TRAMA IN BREVE

Angela è una bambina che, ancora prima di imparare a parlare, ha attirato l'attenzione del paese su di sé: ha una voglia su di sé, il marchio del Diavolo! Armida ci racconta come i pregiudizi e i pettegolezzi potessero far male anche ai primi del '900, e ci fa entrare in un mondo non così lontano, eppure ormai scomparso per sempre.

DEDICA

A mio marito, ai miei figli,
ai miei lettori, alla Morgia

INCIPIT

Strega, così viene ricordata in un paesino stretto intorno a una rupe ricca di fossili, spuntata come un gigantesco dente dal fianco della valle.
Nelle grotte scavate dall'erosione in tempi di cui non si ha traccia, gli antichi trovarono asilo e un posto sicuro da cui sorvegliare la valle boscosa ricca di frutti e cacciagione.
Nei secoli che seguirono gli uomini rubarono le pietre della rupe per costruire le case e i caminetti che regalarono calore e luce nel buio della notte, ma non fermarono la morte, figlia della carestia, della siccità, dei terremoti, della malattia.
Solo i più forti vissero, schiavi della terra, abbruttiti dal lavoro e dalla fame, temendo la giustizia del Padre inflessibile e la condanna all'eterno tormento, praticando i riti della Chiesa insieme ai riti pagani, in un mondo popolato da demoni, fantasmi e streghe.
Per la gente della Morgia, la strega senza nome è stata 'ultima della sua razza dannata.

RECENSIONE

Armida di Elvira Delmonaco Roll è un romanzo storico edito da Kimerik.

Questo libro può essere idealmente inserito in una trilogia interamente dedicata alla Morgia e ne compone l'ultimo volume. Questo, però, non deve creare alcun problema al lettore che non ha letto gli altri due capitoli della serie, (QUI la recensione del secondo, La Morgia indiscreta) perché le tre storie, seppure condividano l'ambientazione, sono completamente scollegate tra loro e leggibili in qualsiasi ordine. In questo terzo testo c'è un riferimento a quanto accade nel precedente ma è generico e non anticipa nulla che infici la lettura dello stesso (oltre al fatto che, non avendolo letto, non lo cogliereste nemmeno).

L'ambientazione (Morgia, inizi del '900) è ciò che permea non solamente su tutta la trilogia ma anche specificatamente in ogni aspetto di questo romanzo. Sin dalla prefazione dell'autrice (che non svela nulla della storia e che, dunque, può essere letta interamente prima della lettura) si comprende come lei intenda parlarci di qualcosa che conosce bene: un luogo che ha visto trasformarsi e che, ad oggi, non appare più come nei suoi ricordi. Questa nostalgia dei vecchi tempi che traspare dalle sue parole si esplicita esclusivamente in un valore aggiunto per il contenuto del testo, perché in ogni sua piccola parte noterete la cura del dettaglio, la consapevolezza di ciò che scrive e la credibilità, ma mai una volta l'amore per il periodo storico narrato impedirà a Delmonaco Roll di riconoscere e mostrare anche i grandi limiti derivanti proprio dalla mentalità "arretrata" che conseguiva al maggiore rispetto delle tradizioni e del non detto che, pure, fungeva da legge non scritta. La scrittrice, dunque, riesce a rappresentare il tempo e il luogo descritti con precisione e realismo senza perdere la sua oggettività, necessaria per far entrare nella storia chi, come me,  ne è completamente estraneo. Trovo che questo elemento, finemente lavorato e, senza dubbio, motivazione principale per cui il libro andrebbe letto a prescindere dei gusti personali, influenzi grandemente anche tutti gli altri, portandoli ad essere un tutt'uno, creando un volume unico e omogeneo.

La notte non voleva andarsene, l'alba era vicina, ma le stelle indugiavano ancora, ammiccando sulle case addormentate dove presto le contadine dalla voce arrochita dal sonno avrebbero acceso il fuoco nei camini, iniziando la loro faticosa giornata.

La trama del libro, lo specifica anche l'autrice, è un'insieme di conoscenze, pettegolezzi e invenzione. Delmonaco Roll, insomma, ci parla di qualcosa che conosce e di cui si parla/parlava ma che è rimasto misterioso e che, dunque, necessita di un collante fatto sia di fantasia che di logica. Ciò che ci racconta è credibile, coerente, e anche se ci parla di streghe, superstizione e mistero rimane sempre concreto e completamente attinente alla realtà in cui tutti crediamo (ma saper utilizzare le erbe medicinali, ad oggi, non ci causerebbe tutti questi problemi, si spera!).

Conta le tue gioie, le aveva detto sua madre tanto tempo prima e lei non lo aveva fatto, contando solo quello che aveva perduto, dimenticando che se la sua forza era nel suo spirito, questo rinasceva a contatto con la natura. Era sempre stato così, per lei. La pace che trovava tra le piante era sempre stata fonte di serenità e ora aveva più che mai bisogno del potere consolatorio della natura.

