TRAMA IN BREVE

Tema principale di Lolita è la pedofilia. È possibile leggere il racconto dal punto di vista di un pedofilo e provare simpatia nei suoi confronti? 

DEDICA

A Vera

INCIPIT

Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi.
Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un percorso di tre passi sul palato per battere, al terzo, contro i denti. Lo. Li. Ta.

RECENSIONE

Il senso morale è nei mortali il prezzo
da pagar al mortal senso di bellezza

Lolita è il più celebre romanzo di Vladimir Nabokov, autore russo naturalizzato statunitense che, in questo volume, si dedica per la terza volta ad una storia scritta in una lingua, l'inglese, profondamente diversa da quella madre.

La trama di Lolita è, da sempre oggetto di scissione tra i lettori. Persino coloro che non l'hanno mai letto hanno già una loro idea sulla sua legittimazione d'esistere. Il tema della pedofilia, infatti, risulta per molti talmente indigesto da accettare moralmente, da garantire loro la totale impossibilità di poter apprezzare quest'opera. È risaputo, e noi partecipanti del mega GDL lo sentiamo in particolar modo in questo momento in cui stiamo leggendo insieme Lezioni di letteratura, che Nabokov, celebre anche come critico e professore della materia, riteneva che il giudizio morale e che i sentimenti dovrebbero essere totalmente tenuti fuori dalla lettura e che, un bravo lettore, non tiene mai conto di questi. 
Sicuramente, perciò, chi desidera approssimarsi questa lettura ma sa di non volere o non potere soprassedere su un contenuto che, sarebbe un eufemismo, chiamare scomodo, avrà ben poca possibilità di apprezzare il volume.

Se non sulla trama o il messaggio.. Su cosa si basa, allora, quest'opera? Senza dubbio elemento cardine della lettura è lo stile dell'autore e tutta la sua cultura. Questo romanzo è un vero e proprio esercizio stilistico in cui Nabokov utilizza tutto ciò che ha imparato dai suoi autori preferiti (specialmente i francesi) e lo utilizza sapientemente in quest'opera. Tanti sono i riferimenti a grandi classici, sia attraverso la struttura (l'iniziale e classico più che mai "manoscritto ritrovato" ad esempio) sia attraverso le costruzioni linguistiche, sia nelle vere e proprie citazioni (la signora Lampereur di Flaubert, trova un'omonima sosia in Lolita, ad esempio). Grande qualità, dunque, ma concentrata tutta in una storia basata sulla premessa di un manoscritto scritto in prima persona che si sposa ben poco con tutta la commistione di scelte letterarie presentata dall'autore. Questo aspetto, però, viene in parte spiegato e reso credibile dall'autore che mostra il protagonista, e narratore, come un uomo pieno di conoscenza e cultura che ammette, anche se solamente in un unico punto del libro, di voler scrivere questa sua storia per poter arrivare ai posteri e, dunque, può essere ritenuto credibile che lui "per fare bella figura" abbia abbellito il romanzo con tutto ciò che conosceva ed amava della grande Letteratura.

Il suo tratto dominante era la passione per l'adescamento. Dio mio, come mi stuzzicava, il poveretto! Metteva alla prova la mia erudizione. Sono abbastanza orgoglioso di saper qualcosa da poter ammettere modestamente di non saper tutto; e in quell'inseguimento crittografico e cartaceo è probabile che qualche riferimento mi sia sfuggito.

Gli altri elementi sono curati ma non spostano l'asticella dell'apprezzamento, accompagnano il tutto e evidenziano, ancora una volta, a cosa l'autore dava importanza come lettore.

L'ambientazione è statunitense, una novità per l'opera letteraria dello scrittore russo che, senza ombra di dubbio, l'ha impegnato molto nella ricerca. Sebbene sui luoghi venga detto ben poco (le descrizioni sono sempre più estetiche che conoscitive), è chiaro come l'autore abbia creato un vero e proprio percorso on the road che, gli studiosi, hanno anche ricostruito. 

