Elena ubbidisce sempre. Anche quando vorrebbe continuare a giocare. La mamma le dice che è brava, che è la bambina più bella e importante del mondo. Elena ci crede, perché la sua mamma non dice mai bugie.
Ogni odore è allo stesso tempo un colore, e il profumo è come un dipinto fissato alle pareti della sua memoria.
Aveva la sensazione di aver perso una parte di sé, quella che le permetteva non solo di vedere tutto, ma di capirlo, e di averne la piena consapevolezza. Faticava a percepire il cuore, l'essenza di cil che la circondava.
Avvertiva un senso di distacco, quando invece il profumo avrebbe dovuto riempirle l'anima, farla vibrare di meraviglia, di piacere.
L'Arno era in piena.
pesanti di fango e detriti, le acque vorticavano sotto i piloni di Ponte Vecchio, mentre i flutti ribollivano schiumanti. Con gli occhi incollati a quello spettacolo spaventoso, Susanna Rossini si chiedeva che cosa non andasse in lei.
Perché a lei piaceva.
Era un rompicapo sua figlia. Non sapeva come prenderla. Qualsiasi cosa dicesse o facesse, con sua grande disappunto, sortiva l'effetto contrario delle sue iniziali ragioni. «Ci sono persone che non dovrebbero fare figli.» La verità era pura e semplice. Lei non era una buona madre, non era una persona carina, non era amabile, e francamente piacere agli altri era l'ultima cosa che la interessava.
Le persone credevano che fossero le azioni degli altri a pregiudicare le proprie scelte, ma si sbagliavano. Le uniche vere, grandi infinite prigioni erano quelle che uno si costruiva intorno da solo. Da quello non si poteva sfuggire.
Trovava quasi divertente che la prima cosa di lui che l'avesse colpita fosse stato l'odore. Ma in realtà era naturale. Perché era attraverso l'olfatto che lei si rapportava con il mondo. Guardare non le era mai bastato.
Aveva bisogno di sentire.
«Come stai tesoro?»
La sua voce era gentile, affettuosa. Ma sapeva quanto rapidamente potesse cambiare umore. Avere a che fare con sua madre era come guardare le acque del mare, non sapevi mai per quanto tempo sarebbero rimaste calme.
«Mia nonna mi diceva che, se avessi fatto attenzione, se mi fossi impegnata, sarei riuscita a sentire le storie di questa terra. Le piante le conoscevano, ne erano le custodi.»
«E ci riuscivi?» Cail la fissava intensamente.
Elena ricambiò il suo sguardo. «Sì, per quanto sembri una follia, ci riuscivo.»
«Le piante comunicano in modo diverso, ma esistono, sono creature viventi e come tali hanno il loro modo di relazionarsi.»
Inginocchiata davanti ai fiori, Elena annusò emozionata i serici petali, gli occhi immersi in quella bellezza. «Gli adorati gigli di mia nonna. Era così che chiamava le iris, sai?»
Cercò il profumo ancora lieve, appena abbozzato. Soffice, terso come una carezza. Sapeva di nuove possibilità, di futuro e di coraggio.
«Dovresti smetterla di fare contenti gli altri, sai? Non riusciresti a soddisfarli nemmeno se vivessi due vite. Sei tu quella che conta davvero, non l'opinione di chi ti sta accanto. Ci vuole un sano pizzico di egoismo per sopravvivere in questo mondo. Fai sempre quello che in cuor tuo ritieni giusto, Elena. Non farti trascinare da ciò che potrebbe essere giusto o lecito per gli altri. Sei tu quella con cui devi necessariamente convivere. Sei tu l'unica a cui devi rendere conto: segui il tuo cuore.»