TRAMA IN BREVE

Peredonov, insegnante che desidera far carriera, è agli occhi di tutti un demone meschino. Non nasconde in alcun modo la sua abiezione e, anzi, lungi dal volerla mascherare, la esibisce come un vanto, quasi fosse una qualità. Ma sarà poi così diverso dagli altri abitanti della sua città?

EPIGRAFE

«Volevo bruciarla, quella strega malvagia»

INCIPIT

La messa della domenica era finita e i fedeli si stavano incamminando verso casa. Alcuni si erano trattenuti a conversare sul sagrato, dietro le bianche mura di pietra, sotto i tigli e gli aceri antichi. Tutti agghindati a festa, si guardavano cordiali, e si aveva l'impressione che in quella città la gente vivesse d'amore e d'accordo. Addirittura in allegria. Invece era soltanto un'impressione.

RECENSIONE

«Occhio malocchio, nero di pidocchio, diavolo spauracchio, scarafaggi in crocchio. Via da me. Via, via, via. Esci-languisci-sparisci!».

Peredonov, il demone meschino è un romanzo russo pubblicato a puntate nel 1905.

Romanzo molto celebre, rimane l'unica vera e propria grande opera finita e pubblicata dell'autore che, successivamente, cadde in disgrazia, potendo ricominciare a scrivere solamente molti anni dopo. Per questo motivo, per i più scaramantici, il romanzo potrebbe essere attorniato da una sorta di aura di mistero: infatti Peredonov, il protagonista di quest'opera, è un professore così come lo era Sologub ed è inevitabile accostare la figura dei due uomini (paragone ben poco gentile per qualsiasi essere umano), sebbene lo scrittore fosse un insegnante ben diverso da quello descritto nel suo romanzo.

Parto con il dire che mi sono informata al riguardo di questo testo per capire le interpretazioni dei critici perché la mia persona chiave di lettura mi sembrava eccessivamente azzardata e desideravo rivederla sotto un'altra luce. In realtà, molte delle idee che ho avuto sono riconfermate anche dagli esperti che ho letto, perlomeno sul protagonista. Sui personaggi in generale, invece, non ho trovato nulla e, perciò, non so se ciò che vi dirò potrà essere altrettanto condivisibile. 

Ho letto questo libro grazie al mio abbonamento a Kindle Unlimited, per chi non lo sapesse è un abbonamento Amazon che costa 9.99€/mese che permette di leggere quanti eBooks si desidera in un catalogo piuttosto ampio e vario. Io solitamente ne approfitto per leggere i libri Fazi Editore disponibili, che sono tantissimi e, spesso, presentano in catalogo classici altrimenti introvabili. Questa edizione mi ha soddisfatta a livello di traduzione ma non presenta alcun tipo di introduzione, studio critico o approfondimento sul testo che, invece, ha alle spalle un importante retaggio per la letteratura russa. In cartaceo esiste anche l'edizione Garzanti (QUI su Amazon) in cui, se ho ben capito (non l'ho quindi non garantisco) esiste anche una prefazione.

Il titolo (che varia da Peredonov, il demone meschino a solamente Il demone meschino) è esplicativo di ciò che troveremo sin dall'inizio del testo: un uomo crudele, gretto, cattivo e superficiale che si fa odiare sin dalle prime righe. Quest'uomo tiene conto degli altri esseri umani solamente in funzione della loro potenziale utilità, adora far frustrare i suoi alunni senza alcun motivo, ha convinzioni e pregiudizi razzisti sui polacchi, maltratta la sua donna sputandole anche in viso e vessa persino il gatto di famiglia, reo semplicemente di passare accanto a lui nel momento sbagliato.

«Ci sono persone di ogni tipo sia tra i russi che tra i polacchi», rispose.
«No, è come dico io, davvero», insistette Peredonov. «I polacchi solo stupidi. Sanno solo darsi delle arie. Prendete gli ebrei: quelli sì che sono intelligenti».

