TRAMA IN BREVE

Richard Dale, scrittore in nuce, ha quindici anni. Siamo in Texas, nel 1933, durante la Grande Depressione. Suo padre, costretto dalla necessità di denaro ad allontanarsi da casa, lascia a lui il ruolo di capofamiglia. Proprio in quesi giorni un cinghiale fuori dal comune si sta aggirando nei dintorni, sembra che sia immortale ed un'incarnazione del Male.

– Ma posso garantirti che il diavolo o qualche altro demonio non c'entrano. Un cinghiale è un cinghiale, nient'altro.
Be', in un certo senso papà aveva ragion, ma in un altro si sbagliava.

INCIPIT

Accadde nell'estate del 1933 tra le paludi del fiume Sabine, nel Texas orientale. Quelli che ancora se lo ricordano, lo chiamano l'anno del Cinghiale del Demonio.
Fu anche il periodo in cui Richard Harold Dale diventò uomo all'età poi non così matura di quindici anni. 
So quello che dico perché probabilmente quell'anno e il Cinghiale del Demonio me li ricordo meglio di chiunque altro. E ne ho ben donde. Sono io Richard Harold Dale e ne porto tuttora le cicatrici.

RECENSIONE

Quello che mi portò quel giorno, e le notizie che ci comunicò, cambiarono la mia vita per sempre.

L'ultima caccia di Joe Lansdale è un romanzo di formazione per ragazzi, country ed avventuroso.

Si tratta del primo dell'autore che leggo e ancora non so se ho fatto bene ad iniziare con questo: sicuramente mi ha aiutata a capire alcune caratteristiche che, penso, saranno poi ampliate negli altri romanzi dell'autore, ma al contempo non mi ha dimostrato il vero valore di questo scrittore che qui, ne sono certa, è più in sordina rispetto ad altri libri.

Il primo aspetto che mi ha colpita e mi ha convinta, da subito, a leggere e comprare altro di Lansdale è stato lo stile. In questo libro è il protagonista a parlare e a raccontarci, molti anni dopo, un momento importante della propria giovinezza. In questi casi capita spesso che lo scrittore decida di cambiare registro linguistico, come se fosse ancora un bambino, decisione che non apprezzo e che trovo costantemente sbagliata (persino in grandi classici come Il buio oltre la siepe), mentre qui l'autore riesce a trovare un compromesso perfetto: uno stile asciutto, che rispetta lo slang del posto (l'ambientazione, come vi dirò, è fondamentale per il testo), che può appartenere ad un qualunque personaggio del luogo e che non stona mai. Nei dialoghi, a seconda di chi parla, il linguaggio utilizzato cambia e, anche questo, non è così banale in un romanzo contemporaneo del genere. Non mancano termini "duri" nelle descrizioni, così come sono presenti in libri come L'isola del tesoro.

Era pratico come il taschino della camicia, in quelle faccende.

È un romanzo di formazione e l'atmosfera avvertita è proprio quella che siamo soliti ad attribuire al genere. Alcuni dei libri più famosi del genere vengono anche citati all'interno del libro. A questa sensazione di stare leggendo di una fase fondamentale della vita del protagonista che l'ha reso, poi, l'uomo di oggi, si accompagna quella tipica del country, che dipende fortemente dall'ambientazione.

La storia è ambientata, infatti, nel Texas nel periodo della Grande Depressione (1933). L'ambientazione, lungi dall'essere da intralcio in una storia principalmente orientata verso un pubblico giovane e, quindi, spesso meno desideroso di leggere libri che presentano questo aspetto, aiuta a incorniciare la storia e a dare informazioni utili ma non invadenti. È solamente qui e in questo momento che la storia avrebbe potuto svolgersi e questo elemento è chiaramente uno dei motivi per cui l'autore l'ha scelta. Da quanto ho letto in questo romanzo ci sono molti aspetti autobiografici, anche se non nella storia in sé, e credo che qui si noti particolarmente.

Quel che restava era a malapena sufficiente per sopravvivere e se era roba tanto secca da resistere al caldo, o così poco saporita da non andare bene nemmeno per le cimici, potete scommettere che nemmeno noi eravamo particolarmente eccitati all'idea di mangiarcela. Ma era sempre meglio di una pancia vuota.

La trama parla di Richard, ragazzo di quindici anni che si ritrova momentaneamente capo famiglia perché suo padre si allontana per qualche tempo. Proprio in quei giorni, un cinghiale (da qui il titolo del libro in lingua originale, che mi sembra più azzeccato anche se meno avvincente) molto più grande e, ormai oggetto di molte leggende e superstizioni, si sta aggirando in quei luoghi, minacciando i campi degli abitanti. 

Alcuni dicono che sia un vecchio sciamano Caddo che per vendicarsi degli uomini bianchi si trasforma in un cinghiale che le armi da fuoco non sono in grado di abbattere, ma che solo la magia può uccidere. Altri invece prediligono la teoria demoniaca. Ci sono particolarmente affezionati alcuni predicatori che bazzicano certi posti fuori dal mondo. Dicono che il diavolo si è scatenato da queste parti per lo stile di vita degli abitanti. Perché la gente qui non va in chiesa abbastanza spesso e via discorrendo.

