TRAMA IN BREVE

La storia di Liz, Leibo, Will e Dom, raccontata dall'unica donna del gruppo. La causa gay raccontata da chi l'ha vista crescere e modificarsi solamente dall'esterno, ma da molto vicino.
Lo scrittore Tristan Garcia intreccia politica, sociologia e filosofia nel suo romanzo d'esordio.

DEDICA

Ai miei quattro genitori, che amo tutti allo stesso modo.
Ad Agnès.

INCIPIT

Nelle fotografie che mi ha mostrato, William Miller sembrava un bambino introverso, assennato e insignificante.
Era nato nel 1970 ad Amiens, dove mi ha sempre detto di aver trascorso un'infanzia lì per lì piuttosto serena, ma terribilmente triste a posteriori. Aveva la pelle chiara e sopracciglia folte. Era uno studente mediocre, non troppo brillante, e l'unico ricordo della scuola elementare che abbia mai evocato in mia presenza era il continuo bisogno di fare pipì, che gli attirava gli sberleffi degli altri. Se la faceva addosso nel letto, tra le lenzuola. Ma insomma, a parte questo, non lo si poteva davvero definire un "martire".

RECENSIONE

Quando vivi il tuo tempo, senza accorgertene, crei l'avvenire.

La parte migliore degli uomini è l'ultimo romanzo di Tristan Garcia edito da NN.

In questo libro d'esordio, l'autore francese ci parla dell'essere umano dal punto di vista politico e filosofico, incentrandosi particolarmente sulla causa omosessuale.
Grazie a La parte migliore degli uomini, infatti, si potrà vedere la graduale differenza di trattamento nei loro confronti e della reazione del mondo davanti alla scoperta del virus del'HIV e delle sue conseguenze.

La narratrice del testo corrisponde all'unico personaggio femminile della vicenda, Liz, che, dal suo punto di vista, descrive al lettore tre uomini che ha conosciuto in prima persona e che hanno fatto la differenza nella Storia (fittiziamente): il miglior amico William Miller, l'amante Jean-Michel Leibowitz e il filosofo Dominique Rossi.
Nonostante la donna si dichiari apertamente diversa e meno rilevante di queste figure, per lei fondamentali, è inevitabile che il suo punto di vista, sebbene più oggettivo possibile, sia limitato e influenzato da ciò che ha potuto sapere indirettamente o direttamente dei tre.

Tutti e quattro i personaggi si modificano molto nel corso della storia, che copre diversi decenni tra aneddoti sul passato e narrazione presente e con loro mutano enormemente anche le loro relazioni. Trattandosi di persone estreme anche i loro legami lo diventano, ricoprendo ogni gamma emotiva. 

«Sono sempre andato controcorrente, Liz, sono sempre stato inopportuno... bisogna sempre essere inopportuni rispetto alla propria epoca, sai».

Liz è una giornalista e, perciò, ha raccolto parte del materiale che ci riporta tramite interviste o dialoghi informali avuti direttamente con i tre uomini. Per questo motivo, nei capitoli che dedica alle tre figure troverete spesso dei dialoghi, trascritti fedelmente dalle sue conversazioni, anche se ovviamente intervallati da introduzioni e considerazioni della narratrice.
La donna si rivolge direttamente a noi, consapevole della nostra presenza e talvolta richiede anche un coinvolgimento da parte nostra ("capite"?) e non cerca in alcun modo di dare ufficialità a ciò che scrive: il suo racconto è ricco di intercalari e di frasi tipiche del linguaggio colloquiale, quali "come dire?", "io non so", "e allora, okay", che ci danno l'impressione di stare sentendo la sua testimonianza dal vivo e senza alcuna barriera.
Lo stile di Tristan Garcia è, inoltre, ricco di giochi di parole, riferimenti metaletterari (talvolta espliciti, talvolta impliciti) e neologismi sicuramente complicati da rendere in italiano e un grande plauso va alla traduttrice Marcella Uberti-Bona e al revisore Marianna Gennari per essere riuscite a renderli nella nostra lingua, senza tradire l'idea originale. Uno è esplicitamente tratto da esempio da Gennari nella nota del revisore a fine volume e rende perfettamente l'idea sia della difficoltà che dell'escamotage utilizzato per poterla superare.

