, accompagnata da voci senza volto e da presenze non tangibili, non parlava mai con nessuno; era stanca di dover aggiungere giustificazioni ad una vita che già ridondava di domande senza risposte.
L'ambientazione è ben descritta e va a braccetto con l'atmosfera; hanno entrambe un ruolo importante e, in parte, oserei dire catartico, perlomeno per la protagonista che è anche il nostro punto di vista.
Forse era giunta l'ora di affrontare personalmente la realtà; forse era arrivato il momento di guardare indietro un'ultima volta, per tornare veramente a guardare avanti.
I personaggi li ho trovati nebulosi. Ci penso e ripenso e la parola giusta mi sembra solamente questa. C'erano, li ho conosciuti insieme alla protagonista, ma non li ho davvero capiti, erano lì ma allo stesso tempo non c'erano. Bella l'idea del personaggio di Katia, l'autrice, apprezzo sempre questa scelta che intrica maggiormente la storia.
«Come ti chiami?» iniziò lei, che davvero non sapeva da che parte cominciare a far domande, iniziando a supporre cose di cui temeva la risposta.
Con la protagonista non sono riuscita ad entrare in contatto, mi era del tutto estranea ma conoscevo i suoi pensieri come se fossero i miei.
Quasi nessuno conosceva realmente il suo passato: non ne aveva mai parlato a nessuno di rilevante, sia per non doverlo rivivere, sia per prudenza.
Io l'ho letto un po' come se me lo stessi immaginando, avete presente quelle notti dove vorreste dormire ma vi sembra di non riuscirci.. poi venendo destati da qualcun'altro vi accorgete che stavate pensando a cose incredibili, che non seguivano il solito filo logico che adottate da svegli? Uno stadio di dormiveglia in cui un pezzo di voi che non esiste da svegli prende in parte il sopravvento. Ecco, questo è ciò che ho provato leggendo questo libro e, devo dirvi la verità, temo la rilettura proprio perché ho paura di perdere questa sensazione che, effettivamente, non mi era mai capitato di provare!
Essendo stata una lettura molto strana per me, non ho idea se consigliarlo o meno perché non so a quale tipo di lettore sia da indirizzare. Siete, perciò, voi a dover decidere se è giusto per voi o no. Molti (quasi tutti) i lettori forti pensano che sia il libro a chiamare il lettore e non la persona a scegliere il libro, beh.. se c'è libro in grado di farlo è sicuramente questo!
(*) Breve spiegazione per chi ora sta pensando "ha detto che non le piacciono le autrici donne!". Io apprezzo sia gli autori uomini che le autrici donne ed è, senza dubbio, uno stereotipo associare un determinato stile agli uni e uno diverso alle altre. Lo stile tipicamente associato alla femminilità è quello che rientra meno nei miei gusti e ciò accade sia in caso di uomini che in caso di donne. D'altra parte, ci sono scrittrici donne con stili prettamente associati agli autori uomini come, ad esempio, Agota Kristof che amo pazzamente.