Lo svolgimento è piuttosto semplice da dedurre e da immaginare per un lettore adulto ma, comunque, si legge molto volentieri e non manca di colpi di scena che vengono costantemente raccontati senza la pretesa di sbalordire il lettore.

Anche il finale non è travolgente ma si raggiunge con piacere e gioia; sappiamo già come andrà finire.

I personaggi sono particolarmente vividi, nonostante non ci vengano raccontati con particolare dettaglio. Sono concreti, sono diversi tra loro e trasmettono a loro volta la stessa atmosfera della storia. Ciò che mi è piaciuto particolarmente sono stati i dialoghi che, seppur semplici e non affatto arzigogolati, presentano al loro interno frasi e concetti molto importanti che, anche se presi in maniera sé stante, fanno comprendere il fine formativo del volume e possono emozionare ed essere importanti per chi, purtroppo, non si è mai sentito dire determinate parole e sa quanta differenza possano fare.
Da quanto ho letto, alcuni personaggi presenti in questo volume tornano anche in In fondo alla palude.

– Fai qualcosa della tua vita, figliolo. <non mi importa cosa, ma fallo se tieni. Se fare lo scrittore è quello che vuoi, ti aiuterò ad arrivarci. Mi hai sentito?

Buona la cura, anche se nella mia edizioni Einaudi ho trovato un piccolo refuso. Il romanzo è scritto con un carattere ben leggibile e presenta una copertina che rappresenta una scena importante del libro. 

Il ritmo di lettura è veloce e non darà difficoltà a nessun lettore.

In conclusione, non considero L'ultima caccia un romanzo inestimabile ma grazie allo stile dell'autore e alla sua capacità di inserire dettagli importanti in ogni elemento (nell'ambientazione, nel rapporto tra i personaggi, nelle loro descrizioni ecc) ho capito che voglio saperne molto di più su  Joe Landale. Ho visto che la sua produzione è ricca e varia, dunque, non vedo l'ora di conoscerlo meglio!

Lo consiglio perché, anche se non lo trovo imperdibile, penso che sia una lettura molto piacevole, che può essere letta in qualunque momento e da qualsiasi lettore. Lo scrittore non amava che i suoi scritti fossero inscritti a generi specifici, tuttavia io penso che questo romanzo debba essere letto come un libro per ragazzi per poterlo apprezzare nel modo giusto.

CITAZIONI

Mio fratello non diceva quasi mai nulla, tranne quando aveva qualcosa da dire.

Parlare mi piaceva più di ogni altra cosa, tranne leggere.

Quel ragazzino avrebbe potuto giocare a poker col diavolo, bluffando e ingannandolo alla grande.

– Cosa ti piacerebbe fare da grande, figliolo?
Venni colto alla sprovvista. Non avevo mai avuto dubbi su cosa avrei fatto. Avrei continuato a fare il contadino. Avrei coltivato quello che era possibile e me la sarei cavata nel migliore dei modi, proprio come aveva fatto papà. Mi resi conto che forse avevo la possibilità di scegliere e, di fronte a quella domanda, mi accorsi anche di avere una risposta.

Lui annuì. – E perché lo vorresti fare, figliolo? Perché vorresti scrivere storie?
– Perché sì, – risposi. – Sento che devo farlo –. Ed era vero. Più ci pensavo e ne parlavo e più ero determinato a diventare scrittore. Era un'idea che mi faceva stare bene, come bere una bella tazza di caffè caldo in una mattinata fredda e lasciarlo arrivare allo stomaco.

– Naturalmente, devi tenere a mente che potrebbero non essere interessati ad acquistare storie scritte da gente che abita quaggiù in Texas. Magari tutta quella roba la scrivono gli yankee, dio non voglia!

– Non c'è uomo, nero, bianco o a pois, a cui sta bene che sia un altro uomo a stabilire quello che deve fare. Alle persone piace scegliere quello che vogliono fare e dove vogliono andare.

La luce del giorno era appena scomparsa e faceva già un gran caldo umido. A mezzogiorno, il sole sarebbe stato cocente, uno di quei giorni in cui il calore ti avvolge come una coperta di lana. Avevo già voglia di autunno.

Papà era sempre stato convinto che fosse sbagliato e mi aveva detto più e più volte che il colore della pelle di un uomo non doveva avere niente a che fare con il suo modo di pensare o di lavorare, che contava che tipo di uomo eri.

QUARTA DI COPERTINA

È il 1933 e l'America sta attraversando il periodo più buio della Grande Depressione. Richard Dale ha quindici anni, vive nel Texas rurale e sogna di fare lo scrittore. Questo è il racconto del giorno in cui la sua infanzia è svanita per sempre. Ed è il racconto di una caccia al cinghiale. Ma non si tratta di un cinghiale qualunque. Il Vecchio Satana, così lo chiamano tutti, è una bestia leggendaria, che potrebbe essere posseduta dallo spirito di uno sciamano indiano o forse addirittura da quello del diavolo. Per Richard però il Vecchio Satana è soprattutto la creatura malvagia che mette in pericolo la vita della madre e del fratellino che porta in grembo. E sentendosi ormai l'uomo di casa, sa di non potersi tirare indietro.

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