Fuori dal nido dell'aquila

Di Shefit Troka

Bonfirraro

118 pagine

6/10

Consigliato: Ni

Contemporaneo

Sociale

Emergente

Italiano

Breve

Esordio

Monologo

TRAMA IN BREVE

Neorealista ed intimista, Shefit Troka ci racconta della clandestinità: la necessità di raggiungere un Paese in cui essere in salvo e la conseguente paura di non farcela. 

INCIPIT

"Fallimento", fu un inaspettato incubo che iniziò a rimbalzare da un cuore all'altro alternando il battito.
«L'avete sentito?», si chiedeva la gente come se cercasse nel nulla la conferma mentre le lacrime disegnavano il volto della tristezza.

RECENSIONE

Ma il fallimento non è mica un sogno?

Fuori dal nido dell'aquila è il romanzo d'esordio di Shefit Troka, in cui l'autore racconta di esperienze realmente vissute.

Giunto dall'Albania all'Italia e avendo ricoperto il ruolo di clandestino, l'autore ci racconta cosa questo significhi e le difficoltà che ciò comporta, sia prima di riuscire effettivamente ad arrivare nel luogo su cui vengono poste tutte le speranze, sia dopo esservi giunti ed aver scoperto che la realtà non è rosea come nei propri sogni e speranze. L'argomento, dunque, è particolarmente importante perché tratta di un'esperienza diretta che può aiutare il lettore a mettersi in panni scomodi, difficili da indossare con la sola immaginazione.

Il libro è diviso in tre parti.

Nella parte iniziale, il prologo (4 pagine), l'autore parla della situazione sociale ed economica nel suo Paese di origine, l'Albania, negli anni 1996, 1997. 
Questo sarà il capitolo rivolto maggiormente alla saggistica, oggettivo, informativo, più complesso da seguire inizialmente per chi si approccia al volume pensando ad un'opera di narrativa ma utilissimo per contestualizzare.


I focolai della rivolta iniziarono a moltiplicarsi su tutto il territorio dell'Albania. Valona, la città dove ebbe inizio, non faceva più notizia.

Nel secondo capitolo, La cameretta di Mary (5 pagine), troverete invece il racconto di una storia realmente accaduta nel 1997, considerata il colpo di coda finale della dittatura albanese. Il racconto viene fatto in terza persona e ci aiuta ad osservare la scena come se scorresse davanti a noi al rallentatore, difficile, se non impossibile, empatizzare con la piccola Mary.

Delle lacrime di Mary resterà scritto, nei nostri ricordi, che la vita è come una stella cadente che brilla una sola volta. Ci lascia a bocca aperta poiché porta via con sé le risposte a tutti i perché.

Il terzo capitolo, Di là ci sarà una vita migliore, che copre quasi l'interezza dell'opera (circa 100 pagine), è formato prevalentemente da un monologo che il giovane narratore rivolge a delle persone incontrate in Italia desiderose di ascoltare la sua storia. Esso è introdotto ed intervallato da parti scritte in prima persona. In seguito troverete un secondo monologo di risposta, con una storia che è stata, invece, raccontata al protagonista. 

Il racconto è una storia appassionata, narrata con l'entusiasmo di uno che ha appena incontrato un interlocutore degno di ascoltarla.
In questi momenti difficilmente si può distinguere il senso vero delle frasi, perché a volte suonano come domande, a volte come un'affermazione.

Il linguaggio utilizzato per quest'opera d'esordio è volutamente aulico, ricercato ed emozionale. Sebbene le tre parti siano completamente differenti tra loro nella scelta narrativa, lo stile non viene modificato. Le frasi sono spesso lunghe e ricche, con la minore punteggiatura possibile, come se in effetti anziché leggere un libro, stessimo ascoltando una testimonianza orale. Ed è così che vi consiglio di leggerlo.

Con la sensazione di essere quasi schiacciato dalle domande che mi tirano giù e mi fanno annaspare nel mio mare di speranze, osservo il risveglio delle strade, delle finestre, dei muri, delle case, come se fossero pixel di un maxischermo.

Bella la copertina, con una foto che rende perfettamente il tema del volume e sempre apprezzabile la grafica di Bonfirraro che non si risparmia nel numero di pagine offrendo una dimensione di carattere grande (gioia per gli occhi di noi poveri lettori miopi!), un buon font e note a piè di pagina chiaramente identificabili. Cura non impeccabile ma i refusi sono pochi e chiaramente errori di battitura.

In conclusione, Fuori dal nido dell'aquila è un libro che presenta una storia importante per il suo valore sociale. Personalmente ho preferito le prime due parti, specialmente la seconda, perché ho trovato che lo stile si confacesse meglio a queste scelte narrative e che invece potesse risultare poco credibile per quella del terzo capitolo (un racconto diretto e orale di una persona, a meno che non sia preparato o si tratti di un poeta nato, difficilmente è così filosofica e ricca di figure retoriche e parole difficili e, per me, rischia di perdere la forza della concretezza che, invece, ciò che succede avrebbe senza alcun bisogno di arzigogoli).

