Goodbye, Columbus

Di Philip Roth

Einaudi

259 pagine

8/10

Consigliato: Sì

Contemporaneo

Ebrei

Statunitense

Racconti

TRAMA IN BREVE

Un amore osteggiato dalla diversità dei due protagonisti, un ragazzino che vuole trovare logica nella religione, un sergente ebreo alla fine della Seconda Guerra Mondiale, un uomo che vive la sua mezza età come una condanna, un ragazzo che deve ancora imparare le dure verità della vita e un uomo sull'orlo di una crisi di nervi. Queste sono le storie che potrete trovare nel romanzo Goodbye Columbus e nei successivi cinque racconti. Un'eterogeneità incredibile che si estrinseca, però, sempre nei temi cari all'autore: il rapporto con la famiglia e il proprio retaggio e la religione.

DEDICA

Ai miei genitori

INCIPIT

Goodbye, Columbus

La prima volta che la vidi, Brenda mi chiese di tenerle gli occhiali. Poi avanzò fino all'orlo del trampolino e guardò confusamente la piscina; fosse stata asciutta, miope com'era, non se ne sarebbe accorta.

La conversione degli ebrei

– Tu sei proprio bravo ad aprire bocca nel momento sbagliato, – disse Itzie. – Perché apri sempre la bocca quando non dovresti?
– Non l'ho mica tirato in ballo io, Itz, non sono stato io, – disse Ozzie. 

– Che te ne importa di Gesù Cristo, in ogni modo?

Difensore della fede

Nel maggio 1945, solo qualche settimana dopo la fine dei combattimenti in Europa, mi rimandarono negli Stati Uniti, dove passai il resto della guerra con una compagnia di addestramento a Camp Crowder, nel Missouri.

Epstein

Michael, l'ospite del weekend, avrebbe passato la notte in uno dei letti gemelli nella vecchia camera di Herbie, dove le fotografie del baseball erano ancora attaccate al muro. 

Non si può giudicare un uomo

Fu al primo corso delle scuole secondarie superiori chiamato «Occupazioni» che, quindici anni fa, incontrai per la prima volta l'ex carcerato Alberto Pelagutti.

Eli, il fanatico

Leo Tzuref sbucò da dietro una colonna bianca per dare il benvenuto a Eli Peck. Eli fece un salto indietro, sorpreso: poi si strinsero la mano e Tzuref con un gesto lo invitò a entrare nella vecchia casa in rovina.

RECENSIONE

Il 22 Maggio 2018 è morto Philip Roth, autore che come saprà chi frequenta il blog da tempo, io amo particolarmente.

Quando il 23 mattina ho scoperto della sua morte ho deciso di rimandare le letture e gli impegni derogabili programmati per quel giorno per potermi dedicare a lui: è così che ho deciso di iniziare la lettura di Goodbye, Columbus.

Questa raccolta di racconti, la prima e l'ultima della sua carriera, mi attendeva nella mia libreria per essere letta: si tratta, in assoluto, della prima opera scritta e pubblicata da Philip Roth ed ero molto curiosa di vedere cosa sarebbe cambiato rispetto a quelle che ho letto fino ad ora.

Iniziamo con il dire che Goodbye, Columbus non è una semplice raccolta di racconti bensì un romanzo a cui sono stati aggiunti 5 racconti. Goodbye, Columbus (la storia, non la raccolta intera) è infatti lungo quanto altri romanzi di questo autore (125 pagine) e presenta al suo interno tutto ciò che io considero appartenente ad un romanzo. Non è, infatti, solo la lunghezza che distingue un racconto da un romanzo, ma anche il suo contenuto. Gli altri cinque racconti, invece, possono essere considerati tali e, proprio per questo mi hanno stupita particolarmente (di Roth, finora, avevo letto solamente romanzi!). Questa struttura particolare mi ha permesso di scoprire Roth in un suo nuovo lato, inaspettato ma molto gradito!

Partiamo con il presupposto che, se già è difficile recensire genericamente una raccolta di racconti, lo è ancora di più quando all'interno di un volume si possono trovare sia un romanzo che dei racconti. Io cercherò di non dilungarmi ma, in alcune occasioni, mi sarà necessario esplicitare le differenze che ho notato.

Partiamo dallo stile. Trattandosi di una prima opera avevo paura che lo stile di Roth fosse ancora acerbo; fino ad ora io ho letto solamente libri scritti e pubblicati più recentemente, ma ho compreso sin dalle prime righe che la sua scrittura è stata unica sin dall'inizio. In questo volume troviamo esercizi di stile meno coraggiosi di quelli che potremo incontrare in altre opere, ma l'impronta Rothiana nelle frasi è evidente, tutto ha importanza; non solo le parole usate ma anche la loro collocazione all'interno di una frase.

La conversazione non fu molto brillante; si mangiava forte, metodicamente e con impegno, e tanto sarebbe valso annotare quello che fu detto in un sol colpo, piuttosto che indicare le frasi, perdute nel passaggio del cibo tra i commensali, le parole gorgogliate a bocca piena, la sintassi smozzicata e dimenticata mentre la roba si ammucchiava nei piatti, si spargeva sulla tovaglia e veniva ingozzata.

La stessa rilevanza hanno le parole scelte nei dialoghi: riescono ad esprimere, senza troppe spiegazioni, gli argomenti sottesi e mai esplicitati totalmente. Questo accade specialmente in Goodbye, Columbus dove le paure del protagonista vengono spiegate ma, vengono comprese chiaramente solo grazie al modo in cui lui e Brenda interagiscono tra loro.

