TRAMA IN BREVE

Tre donne vivono in epoche e in luoghi diversi, eppure le loro vite appaiono, per certi dettagli apparentemente poco importanti, indissolubilmente legate.

DEDICA

Questo libro è per Ken Corbett.

INCIPIT

Si affretta, via di casa, indosso ha un cappotto troppo pesante per il clima. È il 1941. È scoppiata una nuova guerra.

RECENSIONE

"Ma ci sono ancora le ore, no? Una e poi un'altra, passi una e poi, mio Dio, dopo c'è l'altra."

La prima informazione da conoscere per decidere se leggere o meno Le Ore di Michael Cunningham è che si tratta di un tributo a Virginia Woolf.

Per quanto sia apprezzabile anche senza conoscere la vita e le opere dell'autrice inglese, credo che questo libro potrà essere maggiormente compreso ed amato dagli estimatori della scrittrice. Detto questo io devo ammetterlo: ho studiato Virginia Woolf in letteratura inglese ed è una delle pochissime figure letterarie che non ho approfondito con letture extra scolastiche, perciò le mie conoscenze al riguardo sono superficiali e meramente scolastiche.

La struttura del romanzo è divisa in tre parti e possiamo comprendere chiaramente di quale si tratta perché all'inizio di ogni capitolo è specificato il nome di una delle tre protagoniste.

  1. La Signora Woolf. Si tratta, ovviamente, della parte che vede Virginia Woolf come protagonista. Inizia con il giorno del suicidio dell'autrice nel 1941 per parlare poi, nei successivi capitoli a lei dedicati, della sua vita dal 1923 in avanti, con una storia ambientata principalmente nei sobborghi di Londra.

  2. La Signora Dalloway. La protagonista di questi capitoli è una donna di nome Clarissa che, per il suo modo di fare, ricorda la protagonista dell'omonimo romanzo di V. Woolf e che, per questo motivo, viene soprannominata Mrs. Dalloway. In questo caso ci troviamo alla fine del ventesimo secolo, a New York. L'intento di Cunningham è quello di traslare l'opera della Woolf (che inizialmente doveva chiamarsi The Hours) in America e in un'epoca contemporanea.

  3. La Signora Brown. Qui troviamo un'accanita lettrice delle opere di Virginia Woolf che vive una vita normale e monotona. La signora Brown si interroga sulla sua esistenza, chiedendosi se capiti a tutti di sentirsi come lei. Questa parte è ambientata a Los Angeles nel 1949.

Le personalità delle tre protagoniste vengono ben descritte ed approfondite. L'autore è un uomo ma riesce perfettamente a comprendere e raccontare la mentalità che sarebbe potuta appartenere ad ognuna delle tre donne: rispetta anche le necessarie differenze dovute alle diverse ambientazioni, rendendo tutto molto credibile.

Nei capitoli dedicati a Virginia Woolf impariamo a conoscere la sua mentalità e a scoprirne la vita quotidiana, oltre che hai motivi per cui la donna abbia, alla fine, deciso di togliersi la vita. Conoscevo poco della sua biografia e ho trovato affascinante scoprire aspetti salienti della sua vita in un modo così personale.

Quelli di Mrs. Dalloway sono interessanti perché vediamo l'effetto della modernizzazione sul famoso personaggio.

Quelli di Mrs. Brown sono quelli più profondi. Il messaggio trasmesso qui è ancora più evidente.

L'ambientazione è diversa sia nel tempo che nello spazio e, per quanto descritta solamente in relazione alle impressioni delle protagoniste, è ben distinguibile. L'americanizzazione è evidente ma piacevole e credibile.

New York con il suo frastuono e la sua austera decrepitezza marrone, con il suo incessante declino, regala sempre alcune mattine estive come questa: mattine invase per ogni dove da un'affermazione di nuova vita così determinata da essere quasi comica, come un personaggio di una cartone animato che sopporta punizioni infinite, terribili, e ne emerge senza bruciature, senza cicatrici, pronto a subire ancora.