Da questa descrizione (che rappresenta solo una parte delle azioni riprovevoli che gli si possono attribuire) la natura demoniaca del personaggio traspare con evidenza.
Nel titolo, però, troviamo non a caso anche il termine meschino che, da un lato, può essere considerato un rafforzativo della malvagità del personaggio ma che, in realtà, nasconde qualcosa di più. Peredonov si rivela be presto una persona paranoide, certamente cattiva e deleteria per gli altri ma mai quanto per sé stessa. Vive perennemente nella paura generalizzata: teme le risate altrui, di essere preso per il naso, di ammalarsi, di essere denunciato, di essere ucciso e, persino, di essere sostituito da una controfigura. È un uomo, dunque, che non vive felicemente; un cattivo che non gioisce ma soffre perennemente. 

Peredonov li guardava sospettoso: se qualcuno rideva in sua presenza e lui non sapeva di cosa, pensava sempre che si ridesse di lui.

Per questa motivazione, lo si comincia a vedere più come "demone meschino", cioè un cattivo sopraffatto però da qualcosa di più grande, limitato e povero. Un inetto ante litteram che, nonostante la sua abiezione, rischia di diventare il nostro personaggio preferito anche a causa dell'evidente limitatezza mentale e culturale che si estrinseca in un'ingenuità (proprio a lui che pensa di non credere a niente!) senza pari.

A Peredonov non piaceva riflettere. Credeva sempre immediatamente a quel che gli veniva detto.

Gli altri personaggi, infatti, appaiono ben più demoniaci e, soprattutto, meno meschini di lui. Tutti, specialmente quelli che gli stanno più intorno, agiscono con i suoi stessi principi: guardano esclusivamente al guadagno e al profitto, fregandosene dei sentimenti degli altri e trattando il loro prossimo a volte anche in modo disumano. Non solo non frenano né rimangono sopraffatti dagli istinti di Peredonov ma li usano a loro favore anche solo per volontà di dileggio. Anche nelle descrizioni si nota la loro valenza negativa: sono infatti spesso persone sporche, trasandate, amanti del caos e della distruzione. Allo stesso tempo, leggendo anche dal loro punto di vista, i loro pensieri, terribili, ci sembrano quasi normali, se non giusti perlomeno, alla lunga, giustificabili.

«Rimane sempre più bella di te» rincarò Peredonov. «Mi sa che mollo tutto e sposo lei».
«Tu azzardati soltanto», cominciò a urlare Varvara, rossa e tremante per la rabbia, «e le brucio gli occhi con l'acido!».
«Ho voglia di sputarti in faccia», disse tranquillamente Peredonov.
«Non ne sei capace!», gridò Varvara.
«E invece sì».
Si alzò in punta di piedi e, con un'espressione impassibile e ottusa, le sputò in faccia.
«Porco», commentò Varvara piuttosto calma, come se lo sputo l'avesse rinfrescata.

Questa dicotomia tra razionalità e sentimenti ci mostra ciò che credo fosse il fine ultimo dell'autore: mostrarci il demone che, piano piano, riesce a farsi spazio nell'animo delle persone, persino in noi, e corrompendole piano ma inesorabilmente tanto da renderle persino peggio dello stesso demonio, colpevole ma, perlomeno, consapevole di esserlo. Un messaggio che arriva al lettore perché proprio lui stesso si ritrova ben meno indignato di quello che dovrebbe essere e sarebbe davanti a simili azioni in altre occasioni.

Al di là di questo, sono annoverate tra le nefandezze anche cose che, ad oggi, stiamo invece cercando di normalizzare, non ve le esplicito per non anticiparvi altro ma le cito perché penso che, per un romanzo pubblicato nel 1905, il fatto che siano raccontate, e per giunta senza biasimo, rende quest'opera decisamente più attuale di quanto si possa pensare.

All'interno del testo sono citati tantissime opere ed autori (molti dei quali proibiti all'epoca), sebbene il nostro protagonista non ne abbia, fieramente, letto nemmeno uno.

E anche quei libri di certo non li leggeva, ma li teneva soltanto in mostra. Difficile ricordare l'ultima volta che aveva letto un libro – diceva di non averne il tempo; non si abbonava nemmeno ai giornali e le notizie le veniva a sapere attraverso le conversazioni. D'altra parte, non c'era nulla che dovesse apprendere perché nulla al mondo lo interessava.

