Io in fondo a casa sua ci andavo per comprare la burundanga; era l'unico in zona che riuscisse ancora a procurarsela, ma poi finivo sempre immobile come ipnotizzato dai suoi monologhi sulla nostra presunta amicizia di vecchia data, mentre avevo i miei soliti incubi.
Burundanga è il nuovo libro di Alessandro Raschellà, autore recensito anche qualche tempo fa per il suo romanzo d'esordio: Mia nonna fuma.
Il romanzo mi è stato inviato dall'autore stesso e mi è stato richiesto un parere su quanto concerne la sua opera; dato che penso che considerare il lavoro dell'editore sminuirebbe l'opinione generale sul libro (dato che il giudizio dovrebbe essere necessariamente negativo), per questa volta, mi limiterò a parlarvi del lavoro svolto dall'autore del libro e non considerandone anche l'editing e tutto ciò che concerne il lavoro della CE (che, tra l'altro, prima non conoscevo e, perciò, non so come lavori in generale), anche il voto e qualunque altro giudizio saranno volti solamente ad indicare la mia opinione sull'autore e la storia da lui ideata.
In questo nuovo romanzo l'autore si cimenta con una storia apocalittica e post apocalittica. Gli zombie sono parte integrante dello scenario e, per quanto su questo argomento siano stati scritti già tantissimi libri, la Burundanga rende il tutto una novità. L'idea iniziale, che io considero la trama vera e propria, da cui parte la storia è, perciò, considerabile originale, seppure occhieggi ad una letteratura che gli amanti dell'horror come me conoscono perfettamente.
La diffusione di schizofrenia venne precedentemente definita come epidemia.
Effettivamente quando milioni di persone si ritrovarono fuori di testa senza essersi mai drogati, venne spontaneo iniziare a parlare di epidemia.
Lo svolgimento mi è piaciuto, l'ho trovato piuttosto originale, con delle idee che davvero non so come siano riuscite venire in mente a Raschellà e che mi hanno fatto, a tratti, morire dal ridere, o schifare tremendamente. A causa della struttura, di cui vi parlerò in seguito, è piuttosto ripetitivo (volutamente, oserei dire) e questo rappresenta sia un pro che un contro. Da un lato le ripetizioni rendono credibile e lineare la storia, dall'altro però sono davvero molte e, personalmente, le avrei in parte sfoltite.
La struttura del libro mi è piaciuta tantissimo. L'ho rinominata (i copyright sono i miei, quindi giù le mani!) matrioska inversa a causa del fatto che, in realtà, la storia va a ritroso spiegandoci ciò che è successo partendo dal piccolo "presente" della storia sino ad arrivare al pezzo forte vero e proprio.
Conoscevo già lo stile dell'autore grazie alla lettura di Mia nonna fuma e, devo dire la verità, non sono riuscita ritrovarlo immediatamente. Intendiamoci, si capisce che l'opera sia sempre firmata Raschellà, però inizialmente non ho ritrovato la fluidità di racconto riscontrata nel suo primo romanzo. La mia idea (che potrebbe essere anche enormemente sbagliata) è che l'autore in questo caso sia incappato in qualche cosa di nuovo e che, in parte, ciò abbia influito. In Mia nonna fuma e nella fine di Burundanga possiamo trovare opinioni e, probabilmente, anche alcuni elementi autobiografici dell'autore e tutto viene raccontato con una semplicità quasi colloquiale, come se l'autore volesse dirci tutto ciò che pensa e lo facesse senza problemi, mentre, in tutto il resto del romanzo, questa semplicità viene un po' meno e, nonostante si tratti di un racconto sotto forma di testimonianza/diario si sente meno la fluidità del tutto.
L'indifferenza nei confronti del bello era ovunque, lungo i corridoi della metropolitana così come per le strade
I personaggi descritti sono moltissimi e davvero diversi tra di loro, sono tutti piuttosto peculiari e difficili da paragonare a persone che davvero conosciamo ciò li rende molto divertenti e assolutamente lontani dagli stereotipi.
Eravamo degli schizofrenici coscienti del nostro problema, ma con non riuscivano ad eliminarlo completamente dalle loro menti. Le nostre follie ci perseguitavano, ci confondevano, ma ci facevano comunque sopravvivere; non ci sforzavamo a chiarire quello che era completamente reale e quello che invece non esisteva al di fuori delle nostre folle menti.
Il protagonista non è solamente uno, poi capirete bene perché leggendo, ma la loro personalità è molto simile. Fattore in parte comprensibile per elementi che non voglio scrivere per non anticipare nulla al lettore ma che hanno reso difficile considerarli persone diverse e rimarcare delle loro particolarità che li rendessero unici ai nostri occhi.
Ero solo come sempre, ma stavo per conoscere una nuova anima che cercava di tagliarsi un nuovo ruolo nella società dopo la fine della diffusione; proprio nel mio paese, di fronte a casa mia.
Mi è piaciuta la descrizione dell'ambientazione, aspetto che spesso viene sminuito dagli autori non affermati (e spesso anche dai più famosi) mentre in questo romanzo non solo è presente ma ben immaginabile da tutti noi.
Si dice che la famiglia ti tocca e che gli amici invece te li scegli tu, ma se ti ritrovi a vivere in un minuscolo paese con mille anime non ti puoi scegliere neppure gli amici.
L'atmosfera mi ha coinvolta in maniera minore; l'autore non spinge particolarmente sulla componente horror del romanzo (per quanto non manchino affatto delle descrizioni raccapriccianti assolutamente inservibili nel genere splatter) e i personaggi sembrano troppo avvezzi a ciò che gli è accaduto per riuscire ad esprimerci bene il raccapriccio che devono aver provato nei momenti peggiori della loro storia.
Erano dietro di me, sentivo sempre più vicino i loro lamenti, il loro fetore, il loro putrido respiro iniziava a scaldare il mio collo. Ero spacciato, mi stavano per raggiungere, mi stavano per sbranare vivo.
Come sempre, Raschellà mostra di avere una fantasia niente male che si esprime particolarmente bene nei piccoli racconti brevi, collegati alla storia ma soltanto in parte, che rimangono ciò che apprezzo di più dei suoi romanzi. Sarei curiosissima di leggere una sua eventuale raccolta di racconti, se mai la scriverà!
Infine, apprezzatissimo i riferimenti alle opere precedenti dell'autore; mia nonna fuma e Brother (quest'ultimo al momento non è reperibile perché in cerca di un editore).
Il mio 7 va interamente all'autore che, se avesse avuto un aiuto dal punto di vista dell'editing, avrebbe meritato sicuramente di più. Il libro in sé lo consiglio solo a chi è interessato a leggere qualcosa di originale ed interessante senza però, ahimè, considerare tutto ciò che concerne il mondo dell'editing.