Lo stile dell'autore ricorda molto, specialmente nei capitoli Mrs. Dalloway, lo stile di Virginia Woolf. Il monologo interiore ha il ruolo più rilevante della narrazione, portandoci a comprendere pienamente lo scorrere dei pensieri della protagonista. Questo è il motivo per cui io, che non amo molto il flusso di coscienza, ho apprezzato maggiormente i capitoli relativi a La Signora Brown e La Signora Woolf che, per quanto rispettosi dello stile dell'autrice, divergono maggiormente dalle regole canoniche utilizzate dall'autrice e mostrano maggiormente quello che penso sia lo stile caratteristico Cunningham, al di là del tributo.

Grazie alla tecnica narrativa utilizzata è praticamente impossibile non interiorizzare i pensieri delle protagoniste e non farli propri. Ci si immedesima anche quando ciò che viene raccontato è totalmente estraneo dal nostro modo di essere, quando leggiamo qualcosa che corrisponde a ciò che proviamo davvero, la connessione che si crea è molto forte. L'atmosfera è, per questo, percepibile e fondamentale per l'apprezzamento finale.

Il mal di testa è sempre lì, in attesa, e i suoi periodi di libertà, per quanto lunghi, sembrano sempre provvisori. A volte il mal di teste si impossessa di lei solo parzialmente, per una sera, o un giorno o due, e poi si ritira. A volte rimane e aumenta finché lei non soggiace. Quelle volte il mal di testa esce dalla sua scatola cranica e va nel mondo.

Per quanto lo stile non sia particolarmente scorrevole, specie nelle parti di Mrs. Dalloway, il ritmo di lettura complessivo è molto veloce. I capitoli sono brevi ed interessanti e la voglia di andare avanti non mi è mai mancata.

Incipit, trame e finali sono profondamente diversi tra loro (a causa della differente natura delle tre donne e della loro collocazione storica) ma contengono al loro interno alcuni concetti fondamentali che ritornano e vengono raccontati sotto i loro tre punti di vista differenti. Primo fra tutti l'essere donna e il dover vivere una vita piena di obblighi che non sempre corrisponde a ciò che si vorrebbe fare.

Si chiede, mentre spinge il carrello attraverso il supermercato o si fa pettinare i capelli, se tutte le altre donne non stiano pensando, a un certo livello o a un altro, la medesima cosa: ecco lo spirito brillante, la donna dei dolori, la donna delle gioie trascendenti, che preferirebbe essere altrove, che ha acconsentito a sbrigare compiti semplici ed essenzialmente sciocchi, esaminare i pomodori, sedere sotto un casco asciugacapelli, perché questa è la sua arte, questo è il suo dovere.

Gli svolgimenti delle tre storie non sono particolarmente prolifici; ciò che comprendiamo da subito di ognuna delle storie è ciò che ritroveremo anche nei loro prosegui. I concetti vengono ribaditi e spiegati al meglio, fino ad entrarci definitivamente dentro.

In conclusione, Le Ore di Michael Cunningham è un libro che ho acquistato perché vincitore del Premio Pulitzer per la Narrativa (nel 1999) e mi è parso chiaro sin dalle prime righe il perché della sua vittoria. Si tratta di un autore che sa giocare con le parole, riuscendo a ricordare una grande scrittrice classica e, al contempo, inserire qualcosa di suo, che lo riesca a rendere riconoscibile. È un romanzo su donne e per donne (ma sarebbe bene che lo leggessero anche gli uomini!) scritto da un uomo che, grazie ad esso, dimostra una capacità analitica e una profondità non comuni.

Lo consiglio a tutti. Può essere godibile sia dal punto di vista dello stile e dell'introspezione psicologica, sia come tributo alla grande autrice inglese.

Presto visionerò il, forse ancora più celebre, film per vedere se riuscirà a catturarmi quanto il libro.

CURIOSITÀ

Ho trovate curiose due coincidenze e ho deciso di riportarvele, infatti nel romanzo vengono menzionati due elementi che sembrano assegnare un'aria profetica alla narrazione.

La prima è la lezione di Meryl Streep, autrice che nel romanzo viene forse vista da una delle protagoniste e che, nel film, interpreta proprio questo personaggio.

La seconda è che nel romanzo viene nominato il Premio Pulitzer che, come sappiamo, è stato assegnato proprio a quest'opera l'anno successivo.

