Il volto di Majakovskij
(lettera a Evgenia Vladimirovna Lourie)
di Flavio Carlini
Ancora una piccola premessa prima di narrarti ciò che è accaduto durante questo lungo anno di silenzio: io, Boris Leonidovič Pasternak, giuro che quanto racconterò è realmente accaduto.
– Non vi lascerò andare finché non mi direte la verità sulla fine di Majakovskij – sibilai, allentando la presa dalle sue labbra morbide, permettendole di sfogare un balbettio tremante: – Siete pazzo.
– Lev Elbert.
Ammutolii, quel nome era ben noto, tra chi si interessa di cronaca, e degli errori che il governo compie sempre più frequentemente.
– Calmatevi, compagno Pasternak, vi prego. Sedete, ammiro il vostro furore: mi ricordate lui.
– Non avrò pace finché non coglierò l'eternità.
Kamen-kami
di Valerio Carbone
Non mi sento in alcun modo da biasimare, per aver scelto la maschera: per me, è stata l'unica difesa possibile. Perché auscultavo nel petto del paese il mappo avvicinarsi, annunciato dal decadimento di tutti i valori tradizionali giapponesi.
I colleghi non mi hanno mai distinto dallo Yukio-prima-della-maschera, e il mio responsabile non ha smesso di mettere in risalto la dedizione con cui affronto il mio lavoro.
Quando ho indossato la maschera per la prima volta, destinando un ultimo sguardo al mio viso immacolato, non ho versato alcuna lacrima di rimpianto.
Confesso che fu quello il secondo passaggio decisivo della mia esistenza: quello che mi portò, dal semplice edonismo, a intraprendere, – seppure in una maniera ancora incerta, – la via del guerriero.
Mishima, in effetti, rappresentava in atto tutto ciò che io sentivo di essere soltanto in potenza. Egli era un grande intellettuale, un romanziere straordinario, il drammaturgo giapponese più famoso all'estero, oltre ad essere, – da bravo borghese, – un raffinato esteta; si considerava inoltre l'ultimo autentico samurai.
Il gesto di Mishima rimase inascoltato, etichettato piuttosto come l'azione insensata di un pazzo esaltato. Fu invece, ai nostri occhi di allora, il sacrificio più grande a cui egli si destinò, per rivendicare l'onore del suo paese oltraggiato.
La testa di Mishima
di Flavio Carlini
Se avessi continuato ad accettare il mondo come si presentava, sarei rimasto Kimitake. Quella sensazione di fastidio, quel disagio che mi opprime, costruisce l'antitesi nel mio animo di cui la scelta d'essere Yukio Mishima è la sintesi, la soluzione.
L'azione o l'arte: una delle due parti dentro di me deve morire, lasciarsi assorbire dall'altra, eppure non demordo, non intervengo e mi limito a fissare lo scontro, impotente.
L'istinto di conservazione è il motore primordiale e principale dell'agire, ovvio che nella scelta tra la vita e la morte la natura ci spinga verso il vivere. Eppure c'è un'eccezione a questo naturale modo d'agire: il vivere splendidamente.
– Non è inutile ciò che io ritengo fondamentale, nulla è più oggettivo dell'opinione.
L.Ju.B.
di Valerio Carbone
La notte è un sentimento ideale. Cammino, le mani nelle tasche sfondate, e un groppo di pena nella strozza. Questo dolore è una vela invisibile ed io un battello senza nocchiere. Non ho voglia di rincasare, non conosco la direzione del mio desiderio.
L'amore fiorisce soltanto per raggrinzire. Lentamente inaridendo il terreno dell'anima, moltiplicando le rughe tra le pieghe del viso. Scoppiando di rabbia, di stelle, di dolore, tra le dita affusolate, nell'incrocio delle braccia. Tra i mille tormenti del baciare, baciare, baciare, baciarsi. Rosi di gelosia.
Ma come osate, voi, chiamarvi poeti?, voi che siete agitati da un solo pensiero: "È forse accordata la mia lira?". Conosco dove avete il cuore, – razza di furfanti!, – lo lasciate ammuffire dentro al petto.