La trama del libro si divide tra un contenuto utile e uno di intrattenimento: quest'ultimo riguarda i rapporti dei protagonisti e delle loro relazioni, che è presente e rilevante ma che svolge consapevolmente un punto di appoggio per riuscire a trasmettere il messaggio e le informazioni utili.

L'utilità della lettura è molta: non solo Garcia racconta l'atmosfera politica della Francia, ma aiuta a far inquadrare al lettore, più o meno edotto sull'argomento, l'enorme differenza di trattamento nei confronti degli omosessuali e, specificatamente, delle lotte e di ciò che hanno dovuto subire per essere riconosciuti ed accettati. 

Sidaction 2000 fu una specie di grande manifestazione mediatica – in particolare televisiva – il cui scopo era la raccolta di quanti più fondi possibili a favore della ricerca contro il virus dell'HIV sotto forma di finanziamenti privati, nel corso di una serie di rappresentazioni e interventi di artisti e vari personaggi che durò dodici ore.

Ciò che mi ha colpito particolarmente perché, da ignorante, ne ero completamente inconsapevole, è stato il forte impatto dell'AIDS non solo nelle vite delle persone malate ma soprattutto dal punto di vista politico e sociale. Una malattia che, inizialmente, è stata presa sottogamba e non si conosceva bene, che poi è stata tacciata come "frottola" politica inventata per screditare i rapporti omosessuali e che, successivamente, è diventata addirittura culto per alcuni che l'hanno volutamente e consapevolmente diffusa. Tutte le scene legate a questo tema sono forti, difficili da mandare giù e facilmente "giudicabili", ma aiutano tantissimo a comprendere un aspetto che, dall'esterno, mai avrei potuto immaginare senza questo testo.

«All'inizio ci capitava un po' a casaccio, solo ad alcuni, in modo irregolare. Noi venivamo a sapere di un caso all'anno. Ancora nel 1982 negli Stati Uniti c'erano stati solo cento morti. Si tentava di risalire ai casi più remoti, più o meno al 1974».

La parte politica generale è ben inquadrata ma non raccontata nel dettaglio, perciò vengono nominati movimenti o avvenimenti che si potrebbero non conoscere. La comprensione, soprattutto quella iniziale in cui viene fatto un quadro generale di ambientazione e personaggi, perciò, potrebbe non essere totale.

Poi ci sarebbero stati i fatti di Aleria, la clandestinità e la fondazione del Fronte di liberazione nazionale corso. Si dice che fu suo padre a offrire rifugio a Jean-Claude quella notte, poco dopo gli scontri.

Il messaggio, fortemente legato al titolo, porta il lettore a riflettere su quale sia la parte migliore degli uomini: quella esposta e conosciuta da tutti o quella che una persona porta dentro fino alla fine, senza mostrarla mai a nessuno? Sul finale, molto forte e riflessivo, troverete la risposta dell'autore.

Il tesoro di un uomo è in ciò che lascia di sé – sentimenti, certezze, oggetti, immagini e gesti – o in ciò che conserva per sé?

In conclusione, questo romanzo d'esordio dell'autore mi ha colpito maggiormente per la tematica e il suo sviluppo, proprio i motivi per cui temevo, invece, che non mi sarebbe piaciuto. Non essendo ferrata sull'argomento paventavo di capire poco o che il tutto fosse trasmesso in modo esclusivamente emotivo e, invece, come sempre, Tristan Garcia riesce a dimostrare di utilizzare tutti e tre gli aspetti fondamentali (per me) per creare un buon testo: cervello, cuore e pancia. 

È un testo importante e ben scritto che personalmente mi sento di consigliare a chiunque, alcune scene sono forti e, perciò, va letto con consapevolezza ma saranno tutti pugni nello stomaco che, superato il primo momento, faranno bene alla nostra consapevolezza e ci aiuteranno a sviluppare un'opinione critica su tanti argomenti differenti, oltre a farci scoprire qualcosa che, forse, non conosciamo ancora bene quanto crediamo.