 

Oltre ai continui riferimenti all'opera di V. Woolf all'interno del libro troviamo menzionata anche Doris Lessing con il suo Il taccuino d'oro.

CITAZIONI

Immagina di voltarsi indietro, di tirare fuori la pietra dalla tasca, di tornare a casa. Potrebbe continuare a vivere; potrebbe compiere questo atto finale di gentilezza.

Eppure questo amore indiscriminato è totalmente serio per lei, come se ogni cosa del mondo fosse parte di un intento vasto e imperscrutabile e ogni cosa del mondo avesse il suo nome segreto, un nome che non può essere incanalato in una lingua, ma è semplicemente il vedere e sentire le cose in sé.

Non amiamo forse i bambini in parte perché vivono al di fuori del regno del cinismo e dell'ironia? È così terribile per un uomo volere più giovinezza, più piacere?

Le sembra di aver iniziato in quel momento a vivere nel mondo, a capire le promesse implicite in uno schema che è più grande della felicità umana, sebbene contenga la felicità umana insieme a ogni altra emozione.

Non mangiare è un vizio, un tipo di droga – con lo stomaco vuoto si sente veloce e pulita, lucida di mente, pronta per una battaglia.

Ha capito che avrebbe avuto problemi a credere in se stessa, nelle stanze della casa, e quando ha gettato uno sguardo a questo nuovo libro sul comodino, impilato sull'altro che ha finito la scorsa notte, lo ha preso automaticamente, come se leggere fosse il solo e naturale compito con cui iniziare la giornata, la sola via praticabile per gestire il passaggio dal sonno al dovere.

Inspira profondamente. È così bello. È molto più di... Be', di quasi tutto, in realtà. In un altro mondo, avrebbe potuto trascorrere tutta la vita a leggere.

Una pagina, decide: solo una. Non è ancora pronta.

Il figlio la guarda in adorazione e in attesa. Lei è il principio animatore, la vita della casa. A volte le stanze sono più grandi di quanto dovrebbero essere; a volte, improvvisamente contengono cose che lui non ha mai visto prima. La guarda, e aspetta.

Non riesce a ricordarsi sempre come dovrebbe comportarsi una madre.

Non andrà di sopra, e non ritornerà al suo libro. Resterà lì. Farà tutto ciò che le viene richiesto, e anche di più.

Si sente ancora piena di forze, anche se sa che domani potrebbe guardare quello che ha scritto e trovarlo pieno d'aria, gonfio. Si ha sempre in mente un libro migliore di quello che si riesce a mettere sulla carta.

È piena di un amore così forte, così privo di ambiguità, che somiglia all'appetito.

Perché lo ha sposato? Lo ha sposato per amore. Lo ha sposato per un sentimento di colpa, per paura di rimanere sola, per patriottismo.

Sì, pensa, è probabilmente così che si deve sentire un fantasma. È come leggere – la stessa sensazione di conoscere le persone, gli ambienti, le situazioni, senza interpretare nessuna parte in particolare, tranne quella dell'osservatore ubbidiente.

C'è solo questo come consolazione: un'ora qui o lì, quando le nostre vite sembrano, contro ogni probabilità e aspettativa, aprirsi completamente e darci tutto quello che abbiamo immaginato, anche se tutti tranne i bambini (e forse anche loro) sanno che queste ore saranno inevitabilmente seguite da altre molto più cupe e difficili.

QUARTA DI COPERTINA

Solo la letteratura può restituire un senso alle nostre vite confuse e sghembe. Anzi, la letteratura è il solo specchio dentro cui la vita, riflettendosi, giunge per un momento a dire se stessa. È l'idea centrale di questo romanzo. Tre donne lo abitano. La prima è una donna famosa, una scrittrice famosa: Virginia Woolf, ritratta a un passo dal suicidio, nel 1941, e poi, a ritroso nel tempo, mentre gioca col dèmone della sua scrittura. Le altre due sono donne che abitano luoghi e tempi diversi. Clarissa Vaughan, un editor newyorkese di oggi e Laura Brown, una casalinga californiana dell'immediato dopoguerra.

PRO / INDIFFERENTE / CONTRO
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