Il mio romanzo viola profumato

Di Ian McEwan

Einaudi

55 pagine

8/10

Consigliato: Sì

Contemporaneo

Saggio

Inglese

Narrativa

TRAMA IN BREVE

Nella prima parte uno scrittore sulla cresta dell'onda svela il suo terribile inconfessabile. 
Nella seconda parte Ian McEwan riflette sull'Io e sull'evoluzione del suo concetto nel tempo.

Voi non ci crederete, ma non avevo nessun piano in mente. Volevo vedere e basta.

INCIPIT

Del mio amico, il romanziere Jocelyn Tarbet, un tempo celebrato, avrete sentito parlare, ma sospetto che il ricordo di lui cominci a sbiadire. 
Gli anni possono essere implacabili con la gloria.

RECENSIONE

La copertina era viola, stampata a lettere d'oro in graziosi caratteri ornati, e le pagine emanavano un profumo tenue.

Il mio romanzo viola profumato è un libro di poche pagine di Ian McEwan che contiene al suo interno il racconto omonimo e un breve saggio dell'autore sull'Io.

Le due parti, come si può dedurre, sono profondamente diverse tra loro e presentano caratteristiche diverse.

Nella prima parte troviamo la storia di uno scrittore famoso raccontata in prima persona come una confessione. Questa scelta stilistica rende ciò che viene raccontato più credibile.

Sin dall'incipit comprendiamo che il coprotagonista e perno della storia è l'amico dell'autore, scrittore a sua volta, ma ormai dimenticato dal suo pubblico. 

Trattandosi di un racconto specificare maggiormente di cosa parli la trama implicherebbe necessariamente un'anticipazione, mi limito a dire che grazie a queste poche pagine capiremo molto delle personalità dei due uomini, di cosa significa per loro la loro arte e della loro relazione.

Il ritmo di lettura è molto veloce. Non solo le pagine da leggere sono poche, ma presentano al loro interno una storia interessante ed immediata raccontata bene ma senza fronzoli di sorta. È completa e non dà mai l'impressione di riferire aspetti inutili ai fini della vicenda.

Il finale è coerente con il testo e molto apprezzabile, anche se non aiuta il lettore a comprendere lo scopo per cui il protagonista abbia deciso di scriverlo.

Al termine del romanzo, l'unico personaggio che sentiamo di conoscere veramente bene è il narratore, gli altri vengono descritti dal suo personalissimo punto di vista e, comunque, non è la loro introspezione ad essere importante ai fini della comprensione e dell'apprezzamento della vicenda.

Il saggio sull'Io colpisce perché, anche nella sua brevità, riesce a riportare moltissime riflessioni attente e ben citate. Alla fine del volume troverete anche un'accurata bibliografia al riguardo.

In L'Io McEwan riflette sul concetto della consapevolezza di sé e ci parla della sua trasformazione nel tempo per la psicologia e la filosofia, ma anche per la Letteratura.

La comprensione è garantita anche a chi non conosce bene ciò che viene riportato come esempio e aiuta il lettore ad ampliare, di molto, i riferimenti letterari a cui rivolgersi per avere una visione più approfondita e completa.

In conclusione, Il mio romanzo viola profumato è un libro breve che stupisce in entrambe le sue parti. Nella prima l'autore riesce a costruire e a chiudere una trama credibile e fresca con apparente facilità, nella seconda ci aiuta a conoscere un concetto interessante e a farci interrogare su di esso.

Per questi motivi lo consiglio. È stato il mio primo libro dell'autore e, anche se breve, mi ha aiutata a comprendere le capacità dello scrittore e mi ha convinta a comprare e leggere altre sue opere.

CITAZIONI

IL MIO ROMANZO VIOLA PROFUMATO

Non nego che siano stati commessi degli illeciti. Ho rubato una vita e non intendo restituirla. Siete liberi di considerare le poche pagine che seguono come una confessione.

Lavoravamo entrambi ai nostri primi romanzi che avevano parecchio in comune: sesso, disordine, un certo gusto apocalittico, un pizzico di violenza, un po' di stilosa tetraggine, e battute fortissime su tutto ciò che può andare storto tra un ragazzo e una ragazza.

Ma di certo esisteva un divario tra noi che nessuno dei due poteva ignorare.

Non avevamo un soldo da parte, e ci permettevamo pochissimi lussi. Non era facile, da noi, trovare un angolo per leggere un libro in pace. O anche solo trovare un libro.

Sono dunque arrivato al cuore di questa storia, al drastico cambio d'inclinazione del dondolo.

Scrisse della mia devozione alla nobile causa dell'arte, della mia quieta riluttanza a criticare un vecchio amico, dell'umiliazione di aver dovuto pubblicare a spese mie sopportata senza un lamento, della riscoperta di una strepitosa produzione precedente paragonabile al caso John Williams.

Penso che potrei smettere di scrivere. Credo che non importerebbe granché a nessuno.

Credo mi sia grato per non averlo mai accusato di aver messo il naso in quell'edizione profumata in cartonato viola.

L'IO

Che cos'è dunque un io, un'entità biologica incontrovertibile o per certi versi invece un prodotto culturale, affinato dall'arte e dalla letteratura in modo particolare?

In quanto titolari di quel vecchio io restiamo responsabili delle sue azioni. Crollerebbe altrimenti l'intero sistema giudiziario.

Il romanzo che si sviluppò nel XVIII secolo, in concomitanza con la crescita esponenziale del suo pubblico di lettori, sembra proporsi fermamente fin dall'inizio di rappresentare il soggettivo.

QUARTA DI COPERTINA

Fin da ragazzi Parker e Jocelyn hanno condiviso tutto: letture, progetti, ambizioni letterarie. Le alterne fortune degli esordi non hanno fatto che temprare un'amicizia apparentemente destinata a durare per sempre. Perfino oltre l'improvviso successo di Jocelyn e l'altrettanto rapido declino di Parker. Perfino nei mondi ormai irrimediabilmente antitetici delle loro mezze età: una famiglia numerosa, un lavoro da insegnante e pochi libri all'attivo, tutti dimenticati, in un caso; un matrimonio fallito, la fama, il bel mondo delle lettere, nell'altro. Perfino allora, drasticamente separati dalla vita, Parker e Jocelyn restano inseparabili, «una famiglia», come amano ripetersi. Fino al giorno in cui, nella splendida casa dell'amico, Parker trova il dattiloscritto del suo ultimo romanzo. Lo legge d'un fiato: è il migliore che Jocelyn abbia mai scritto, la porta di accesso alla posterità. Come resistere alla tentazione di diventare lui? Del resto che cosa significa essere io, essere lui? Secondo una prospettiva particolarmente cara ai romanzieri, ci ricorda McEwan nel saggio che compendia il volume, l'io non è che «un racconto incessantemente riscritto», la «storia che raccontiamo a noi stessi». Se la biografia si sdoppia, dunque - lo scrittore di successo versus l'everyman travolto dal quotidiano - anche il racconto che l'io ne fa si può sdoppiare, ed è cosi che fra le pagine di un unico profumato romanzo viola si può consumare il crimine perfetto.

PRO / INDIFFERENTE / CONTRO
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