Lo svolgimento del libro presenta tutti gli elementi che possono essere associati alla vita quotidiana di un paese: amore, amicizia, rapporto genitori-figli, religione, matrimoni, scandali, pettegolezzi. Tutto questo è sempre asservito all'ambientazione che funge da vera e propria protagonista, sebbene sia semplice individuare i personaggi principali, che saranno anche i punti di vista della storia.
I riferimenti storici legati agli accadimenti importanti (in specifico, la guerra) non mancano ma non sono nemmeno il tema principale: il paese descritto è isolato dal mondo e lì la guerra appare come qualcosa di lontano, anche se altrettanto brutto e pericoloso.

La guerra è come il fuoco, se ne accende uno in un campo per bruciare le stoppie e le scintille lo propagano dappertutto.

Armida è la protagonista del libro, bambina bella, bionda, sognatrice, nata con una voglia che, all'epoca, veniva identificata come un segno del Demonio. Così come il nome che, infatti, non le verrà dato ufficialmente e che sarà sostituito con quella di Angela, proprio per compensare questa sua ipotetica natura diabolica. Leggere della sua vita e di quella della sua migliore amica (quasi come una sorella) Leontina, ci aiuterà ad entrare nello spirito dell'epoca e a capire come funzionavano le cose allora. Le donne, destinate solamente a sposarsi e ad ubbidire al marito, avevano ben pochi diritti e libertà. Queste non solo derivavano da leggi non scritte ma conosciute da tutti, ma anche da superstizioni e dicerie che potevano nascere anche del tutto ingiustamente ma, non per questo, meno gravi e potenzialmente dannose, se non addirittura letali.

«Si buttavano le streghe nell'acqua profonda: se galleggiavano erano dichiarate streghe e venivano bruciate vive, se affondavano, morivano e la loro morte dimostrava l'accusa infondata. Sono curioso di sapere se affonderai o galleggerai. O vuoi morire in un altro modo?».

Lo stile di scrittura rispetta il tempo e il luogo descritti: è italiano e completamente comprensibile, ma aggiunge al suo interno una terminologia talvolta più dialettale o dei detti e modi di dire appartenenti alla zona raccontata. Questo aspetto dona maggiore valore alla storia perché non esagera mai la sua presenza, ma la rende ancora più credibile con questi piccoli dettagli.

Le girò le spalle e se ne andò alla taverna, da dove tornò più cupo di una grotta della Morgia in una notte senza luna.

Migliorabili, secondo il mio punto di vista, sono la cura della correzione bozze (che comunque non presenta così tanti refusi da inficiare la bellezza della lettura), dell'editing (stesso discorso della correzione bozze) e, anche, della struttura. Il libro, infatti, presenta capitoli molto lunghi che, in realtà, avrebbero potuto essere spezzettati ulteriormente senza che questo dovesse sembrare pretestuoso o sbagliato. Anzi. Questo non comporta un vero proprio problema: se il testo è quello fa poca differenza leggerlo separato o accorpato, ma so che per un lettore dover affrontare un capitolo di troppe pagine può risultare psicologicamente più complesso rispetto a più capitoli brevi e, dunque, può causare un rallentamento della lettura.

Al riguardo del ritmo: io ho terminato il libro in due giorni e, avendone il tempo, l'avrei finito anche in uno solo. Non si tratta di un romanzo che cerca nella suspense il suo motivo d'essere: gli accadimenti sono tanti, ma sono ben scadenzati e intervallati con momenti riflessivi in cui si teme solamente (o si spera) ciò che poi succederà. Il ritmo dunque è medio, sommando questo alla lunghezza dei capitoli. Scoprirete, però, che la voglia di andare avanti non vi abbandonerà mai; sembra talmente vero che la voglia di finirlo per sapere cosa è successo è inevitabile.

Per lo stesso motivo ho avvertito fortemente l'atmosfera, aspetto che, invece, tende a non arrivarmi con facilità. Sono soprattutto le ingiustizie subite dalla donne e la disparità di trattamento ad essere evidenti ma mai forzate. Si leggono e si avvertono realmente, e ci aiutano a recepire un messaggio che va al di là delle mode del momento e dei temi scottanti di cui tutti vogliono necessariamente parlare. Qui si avverte verità e, questo, sconvolge più di mille gesti eclatanti.

... e non era giusto, non c'era niente di giusto nella vita delle donne. I piatti della bilancia non erano uguali e non lo sarebbero mai stati, eppure...

