Ma il fallimento non è mica un sogno?
Fuori dal nido dell'aquila è il romanzo d'esordio di Shefit Troka, in cui l'autore racconta di esperienze realmente vissute.
Giunto dall'Albania all'Italia e avendo ricoperto il ruolo di clandestino, l'autore ci racconta cosa questo significhi e le difficoltà che ciò comporta, sia prima di riuscire effettivamente ad arrivare nel luogo su cui vengono poste tutte le speranze, sia dopo esservi giunti ed aver scoperto che la realtà non è rosea come nei propri sogni e speranze. L'argomento, dunque, è particolarmente importante perché tratta di un'esperienza diretta che può aiutare il lettore a mettersi in panni scomodi, difficili da indossare con la sola immaginazione.
Il libro è diviso in tre parti.
Nella parte iniziale, il prologo (4 pagine), l'autore parla della situazione sociale ed economica nel suo Paese di origine, l'Albania, negli anni 1996, 1997.
Questo sarà il capitolo rivolto maggiormente alla saggistica, oggettivo, informativo, più complesso da seguire inizialmente per chi si approccia al volume pensando ad un'opera di narrativa ma utilissimo per contestualizzare.
I focolai della rivolta iniziarono a moltiplicarsi su tutto il territorio dell'Albania. Valona, la città dove ebbe inizio, non faceva più notizia.
Nel secondo capitolo, La cameretta di Mary (5 pagine), troverete invece il racconto di una storia realmente accaduta nel 1997, considerata il colpo di coda finale della dittatura albanese. Il racconto viene fatto in terza persona e ci aiuta ad osservare la scena come se scorresse davanti a noi al rallentatore, difficile, se non impossibile, empatizzare con la piccola Mary.
Delle lacrime di Mary resterà scritto, nei nostri ricordi, che la vita è come una stella cadente che brilla una sola volta. Ci lascia a bocca aperta poiché porta via con sé le risposte a tutti i perché.
Il terzo capitolo, Di là ci sarà una vita migliore, che copre quasi l'interezza dell'opera (circa 100 pagine), è formato prevalentemente da un monologo che il giovane narratore rivolge a delle persone incontrate in Italia desiderose di ascoltare la sua storia. Esso è introdotto ed intervallato da parti scritte in prima persona. In seguito troverete un secondo monologo di risposta, con una storia che è stata, invece, raccontata al protagonista.
Il racconto è una storia appassionata, narrata con l'entusiasmo di uno che ha appena incontrato un interlocutore degno di ascoltarla.
In questi momenti difficilmente si può distinguere il senso vero delle frasi, perché a volte suonano come domande, a volte come un'affermazione.
Il linguaggio utilizzato per quest'opera d'esordio è volutamente aulico, ricercato ed emozionale. Sebbene le tre parti siano completamente differenti tra loro nella scelta narrativa, lo stile non viene modificato. Le frasi sono spesso lunghe e ricche, con la minore punteggiatura possibile, come se in effetti anziché leggere un libro, stessimo ascoltando una testimonianza orale. Ed è così che vi consiglio di leggerlo.
Con la sensazione di essere quasi schiacciato dalle domande che mi tirano giù e mi fanno annaspare nel mio mare di speranze, osservo il risveglio delle strade, delle finestre, dei muri, delle case, come se fossero pixel di un maxischermo.
Bella la copertina, con una foto che rende perfettamente il tema del volume e sempre apprezzabile la grafica di Bonfirraro che non si risparmia nel numero di pagine offrendo una dimensione di carattere grande (gioia per gli occhi di noi poveri lettori miopi!), un buon font e note a piè di pagina chiaramente identificabili. Cura non impeccabile ma i refusi sono pochi e chiaramente errori di battitura.
In conclusione, Fuori dal nido dell'aquila è un libro che presenta una storia importante per il suo valore sociale. Personalmente ho preferito le prime due parti, specialmente la seconda, perché ho trovato che lo stile si confacesse meglio a queste scelte narrative e che invece potesse risultare poco credibile per quella del terzo capitolo (un racconto diretto e orale di una persona, a meno che non sia preparato o si tratti di un poeta nato, difficilmente è così filosofica e ricca di figure retoriche e parole difficili e, per me, rischia di perdere la forza della concretezza che, invece, ciò che succede avrebbe senza alcun bisogno di arzigogoli).
È un romanzo d'esordio nato sicuramente da una necessità di voler trasmettere qualcosa che, in effetti, può essere spiegata così bene solamente attraverso un'esperienza diretta e per questo merita di essere letto. Lo consiglio a voi che amate le storie importanti e, per forza di cosa, struggenti e non tentennate davanti alla sofferenza e alla sua evidenziazione. Troverete in Fuori dal nido dell'aquila un testo sia utile che emotivamente coinvolgente.