TRAMA IN BREVE

Il mondo di ieri è il mondo che ha vissuto Zweig, l'autore. Si tratta di ciò che si pensava, si credeva, importava e serviva nel mondo che precedeva la seconda guerra mondiale, in contrapposizione con ciò che sappiamo del modo di pensare del mondo di oggi. Questo libro è la chiave per noi lettori contemporanei, di comprendere un'epoca del tutto diversa dalla nostra non solo dal punto di vista oggettivo che abbiamo già imparato sui banchi di scuola, ma anche da quello umano.

INCIPIT

Non ho mai attribuito tanta importanza alla mia persona da sentire il desiderio di raccontare ad altri la storia della mia vita. Molte cose sono dovute accadere, infinitamente più di quante ne spettino a una sola generazione in termini di eventi, catastrofi e prove, prima che trovassi il coraggio di cominciare un libro che avesse me stesso come protagonista, o, per meglio dire, al centro della narrazione.

RECENSIONE

Ho iniziato a leggere Il mondo di ieri di Zweig e, subito, è scattata quella scintilla che ti fa capire che non stai leggendo UN bel libro ma che hai in mano IL libro. Ci sono momenti della vita, infatti, in cui si matura la necessità di leggere qualcosa che ti dia di più e, con questo saggio, io ho trovato il modo di appagare questo bisogno.

Il mondo di ieri è un saggio ma anche un'autobiografia e sotto entrambi gli aspetti mi ha insegnato davvero molto. Non avevo ancora letto niente di Zweig e incominciare dalla fine (questo libro è stato pubblicato postumo), me ne rendo conto, è una scelta davvero particolare! Però non me ne sono pentita, anzi, adesso che lo conosco meglio sia dal lato umano, sia per i suoi gusti letterari e, soprattutto, per come scrive e ha vissuto in base alla scrittura, penso di poter apprezzare ancora di più i suoi libri.

Dal punto di vista del saggio, invece, posso dire che come minimo mi ha aperto la mente. Ho studiato e ristudiato l'epoca, ho letto libri ambientati in quell'epoca, ho visto telefilm e film che ne parlavano ma, solo dopo aver letto questo libro, penso di essere arrivata vicino a capire veramente l'atmosfera di quei tempi, le sensazioni, le incertezze.

Dal punto di vista dell'utilità, quindi, questo libro mi ha dato il massimo possibile; ho imparato tante cose che non sapevo sia su Zweig sia sulla mentalità di un periodo così diverso dal nostro. Mi è impossibile farvi capire con parole mie quanto possa essere diverso leggere la Storia in questo modo, cioè tramite un'esperienza diretta. Per quanto una persona possa essere interessata all'argomento e per quanto abbia letto o visto, non potrà mai raggiungere lo stesso livello di consapevolezza di chi legge il racconto di chi effettivamente quell'epoca l'ha vissuta ed ha scritto proprio perché rimanesse il lascito di una testimonianza vera e propria dell'aspetto umano del periodo.

Ma qual è precisamente l'argomento trattato in questo libro? Il titolo dà la risposta migliore possibile: il mondo di ieri. La tesi dell'autore è che l'avvento delle guerre abbia modificato di molto il modo di vivere, di pensare e di percepire delle popolazioni. Scrivendo questo libro durante la seconda guerra mondiale Zweig cerca di descriverci nella maniera più dettagliata possibile come si vivesse prima della prima guerra mondiale, durante e dopo. In questo modo ripercorriamo insieme a lui i ricordi della sua vita ma anche ciò che è successo a tutti coloro che, come lui, hanno vissuto sulla loro pelle quegli anni di profondo cambiamento. Trovo non solo che l'argomento trattato sia interessantissimo, ma che sia anche stato sviluppato nel migliore dei modi, dando veramente informazioni in più. Perciò sotto questo punto di vista ho trovato il libro perfetto anche se, in questi casi, le informazioni accumulate non sono mai abbastanza e ci sembrano sempre troppo poche per poter entrare veramente dentro ad una mentalità così distante dalla nostra.

La struttura la trovo funzionale perché ad ogni argomento corrisponde un capitolo ed è comodo sia per chi lo vuole leggere tutto e vuole capire però il tema trattato sia per chi affronta una rilettura o una lettura parziale ed è interessato solo ad un determinato periodo o argomento. Io ho cercato di leggere il libro più lentamente possibile (un argomento al giorno, al massimo due) per poter interiorizzare meglio ciò che leggevo e, in questo modo, ora riconosco ogni singolo capitolo in maniera ben evidente e ho già adesso, nonostante l'abbia appena finito, la voglia di andarmi a rileggere alcuni frammenti di questo saggio.

