– Questo schermo però è di tuo gradimento. Ti piace il tuo schermo.
– Mi aiuta a nascondermi dal rumore.
Quanto siamo dipendenti dagli schermi? È questa la domanda che ci pone Don DeLillo con il suo Il silenzio, libro uscito pochi giorni fa (02/02/21) per Einaudi.
Come in molti altri testi dell'autore, i personaggi agiscono in modo apparentemente freddo e quasi automatico: loro stessi sono consapevoli di avere dei ruoli da ricoprire e agiscono di conseguenza. Sono loro a decidere di seguire, ognuno, il proprio copione, aggrappandosi così all'ultima certezza rimasta: se continueranno ad essere ciò che sono stati fino a quel momento, niente potrà cambiare. I dialoghi potrebbero tranquillamente avvenire tra automi; con frasi laconiche e fredde che spesso ricordano una pièce teatrale in cui i due attori principali si rivolgono più al pubblico che l'uno verso l'altro.
Lì, in aria, gran parte di ciò che loro due si dicevano sembrava la funzione di un qualche processo automatizzato, osservazioni generate dalla natura stessa del volo di linea. Niente chiacchiere a ruota libera, come succede alle persone che si trovano nella medesima stanza o al ristorante, luoghi dove il moto è in gran parte frenato dalla forza di gravità e le conversazioni tendono a fluttuare liberamente.
Questa disumanizzazione, voluta dall'autore e percepita anche dai personaggi stessi, accentua la risposta di ognuno di loro all'evento cardine del testo: gli schermi (tutti: pc, telefoni, tv ecc) hanno smesso di funzionare.
Da quest'idea, portata avanti come solo Don DeLillo sa fare, cioè non raccontando pressoché nient'altro, possono sfociare diverse interpretazioni di ciò che succederà: è un comune blackout o la fine del mondo conosciuto fino a quel momento? Tutto tornerà come prima o è solo l'inizio di un declino inevitabile?
A quanto pare gli schermi, ovunque, si sono svuotati. Cosa ci resta da vedere, sentire, provare?
La risposta, come sempre in DeLillo, non c'è: il silenzio avvolge anche il lettore che, a tentoni, dovrà cercare una risposta da solo. C'è, però, un senso di apocalisse imminente (da cui ho scelto di mettergli l'omonima etichetta, anche se etichettare Don DeLillo in un genere letterario è sempre riduttivo) che si percepisce ancora prima che accada tutto.
Ad indirizzare verso questa chiave di lettura è anche l'epigrafe di Einstein che ci fa pensare che ciò che stiamo leggendo sia proprio l'inizio della Terza Guerra Mondiale.
E allora cercò di dirlo lei, in modo scherzoso, sotto forma di domanda.
– È questo l'abbraccio casuale che segna la caduta della civiltà mondiale?
Buttò a forza uno spasimo di risata e rimase in attesa che qualcuno dicesse qualcosa.
Oltre a ciò nel testo imperversano gli elementi tipici del postmoderno, di cui DeLillo è uno dei più celebri portavoce: riflessioni su internet e su come è cambiato il nostro modo di "conoscere" (la piccola gioia, sempre meno frequente, di ricordarsi qualcosa senza cercarla direttamente su internet, aspettando e frugando nella nostra personale scheda di memoria), la rassicurazione che ci regala uno schermo acceso, il rapporto maniacale con la tecnologia e il vuoto che necessitiamo di riempire immediatamente in caso questa ci abbandoni.
Cosa succede alle persone che vivono dentro il loro telefono?
Come vi ho anticipato, i comportamenti dei personaggi possono essere considerati irrealistici perché avvolti dall'atmosfera di finzione generale che, in chiave postmoderna, ci avvolge sempre di più anche nella vita di tutti i giorni, ma le loro azioni distinguono il loro modo di essere, rendendoli finalmente esseri umani distinti dagli altri. Mentre prima, infatti, i cinque personaggi potrebbero essere accomunabili o distinguibili solo per tratti generici e non caratteristici, dopo l'avvento del silenzio, seppur cercando di attenersi al copione, sveleranno il loro tratto nascosto più marcato. Troveremo allora il complottista, pronto ad incolpare i cinesi di ciò che sta accadendo; il succube tecnologico che cercherà dapprima di colmare il vuoto con la propria voce e, non riuscendoci, farà qualcosa di estremo: avrà un contatto dapprima con i vicini e poi, addirittura, scenderà per strada in mezzo alla gente; la coppia che si identifica come tale e come tale agisce; la donna che vede in ciò che succede un'opportunità fuggevole, anche se non saprebbe dire quale.
– Hanno visto e sentito quello che abbiamo visto e sentito anche noi. Ci siamo fermati a parlare sul pianerottolo, comportandoci per la prima volta da veri vicini.
Ultimo aspetto, appena accennato, è il fatto che tutto ciò stia succedendo nel 2022 e che anche i personaggi del libro abbiano avuto a che fare con un'epidemia dalla quale si sono da poco affrancati.
– Chiedo scusa, prometto che cercherò di stare zitta. Ma abbiamo ancora freschi nella mente i ricordi del virus, della peste, delle cose infinite nei terminal degli aeroporti, delle mascherine, delle vie cittadine completamente vuote.
In molti mi hanno chiesto se questo nuovo titolo di DeLillo sia adatto ad una prima lettura; dal punto di vista della comprensione lo è: DeLillo tende ad essere cervellotico ed ermetico mentre in questo testo simbologia e significati sono più che evidenti, quindi da qui si può partire per poi ricercare il medesimo messaggio, raccontato in modo meno esplicito, nei suoi testi migliori.
Preciso, però, che non si tratta di uno dei lavori migliori dell'autore (perlomeno non per me) e che se l'avessi letto per primo, non ritrovando perciò alcuni suoi leitmotiv e non avendo dunque un'esperienza pregressa di ciò che DeLillo trasmette, avrei sicuramente gradito meno questo testo che, ai miei occhi, ha principalmente il pregio di confermare ciò che, in altri testi, si può solamente supporre.
Per questi motivi è consigliato ma più nell'ottica del percorso da affrontare (o affrontato, se già siete lettori dell'autore) che in quella della lettura di un libro che, da solo, possa sbalordire e lasciare un segno.