Libidine di un angelo di Diego Aleo è un romanzo, come dice Jole Virone sul retro di copertina, non alla portata di tutti.
È evidente che il testo è stato scritto prevalentemente per trasmettere un messaggio, più che per la storia narrata e, purtroppo, questo messaggio non è così semplice da condividere. Ci vuole probabilmente una base religiosa importante e stabile per poter concordare sull'importanza del dolore nelle nostre vite. Io personalmente non riuscirei ad andare avanti pensando ciò che è scritto in questo volume.
Va da sé che se ciò che è la colonna portante del libro non incontra la mia opinione personale, sia inevitabile che il volume nella sua totalità non mi convinca, perché, coerentemente, tutti gli elementi di questa lettura convergono allo scopo di inviare il più efficacemente possibile il messaggio dell'autore.
Sin dall'incipit, comprendiamo il registro stilistico scelto da Aleo. Le parole utilizzate sono ricercate e spesso altisonanti, mi hanno ricordato quelle delle Parabole. In effetti, sono moltissime le metafore e le analogie che vengono fatte dall'autore allo scopo di fa comprendere la lezione morale intrinseca.
Questa scelta è coerente con il contenuto del libro ma non è portata avanti completamente, vi sono infatti alcuni frammenti che presentano parole più colloquiali e meno adatte al genere.
Tante sono anche le citazioni di testi sacri e non che rafforzano i concetti espressi.
Anche la cura del volume non è stata la stessa che ho riscontrato in questo Editore (che apprezzo), sono davvero molti i refusi che ho trovato nel testo, anche se quasi sempre legati ad errori di battitura, piuttosto che grammaticali o sintattici.
La trama del libro racconta la storia di due vite, quella di Khalid Madani, arabo emigrato in Italia in cerca di una nuova vita e quella di Albert, tedesco alla completa mercé della propria libidine. I due sono completamente diversi tra loro, sia nell'estetica che nell'atteggiamento, eppure sembrano indissolubilmente legati da qualcosa di intangibile.
Le personalità dei due protagonisti sono state costruite per rappresentare un'idea, perciò sono opposte e spinte all'estremo, non possiedono al loro interno le sfumature tipiche dell'anima umana. Questa scelta è necessaria per la trasmissione del messaggio.
Sono pochi gli altri personaggi rilevanti nella storia. Le loro personalità ci sono sconosciute, comprendiamo però la loro appartenenza ai buoni grazie ai loro comportamenti generosi e totalmente privi di malizia.
Lo stile e il suo contenuto fanno percepire per quasi la totalità del libro un'atmosfera dolorosa, angosciante e pesante, questo non è un difetto bensì un pregio, perché è proprio ciò che si vuole trasmettere al lettore, alfine di fargli comprendere la conclusione.
Sul finale si troverà poi la sensazione di redenzione che il lettore si aspetta e che lo aiuterà ad apprendere l'insegnamento che l'autore desidera impartire.
Aleo fa grande uso delle ripetizioni, sia nei dialoghi che nel testo scritto. Motivo di questa è scelta è, sicuramente, la volontà di far attecchire il messaggio nella mente del lettore e far entrare nella mentalità del personaggio positivo, Khalid. Questo provoca un rallentamento della lettura, già non particolarmente veloce a causa degli scarni avvenimenti e della forte connotazione introspettiva e filosofica della storia. Il ritmo della mia lettura è stato, perciò, molto lento.
L'ambientazione fa da sfondo alla vicenda ma non ha grande importanza, nonostante in alcuni casi vengano nominate, di sfuggita, le bellezze delle città chiamate in causa. La storia si divide tra Roma e Firenze, le tempistiche si arguiscono in linea generale.
In conclusione, Libidine di un angelo è un libro che non vede come scopo primario l'intrattenimento o la cultura del lettore, bensì la trasmissione di un messaggio profondamente religioso e impegnativo.
Per questo motivo non mi sento di consigliarlo in generale. Sono più che certa che vi siano persone che non solo lo apprezzeranno ma magari necessiteranno di questo testo. Non va scelto, però, come se fosse un romanzo bensì più come un testo religioso in cui rifugiarsi in caso se ne sentisse la necessità.