CITAZIONI

«Ci credevamo davvero? Sì, in questo sì. Ma, vedi, poi sono arrivati gli anni Ottanta, Stand e tutto il resto, e in quello non solo credevamo, no, noi eravamo davvero così, difendevamo ciò che eravamo, cercavamo di esistere, tutto qui. È diverso. Nell'Organizzazione, al contrario, ci si batteva per delle idee nelle quali credevamo. Ma erano idee, capisci? Non erano il nostro corpo.

Leggo troppo, non ho un libro preferito, quella è roba per chi non ne ha fatto il suo mestiere.

Nel mondo, ci sono individui decisivi e altri che sono cinghie di trasmissione. È chiaro, alla mia età, che appartengo alla seconda categoria. Ebbene, non sfigurerò.

«Era una cosa individuale, privata, ma dato che eravamo gay, il privato diventava pubblico. Non dovevamo nemmeno più romperci i coglioni a manifestare, a discutere le strategie del sindacato. Trombavamo, ci amavamo anche, ed era più politico di un'assemblea».

«Ora ve lo dico cosa vogliamo, noi gay: vogliamo vivere. E ora vi dico cosa volete voi: voi volete la morte dei gay, l'estinzione della razza, di nome e di fatto. Ci dite di aspettare come bravi bambini, di essere assennati e responsabili. Ci dite che se noi moriamo, un po' è colpa nostra».

C'erano le serate, le feste; ma il riconoscimento della causa gay e la libertà non erano arrivati dal nulla, erano una sorta di contropartita della compassione sociale, il cui prezzo era l'AIDS.

«Sai, Liz, non c'è niente di perfetto, niente di inutile. Niente. Una cosa totalmente perfetta ha qualcosa di inutile, no? E una cosa del tutto inutile non ha forse una sua perfezione? È questo che mi piace, sai, con gli esseri umani, ma allo stesso tempo è terribile, perché insomma, tu fai una cosa inutile, ed è come un'altalena, sai. Roba da uscire pazzi».

«Fa bene avere delle ossessioni, voglio dire, è costruttivo, è importante. Se rifletti un po' sulla condizione umana capisci che è l'essenziale. Bisogna fissarsi su in qualcosa che non sia per forza importante».

È il tipo di libro in cui non si riesce mai a trovare un punto di contatto con il mondo, con la realtà: eppure questi libri esistono, nel mondo. Non sono certo buoni, ma neppure malvagi. Sono come un violento mal di testa, un oggetto molto brutto, schifoso, inutile, che però riesce a occupare per uno o due giorni un posto gigantesco nella nostra vita, e questo non si può negare.

Gli alberi piantati in cubi di legno e disposti sul suolo lastricato con disegni regolari, ombreggiavano il caldo pomeriggio, tra due linee di edifici color sabbia, le cui finestre erano spesso seminascoste da tendoni bianchi. Da un lato all'altro dell'arteria pedonale correva uno striscione con tre cerchi rossi e un cerchio bianco.

QUARTA DI COPERTINA

Nel 1989, William arriva a Parigi dalla provincia, e deve ancora trovare un posto nel mondo. Presto però incontra Dominique, attivista per i diritti degli omosessuali, che lo guida nella vita culturale e notturna cittadina e diventa il suo compagno. La loro storia si intreccia con quella di Jean-Michel, filosofo e professore, amico di Dominique e amante della giornalista Elizabeth. È lei a raccontare le loro storie, storie segnate da una nuova malattia, l’aids, che trasforma Dominique in un paladino della prevenzione, e William nel suo nemico: per lui prevenire significa vietare il piacere. Jean-Michel, che nel frattempo imbocca la carriera politica, in un suo saggio definisce William l’emblema del vuoto contemporaneo, e William la ritiene una consacrazione del suo personaggio mediatico.Nel suo romanzo d’esordio, Tristan Garcia racconta di quattro personaggi dalle vite esagerate in lotta perpetua tra ideali e realtà, di svolte intellettuali imprevedibili e controverse ma anche di maturità conquistata e pace ritrovata, e dimostra che la parte migliore degli uomini è un luogo del cuore che solo l’amore conosce e solo la scrittura conserva.

PRO / INDIFFERENTE / CONTRO
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