È un romanzo d'esordio nato sicuramente da una necessità di voler trasmettere qualcosa che, in effetti, può essere spiegata così bene solamente attraverso un'esperienza diretta e per questo merita di essere letto. Lo consiglio a voi che amate le storie importanti e, per forza di cosa, struggenti e non tentennate davanti alla sofferenza e alla sua evidenziazione. Troverete in Fuori dal nido dell'aquila un testo sia utile che emotivamente coinvolgente.

CURIOSITÀ

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CITAZIONI

La notizia del fallimento è una pallottola vagante che prima o poi andrà a segno, sparata in mezzo alla folla con l'intenzione di seminare soltanto panico.

Ma fuori dalla casa, dove abitavano Mary e Mary, il Signor qualcuno aveva scatenato una guerra fratricida nel nome del dio terreno, Mary non poteva immaginare che l'innocenza, in un giorno di febbraio, avrebbe incontrato tanta crudeltà.

Lo stradello sembra scalpellato sul fianco di una torre antica dal fruscio dei loro rami. Scivola dolcemente sul ciglio di un'altura e al contempo sovrasta di alcuni metri la salita che ho percorso per arrivare alla piazza.

Ci sono momenti nella vita in cui improvvisamente ti senti felice, ma quando quella felicità si mescola con i dubbi, le paure e le incertezze, a quel punto ti senti ribaltato, non sai più qual è il significato della tua esistenza.

Sono appena arrivato a Guardiagrele.
La prima cosa che ho notato è l'assenza dello spazio intorno a me necessario per inserire una infinità di cose: il nome, la provenienza, i nuovi amici, i sogni.

Clandestino è una strana libertà. È come sentire addosso una inspiegabile colpa pur non avendo compiuto nessun errore.

Sputi in faccia, schiaffi, calci, frasi offensive, erano la normalità. Una tragicommedia rappresentata da esseri della stessa specie. Esseri che, nonostante soffrissero tutti la fame, si odiavano senza motivo.

Nessuno di noi avrebbe immaginato di trovarsi nel bel mezzo del nostro viaggio in compagnia di uno così. Quel tipo era uno scherzo imprevisto, uno sconosciuto in mezzo ad altri sconosciuti che il destino aveva voluto affibbiarci come punizione.

Capii che il mistero della vita è celato dentro di noi, nei nostri sogni, sotto forma di emozioni e desideri.

Se l'essere umano fosse più attento nel comprendere la lingua che parlano le piante, le rocce, una goccia d'acqua, il profumo dei fiori, penetrerebbe l'essenza dell'universo e si renderebbe conto di non essere solo.

Soffrivamo in silenzio, ignorando dolore e stanchezza; la mente aveva lanciato una sfida al corpo nell'affrontare la prova della sopravvivenza.

Sembrava stessimo camminando seguendo un grafico creato dalla rabbia e dal sudore, ignari di ciò che ci riservava il destino.

Su noi tutti piombò un silenzio glaciale. I muscoli lentamente diventavano rigidi. Sembrava la sequenza di un film horror messo in pausa. Cercammo un riparo e aspettammo in assoluto silenzio. Rimanemmo immobili, senza proferire fiato, con il cuore nel petto che aumentava i battiti. Dalla parte delle tende c'era una spaventosa immobilità.

QUARTA DI COPERTINA

È la metafora di una grande rinascita, un campo di battaglia esistenziale dove sono sbocciati i fiori più belli in una delle pagine più drammatiche della recente storia europea, quando le poche miglia di mare che separano l'Albania dalla Puglia, di fatto invalicabili per almeno cinquant'anni, sono diventate in quel periodo il tratto più trafficato al mondo. Di questo romanzo, di stampo neorealista con punte di intimistica poesia, Troka è sia protagonista che voce narrante, e procede per deja vù, sfalsando i piani temporali, mescolando ricordi che fanno ancora male ad attimi di spensieratezza. È così che costruisce un viaggio a ritroso, una narrazione in crescendo che si libra leggera sopra la ferita sanguinante che siamo, mostrandoci le nostre più sublimi e tragiche sfaccettature.

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COMMENTI

Shefit Troka

09:58 - 26 marzo 2019

Buongiorno. Vi ringrazio di cuore per la recensione del mio libro. La verità non ha li stessi colori delle bugie. Forse per questo motivo gli esseri umani odiano la verità e adorano le bugie. Con esperienza di un emigrante e di un padre di famiglia posso darvi la certezza che questa e la vera foto degli esseri umani. Di chi è la colpa?. Se si mettessero insieme filosofi, scienziati, psicologi, politici, poveri e ricchi, criminali e onesti, vi confermo la certezza che non rispanderono mai a questa domanda. Per un semplice motivo; odiando la Verità, l'essere umano, ha paura della Verità. Vergogniamoci.

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