In conclusione, è il secondo libro che leggo di Elvira Delomanco Roll e, ancora una volta, mi ritrovo ad apprezzare il testo in un modo inusuale. Questa autrice, infatti, mi fa vivere davvero una vita diversa, quella raccontata nella sua storia. E, questo, devo ammetterlo anche a discapito della famosissima citazione del grande Umberto Eco (Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c'era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l'infinito... perché la lettura è un'immortalità all'indietro.), mi capita davvero di rado. 

Questo è il motivo per cui ve lo consiglio: trovo che sia speciale oltre che ben fatto e, spero, che lo possa essere anche per voi.

CITAZIONI

Ho taciuto a lungo, ma ora è arrivato il momento di raccontarne la storia.

Vedendo, pieni di orrore, le crepe che salivano sui muri delle loro case, erano scappati tutti verso la piazza dove l'estate si trebbiava, tra le tegole che cadevano dai tetti e il fruscio della terra che scivolava a valle e, impotenti, avevano visto la Morgia scrollarsi di dosso le pietre corrose dal vento e dall'acqua, avevano ascoltato la campana rabbrividire con suoni discordanti, scomposti, lugubri come il canto della morte.

Le piaceva, purtroppo non era adatto alla sua creatura visto che il paese, ancorato alla sue secolari superstizioni,  credeva ancora che il nome influisse sul destino di chi lo portava. Lei no, lei veniva da una cittadina progredita, era di mente più aperta, era una che aveva studiato, non aveva forse terminato le elementari?

Il mare! Non riusciva nemmeno a immaginarlo perché era più grande di qualsiasi stagno, così grande che non si vedeva la fine, con la nave che vi andava sopra per giorni e giorni senza niente altro da vedere se non acqua tutto intorno,

Il tempo scivolava via, cucendo il buio insieme alla luce, mescolando il nero col bianco, il bene col male, in un continuo accadere dove niente era del tutto assoluto, né del tutto buio, né del tutto buono, in infinite sfumature ambigue, a volte venate di rosa, altre di grigio, spesso di nero.

La vita riprese, ma non fu mai più come prima.

Si sbagliava, di tempo non ne era rimasto più molto e prima di quanto pensassero, la vita delle due ragazze cambiò.

Si ribellava e recalcitrava come un animale spaventato, pur avendo coscienza dell'inutilità della sua protesta perché, giusto o non giusto, se era destino, strillare, piangere non avrebbe cambiato ciò che non poteva essere cambiato.

In paese qualche ragazza carina gli era anche piaciuta, ma nessuna gli aveva fatto battere il cuore, finché non aveva visto Angela che conosceva da sempre, eppure non l'aveva mai vista veramente, come quel giorno.

«Perché non ti sei mai innamorata. Anche io, prima di conoscerlo, non sapevo come fosse. Non so se per tutte le donne è lo stesso, io so solo che quando mi guarda, mi sento bella, donna, e le dita cominciano a formicolare, il cuore mi salta in gola e il sangue mi sale alla testa, non so come spiegartelo, è come se mi fosse entrato nell'anima da quel primo sguardo e da allora ogni volta che lo vedo il mio turbamento aumenta».

«Impara, con gli uomini meno cose racconti di te, meglio è. Non è mai bene confidarsi con loro, tanto non capirebbero». 

A ognuno toccava quello che gli veniva dato e non c'era molto che una madre potesse fare.

«Questa è una legge non scritta che tutti rispettano, perciò nessuno si metterà tra te e tuo marito o tra te e la sua famiglia. E tuo marito sarà sempre dalla parte dei genitori».

«Non farti il sangue amaro, lascia il passato al passato, perché, se ti guardi indietro mentre cammini, non puoi vedere dive metti i piedi e puoi andare a sbattere contro un ostacolo imprevisto, finendo col fati male. Quello che è stato è stato, guarda al futuro».

Non si sentiva come pensava una sposa dovesse sentirsi, perché in lei ogni emozione era stata risucchiata chissà dove, come il fumo dal camino disperso dal vento del nord. Lasciava che le cose le scivolassero addosso, in una sorta di torpore mentale.

Una che aveva conosciuto l'uomo, non se ne stava con le mani in mano a recitare il rosario!

La verità! Gli uomini si riempivano la bocca di quella parola, ma ognuno intendeva una cosa diversa e nessuno la conosceva, questa verità dalle molte facce tutte vere e tutte false, a seconda di come la si guardava, come in un gioco di specchi.

QUARTA DI COPERTINA

Morgia, inizi del ‘900.
Nascere con una voglia del colore di una fragola matura non è già un buon auspicio, chiamarsi poi Armida, come la maga pagana e ammaliatrice della Gerusalemme Liberata, in un antico paese superstizioso e pieno di pregiudizi, non fa che peggiorare la situazione. Neanche l’essere battezzata con altri nomi cristiani potrà mai togliere il sospetto su di lei, che crescerà additata come la figlia di Satana.

PRO / INDIFFERENTE / CONTRO
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