Come vi ho già anticipato, non ho ancora avuto il piacere di leggere altre opere di Zweig, perciò, non posso paragonare lo stile utilizzato in questo libro con quello che si può trovare in libri di natura differente quali i romanzi, i racconti, le opere teatrali. Penso, però, di avere capito l'anima della scrittura dell'autore che, non solo a fatti (cioè scrivendo questo libro) ma anche a parole (nel libro racconta il suo metodo di scrittura), me l'ha spiegato nel migliore dei modi. Apprezzo tantissimo il suo stile, per quanto non converga con i miei gusti generali: io prediligo sempre il troppo al troppo poco, mentre Zweig ammetta di eliminare ciò che lui ritiene superfluo, fino ad arrivare ad eliminare anche più della metà dello scritto. Questo libro è stato pubblicato postumo e non so quanta cura gli sia stata dedicata dall'autore rispetto alle altre sue opere, perciò non so se, in generale, i tagli inseriti sarebbero stati di più. So, però, che ho apprezzato moltissimo lo stile in cui è stato scritto questo saggio e che non vedo l'ora di leggere altro dell'autore.

In un saggio ritengo che sia fondamentale l'aspetto della comprensione. Chi legge questo tipo di opera, infatti, non necessariamente deve essere a conoscenza di alcuni elementi base dati per scontato perciò è fondamentale capire per chi vuole decidere se affrontare o meno la lettura di questo genere, se potrà comprendere tutto ciò che c'è scritto o se sono necessarie conoscenza pregresse in mancanza delle quali sarebbe difficile, se non impossibile seguire tutto ciò che viene raccontato e spiegato. In questo caso la risposta è affermativa: chiunque può comprendere ciò che viene riportato da questo libro. Certamente gli argomenti trattati sono tanti ed è pressoché inevitabile imbattersi in qualche figura storica non conosciuta l'autore, però, spiega sempre, anche se a sommi capi, di chi sta parlando e tutto è facilmente comprensibile. 

L'unica pecca, se vogliamo considerarla tale, che posso riscontrare in questo libro è la mancanza di oggettività. Non si tratta, infatti, di un saggio a tutti gli effetti, bensì di una miscela tra un saggio, una biografia e un libro di memorie. In questo caso Zweig spiega sin da subito di cosa si tratta ed è perciò chiaro al lettore che inizia ad approcciarsi a questa opera di non essere in procinto di leggere un saggio di stampo classico, però avendolo io inserito in questa categoria ritengo fondamentale dire a voi che al suo interno ci sono sicuramente dati oggettivi ma anche impressioni e considerazioni che possono essere considerate totalmente soggettive. Detto questo, devo ammettere che vista la personalità dell'autore e le sue lucidissime riflessioni, sono davvero grata all'autore di non avere impostato in quel modo il suo scritto e di aver inserito i suoi pensieri; questo aspetto ha reso ancora più facile immedesimarsi nelle popolazioni da lui descritte e di entrare di più nell'aspetto umano, dimenticando quello oggettivo che già conosciamo.

Ritengo che questa sia una lettura imprescindibile perciò consiglio il libro a tutti. Si tratta, però, di una lettura che deve essere affrontata solo quando ci si sente pronti ed interessati all'argomento. Non è un libro adatto a qualsiasi momento della giornata, da leggere come hobby, perciò aspettate che sia lui a chiamarvi e, quando vi sentirete pronti, vedrete che non vi pentirete mai di averlo iniziato.

CITAZIONI

Tutto ciò che dimentichiamo della nostra vita, in realtà era già stato condannato da una predisposizione interiore ad essere dimenticato.

Solo nei confronti dell'arte tutti sentivano di avere pari diritti, perché arte e amore a Vienna erano un dovere collettivo: e il contributo dato dalla borghesia ebraica alla cultura viennese, attraverso la promozione ed il sostegno delle arti, è stata inestimabile.

Ciò che si è trascurato nei muscoli si può sempre recuperare dopo; lo slancio intellettuale, al contrario, l'energia psichica del tutto comprendere e tutto afferrare si modella soltanto in quegli anni decisivi di formazione, e solo chi ha imparato presto a spalancare la propria anima potrà un domani accogliere in sé il mondo intero.

Ma l'intero Ottocento fu sinceramente vittima dell'illusione che con il solo potere della ragione si potesse risolvere ogni conflitto, e tanto più si soffocavano i propri istinti naturali, quanto più si disciplinavano le proprie energie anarchiche: se i giovani non venivano informati in alcun modo dell'esistenza degli istinti erotici, essi avrebbero finito per scordarsi della propria sessualità.