L'atmosfera è ambivalente. Da una parte troviamo un'ovvietà: un uomo malato, un pedofilo, che compie azioni impossibili da non giudicare. Dall'altra troviamo sempre lui che ci parla direttamente e con lo specifico scopo di "farsi capire". Il suo racconto è ricco di contraddizioni, non riguardanti la trama, ma relative ai suoi scopi e ai suoi pensieri, lo troverete inizialmente contrito, poi leggerete frasi in cui non sembra che si senta poi così tanto colpevole e ancora dopo lo ritroverete con una consapevolezza disarmante di ciò che ha effettivamente compiuto. È piuttosto evidente che questo narratore gioca con noi e vuole accattivarsi il nostro consenso, pur non volendo fare in un modo semplice. La sensazione che vi darà probabilmente sarà differente (noi lo abbiamo letto in un gruppo di lettura ed ognuno ha avuto la propria personale impressione), quella che ha dato a me è stata quella di un bugiardo manipolatore, probabilmente proprio a causa dello stile eccessivamente artefatto.

Gli altri personaggi vengono descritti da lui e, perciò, non sapremo mai come effettivamente sono. L'uomo è un superbo, pieno di disprezzo verso il genere umano e persino il suo oggetto del desiderio (e, a suo dire, anche del proprio amore) viene raccontato come una persona volgare e degna di poca stima. Forse, per questo, in alcuni lettori del gruppo di lettura (e, immagino dunque, anche in generale) gli altri personaggi risultano in realtà i più fastidiosi ed indigesti. Prima la madre di Lolita e poi Lolita stessa diventano da quello che sono realmente (esseri umani sicuramente fallibili ma certamente non peggiori del protagonista) a veri e propri simulacri dell'odio del lettore. Su di me questo non è accaduto, forse proprio per la totale diffidenza che ho provato per il personaggio principale (e, lo ammetto, anche per l'autore stesso). Io ho risentito della limitatezza di questa visione, sebbene abbia compreso che fosse una scelta voluta nel tentativo (per molti riuscito) di ribaltare le parti. 
Il mio personalissimo punto di vista di lettrice "non buona" è che la stessa storia, se scritta per dimostrare meno e dare di più, mi avrebbe colpita sia intellettualmente che emotivamente in misura maggiore.

In conclusione, Nabokov nella sua postfazione, oltre a ricordare nuovamente le sue opinioni sulla lettura e a dare l'impressione di voler difendere la sua opera da ogni critica ricevuta fino a quel momento, ci ricorda che per lui un libro è ben riuscito se porta il lettore ad una voluttà estetica. E questo, purtroppo, è stato proprio ciò che mi è mancato maggiormente. Riconosco la capacità dell'autore nel conoscere ed applicare i migliori stratagemmi stilistici ma, in nessun momento, sono riuscita ad identificare una sua firma riconoscibile. Sicuramente anche a causa della mia ignoranza al riguardo, trattandosi della sua prima opera di narrativa che leggo.

Trovo che Lolita possa essere un'opera importante per dimostrare alcuni concetti fondamentali per la Letteratura che, prima o poi, un lettore deve affrontare e conoscere se desidera crescere ed evolvere, ma penso anche che ci siano altre opere che possono farlo e che, in aggiunta, rappresentino anche qualcosa in più. Paradossalmente, perciò, io tenderei a consigliare quest'opera più ai lettori che vogliono superare lo scoglio del giudizio morale che eclissa il bello stile, piuttosto che a coloro che cercano un'opera unica nel suo genere per il suo valore letterario.

CITAZIONI

Io crescevo, sano e felice, in un mondo luccicante di libri illustrati, sabbia pulita, aranceti, cani amichevoli, panorami marini e visi sorridenti.

Ci sono due tipi di memoria visiva: l'uno è quando ricrei con perizia, a occhi aperti, un'immagine nel laboratorio della mente; l'altro quando evochi d'un tratto, a occhi chiusi, nel buio interno delle palpebre, la replica oggettiva, esclusivamente ottica di un viso amato, un piccolo fantasma del colorito naturale.

La morbidezza e la fragilità dei cuccioli ci procurava la medesima, intensa sofferenza.

Continuo a sfogliare questi infelici ricordi e a domandarmi se proprio allora, nello scintillio di quell'estate remota, abbia avuto origine la crepa che percorre la mia vita; o se invece il mio smodato desiderio di quella bambina fosee soltanto la prima manifestazione di un'innata peculiarità.

Eppure sono convinto che in un certo modo magico Lolita cominciò con Annabel.