In conclusione, è un'opera che ho apprezzato molto e che, soprattutto, ho trovato al contempo simile (nell'ironia) e diversa (mancanza totale di volontà di riscatto) ai grandi romanzi russi dell'epoca, e la consiglio a tutti, segnalandovi però che, pur essendo un classico, non mancano immagini forti seppur mitigate nelle parole, che vi ho riportato anche nelle citazioni.

CITAZIONI

Il giardino, disseminato di frutti e fiori tardivi, andava assumendo i toni del giallo. C'erano diversi alberi, tra cui alcuni da frutto, e molti cespugli: bassi meli ramosi, peri dalle foglie tonde, tigli, ciliegi dal fogliamo liscio e lucente, prugni, caprifoglio. Sui cespugli di sambuco rosseggiavano le bacche. Vicino allo steccato fioriva fitto il geranio di Siberia: piccoli fiorellini di un rosa pallido con venature violacee. Fra gli arbusti spuntavano le pungenti cime purpuree del cardo.

Peredonov le guardava con indifferenza: lui non si interessava mai degli affari altrui, la gente non gli piaceva, vi pensava solo in relazione ai vantaggi o ai piaceri personali.

Peredonov si chinò e sollevò il gatto, che era grosso, bianco e brutto. Prese a tormentarlo: lo tirava per le orecchie, per la coda, lo scuoteva tenendolo per il collo. Volodin sghignazzava divertito e suggeriva a Peredonov cos'altro gli poteva fare.

La faccia di Peredonov non esprimeva nulla se non la solita ottusità; gli occhiali dorati sul naso e i capelli corti sulla testa saltellavano in modo meccanico, quasi appartenessero a un essere inanimato.

I suoi discorsi prendevano il più delle volte pieghe indiscrete e si avvicinava agli uomini nella sola speranza di trovarsi un fidanzato. Una camera della sua casa era immancabilmente occupata da un qualche funzionario scapolo.

“Ecco qui", pensò di Volodin, "si lagna di sua madre, del perché l'ha messo al mondo: è chiaro che non vuole essere sé stesso. E infatti mi invidia. Magari sta già pensando di sposare Varvara e di infilarsi nei miei panni". E lo guardava angosciato.

«Tutti i libri buoni lo conosco già», dichiarò Peredonov. «Non mi metterò certo a leggere quello che s'inventano oggi».

QUARTA DI COPERTINA

Ottuso, volgare e superstizioso, Peredonov è un insegnante di provincia reazionario della Russia zarista, che disprezza i ginnasiali diligenti e puliti che ama provocare con discorsi sconvenienti, diffida degli amici, teme l’autorità e si dimostra fermo sostenitore delle punizioni corporali al limite del sadismo. Ciononostante, ricchezza e successo si profilano al suo orizzonte: da Pietroburgo, la principessa Volcanskaja sembra pronta a garantirgli un avanzamento di carriera, l’agognato posto da ispettore, a patto che lui sposi Varvara, la donna con la quale già convive. 
E così, tutta la vita di Peredonov si focalizza. Mentre lui si destreggia tra audaci pretendenti e nemici che agiscono nell’ombra per ostacolarlo, e combatte con un feroce demone che lo tormenta, la sua paranoia si tramuta lentamente in un’ossessione che, trascinandolo in un abisso visionario e grottesco, sfocia nell’orrore di una follia distruttiva. La selvaggia lascivia e l’agghiacciante crudeltà del protagonista si intrecciano con la giovane, luminosa e profumata amicizia tra Saša e Ljudmila, portatori di una bellezza incontaminata e sensuale, che lotta per la sopravvivenza nel sordido ambiente della società di provincia.
Definito «il più perfetto romanzo russo dopo quelli di Dostoevskij», Peredonov, il demone meschino, raccontando della follia lucida dell’uomo qualunque e delle infinite bassezze umane, è uno specchio sociale e interiore dell’esistenza umana, dove «il mostruoso e il bello si riflettono con la medesima precisione».

PRO / INDIFFERENTE / CONTRO
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