Per me è sempre rimasto valido l'assioma di Emerson, secondo cui i buoni libri sono in grado di sostituire la migliore delle università, e sono convinto ancora oggi che si possa diventare eccellenti filosofi, storici, filologi, giuristi e via dicendo senza aver mai frequentato l'università né il liceo.

Eppure: un popolo o una città non si possono mai conoscere al loro apice, nella loro essenza più intima, attraverso i libri o una visita, sia pure la più scrupolosa, ma sempre e soltanto tramite i suoi uomini migliori. Solo l'amicizia con i vivi ci permette di intuire i veri rapporti tra popoli e paesi; qualsiasi osservazione esterna resta un'immagine frettolosa e approssimativa.

Solo nei primi anni della giovinezza, tuttavia, caso e destino ci sembrano coincidere. Più tardi si impara che il vero sentiero della vita è già segnato dall'interno; per quanto la strada sembri deviare in modo tortuoso e assurdo dai nostri desideri, alla fine essa ci conduce sempre alla nostra meta invisibile.

Ma tutto ciò che non ha legami con i problemi del presente avvizzisce se misurato con i severi criteri odierni per l"essenziale". I grandi uomini della mia giovinezza che indirizzarono il mio sguardo verso la letteratura oggi mi appaiono meno importanti di quelli che ve lo distolsero per costringermi a guardare la realtà.

Poi, il 28 giugno 1914, echeggiò quel colpo a Sarajevo, che distrusse in un solo istante il mondo della sicurezza e della ragione creatrice in cui eravamo nati, cresciuti e che sentivamo come nostro, sfracellandolo in mille pezzi come un vaso di argilla vuoto.

Fu questo a segnare la differenza. La guerra del 1939 aveva una motivazione spirituale: si combatteva per la libertà, per preservare il bene morale; e lottare per un ideale rende un uomo duro e deciso. La guerra del 1914, al contrario, non sapeva nulla della realtà, si limitava ancora a servire un'illusione, il sogno di un mondo migliore. E soltanto l'illusione, non la conoscenza, rende felici. Perciò le vittime andarono al macello cantando e inneggiando, gli elmi cinti di fiori e foglie di quercia, l'ebrezza nel cuore, mentre le strade luccicavano e riecheggiavano in festa.

Una differenza cruciale, infatti, distinse nettamente la prima dalla seconda guerra mondiale: in quei primi anni del secolo la parola aveva ancora potere. Ancora non era stata condannata a morte dalla menzogna organizzata della "propaganda": gli uomini vi prestavano ancora ascolto pieni di aspettativa.

È strano: lì, in quella terra neutrale, si viveva spiritualmente la guerra con molta più intensità che nel proprio paese belligerante, perché il problema veniva per così dire oggettivato, con totale distacco dall'interesse nazionale per una vittoria o una sconfitta. La guerra non veniva più osservata da un punto di vista politico ma europeo, come un evento violento e brutale che non avrebbe trasformato soltanto una manciata di linee di confine su una mappa geografica, ma la forma e il futuro del nostro mondo.

Mai ho avvertito, in un popolo o addirittura in me stesso, una volontà di vivere così intensa come in quegli anni, perché la posta in gioco era altissima: la nostra stessa esistenza, la sopravvivenza.

QUARTA DI COPERTINA

Scritto negli anni dell'esilio e pubblicato postumo nel 1942 a Stoccolma, "Il mondo di ieri" è l'opera più nota di Stefan Zweig, un'intensa e struggente rievocazione di quella Felix Austria di cui lo scrittore interpretò con sagacia i turbamenti. Molto più di un romanzo autobiografico, si annuncia già dalle prime pagine come il "ritratto di un'intera generazione, della nostra generazione unica, irripetibile, che come nessun'altra nel corso della storia è stata gravata di eventi". Dalla Vienna dei fasti imperiali, culla di uno straordinario fermento culturale, metropoli "sovranazionale" improntata alla più austriaca delle virtù, la "conciliazione tra i popoli", Zweig tratteggia il lento declino di un mondo che, con lo scoppio della Grande Guerra, cederà il passo a una nuova Europa: una terra mutilata, stravolta dall'odio e affamata dall'inflazione, le cui cicatrici indelebili costituiranno l'humus fertile su cui attecchirà la fatale parabola del nazismo. "Il mondo di ieri" è il testamento spirituale che Zweig consegna alle generazioni a venire, un'analisi lucida e appassionata della tragica eredità in cui affonderanno le radici del "mondo di domani": il nostro.

PRO / INDIFFERENTE / CONTRO
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