Accade a volte che talune fanciulle, comprese tra i confini dei nove e i quattordici anni, rivelino a certi ammaliati viaggiatori – i quali hanno due volte, o molte volte, la loro età – la propria vera natura, che non è umana, ma di ninfa (e cioè demoniaca); e intendo designare queste elette creature con il nome di «ninfette».

Entro questi medesimi limiti d'età il novero delle vere ninfette è straordinariamente inferiore a quello delle ragazzine essenzialmente umane, che siano in via provvisoria bruttine, o appena «simpatiche», o «dei tipi», o addirittura «graziose» o «carine», ma pur sempre creature ordinarie, pingui, senza forma, con la pelle fredda, la pancia e i codini.

Se mostrate a un uomo normale la foto di un gruppo di scolare o di giovani esploratrici e gli chiedete di indicare la bambina più bella, non è detto che egli scelga la ninfetta.

Inoltre, poiché il concetto di tempo ha in questa faccenda un ruolo così magico, il ricercatore non dovrebbe stupirsi nell'apprendere che tra la vergine e l'uomo, affinché costui possa cader vittima della malia, dev'esserci un divario di diversi anni – mai meno di dieci, direi; generalmente trenta o quaranta, e in alcuni casi conosciuti addirittura novanta.

Mentre il mio corpo sapeva per cosa spasimava, la mia mente respingeva ogni suo appello. Ero a tratti spaventato e pieno di vergogna, a tratti pervaso da un temerario ottimismo.

Io, per parte mia, ero ingenuo come sanno esserlo solo i pervertiti.

Nelle regioni polari le ninfette non esistono.

Ti prego, lettore: per quanto possa esasperarti il protagonista di questo libro, col suo cuore tenero, la sua sensibilità morbosa, la sua infinita circospezione, non saltare queste pagine essenziali!

La solitudine mi stava corrompendo. Avevo bisogno di compagnia e affetto. Il mio cuore era un organo isterico e precario.

Vedete, io l'amavo. Era amore a prima vista, a ultima vista, a eterna vista.

È infantile studiare un'opera di narrativa per trarre informazioni su un paese o su una classe sociale o sull'autore.

QUARTA DI COPERTINA

Sarebbe difficile, per chi non ne è stato testimone, immaginare oggi la violenza dello scandalo internazionale, per oltraggiata pruderie, che "Lolita" provocò al suo apparire nel 1955. E tale è l’abitudine alla sciocca regola secondo cui ciò che fa chiasso è inevitabilmente sprovvisto di una durevole qualità letteraria, tanta era allora l’ignoranza dell’opera di Nabokov che solo pochi capirono quel che oggi è un’evidenza dinanzi agli occhi di tutti: "Lolita" è non solo un meraviglioso romanzo, ma uno dei grandi testi della passione che attraversano la nostra storia, dalla leggenda di Tristano e Isotta alla Certosa di Parma, dalle canzoni trobadoriche ad Anna Karenina. Ma chi è Lolita? Questa «ninfetta» (geniale invenzione linguistica di Nabokov, poi degradata nell’uso triviale, quasi per vendetta contro la sua bellezza) è la più abbagliante apparizione moderna della Ninfa, uno di quegli esseri quasi immortali che furono i primi ad attirare il desiderio degli Olimpi verso la terra e a invadere la loro mente con la possessione erotica. Perché chiunque sia «catturato dalle Ninfe», secondo i Greci, è travolto da una sottile forma di delirio, lo stesso che coglie l’indimenticabile professor Humbert Humbert per la piccola, intensamente americana Lolita. America, Lolita: questi due nomi sono di fatto i protagonisti del romanzo, scrutati senza tregua dall’occhio inappagabile di Humbert Humbert e di Nabokov. Realtà geografica e personaggio sono arrivati a sovrapporsi con prodigiosa precisione, al punto che si può dire: l’America è Lolita, Lolita è l’America. E tutto questo, come solo avviene nei più grandi romanzi, non è mai dichiarato: lo scopriamo passo per passo, si potrebbe dire miglio per miglio, lungo un nastro senza fine di strade americane punteggiate di motel. "Lolita" apparve per la prima volta in inglese nel 1955 e solo dodici anni più tardi nella versione russa dello stesso Nabokov.

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