Un altro aspetto che non è cambiato affatto nelle opere di Roth è l'ironia. I suoi scritti sono sempre sagaci e divertenti, aspetto irrinunciabile per un'opera valida, perché in questo modo si esprimono concetti profondi ed importanti senza che ad essi vengono collegati noia, monotonia o pesantezza.

L'ambientazione è, invece, ciò che ho ritrovato meno. La maggior parte delle storie si aggira dalle parti di Newark, ma sebbene questa cittadina abbia un'importanza metaforica in Goodbye, Columbus, non percepiamo ancora la forte dicotomia tra amore del luogo in cui si è nati e cresciuti e odio per la prigione che ci ha, involontariamente, impedito di essere altro. In Roth questo aspetto si troverà maggiormente nelle opere che vedono Zuckerman come protagonista.

Tutti gli incipit che potete trovare nell'apposita sezione, riescono ad introdurre gli argomenti cardine della storia che andremo a leggere.
In Goodbye, Columbus è l'incontro con Brenda a cambiare totalmente la vita del protagonista.
In La conversione degli ebrei capiamo immediatamente che l'argomento religioso è ciò che incide davvero sull'andamento della trama.
In Difensore della fede l'ambientazione viene da subito chiarita, permettendo al lettore di entrare nella mentalità necessaria per capire il messaggio di quanto scritto nel racconti.
In Epstein si parla di quella che noi potremmo definire crisi di mezz'età, la consapevolezza di non essere più lui il giovane della casa, sconvolge il protagonista.
In Non si può giudicare un uomo tutto è incentrato su Pelagutti, ex carcerato su cui il narratore ancora, dopo molti anni, si ritrova a riflettere.
In Eli, il fanatico vengono immediatamente presentati due dei tre personaggi principali della vicenda, mostrando subito alcune delle loro peculiarità.

A parte la trama di Goodbye, Columbus, che ho trovata meno Rothiana e più standard (e forse proprio per questo più apprezzabile da più lettori), quelle dei cinque racconti sono tutte incentrate sull'ebraismo. I racconti mi hanno stupita per la loro completezza, non mi hanno fatto l'effetto (come spesso mi succede) di essere romanzi mancati: riescono a inviare il loro messaggio proprio grazie al loro essere concisi e diretti. Sinceramente non pensavo che Roth, autore solitamente poco conciso, potesse essere altrettanto efficace in un racconto, invece dimostra ancora una volta la sua dimestichezza con le parole, riuscendo ad utilizzarle nel modo migliore per poter giungere al proprio scopo.

I finali sono conclusivi, anche se non completamente. Già in quest'opera mostra la sua propensione a lasciare immaginare al lettore eventuali conseguenze non specificate totalmente nel testo. Rispetto alle opere più recenti, in realtà, questo aspetto è meno estremizzato e, per me, ancora più apprezzabile.

Per quanto alcuni racconti siano veramente molto brevi, l'autore è riuscito ad inserire al loro interno personaggi talmente carismatici e bene introdotti da permettere al lettore di immedesimarsi in loro in brevissimo tempo. Per quanto io ancora fatichi a non immaginare un Nathan Zuckerman (l'alter ego letterario di Roth in moltissime sue opere) come protagonista di ogni vicenda, mi è stato inevitabile, dopo pochissime frasi, immaginare l'aspetto e soprattutto il carattere di ognuno di loro. 

La vita, per la povera zia Gladys, era tutta un buttar via, la sua gioia più grande consisteva nel portar fuori la spazzatura, vuotare la dispensa e confezionare miseri cartocci per quelli che ancora chiamava i «poveri ebrei» della Palestina.

Questa semplicità nel visualizzare i protagonisti della vicenda permette al lettore di sentire chiaramente l'atmosfera: entriamo nelle loro menti e ci sentiamo arrabbiati, indignati, disperatamente innamorati e nostalgici quanto loro.

La cura, come sempre per questo editore, è ottima. Non ho letto il testo originale ma penso che il traduttore sia riuscito a rendere pienamente alcuni concetti non così semplici da spiegare in una lingua diversa dall'originale.

In conclusione, questo primo libro di Roth mi ha mostrato diverse parti di lui che ancora non conoscevo: la sua parte più romantica (sebbene non sdolcinata e sempre credibile) e la sua enorme capacità di discernere tra ciò che serve in un racconto, rispetto a ciò che bisogna inserire in un buon romanzo.

Lo consiglio a tutti e penso che, proprio perché si tratta di una prima opera, sia perfetto per iniziare la conoscenza di questo grandissimo autore, per poi approcciarsi ai suoi più grandi romanzi solamente dopo averlo capito e avere nella mente un quadro generale su di lui, utile a comprendere ogni diverso risvolto preso durante la sua lunga carriera letteraria.

Se desiderate iniziare a leggere Roth ma volete scegliere il libro a seconda delle sue caratteristiche vi segnalo il mio articolo Goodbye, Philip Roth dove potrete trovare tante indicazioni e consigli che potrebbero fare al caso vostro!

CURIOSITÀ

Goodbye Columbus fino al 5 Giugno 2018 è disponibile nell'offerta Amazon 7€ con oltre 200.000 titoli.

CITAZIONI

Goodbye, Columbus

Non c'è nulla che lo spieghi oltre il fatto che mia zia non ha tutti i venerdì.

Eravamo in piedi sul campo, delimitato da righe bianche da ogni lato. Tra i cespugli in fondo al campo le lucciole tracciavano degli otto nell'aria profumata di biancospino e poi, quando la notte calò improvvisamente su di noi, le foglie degli alberi brillarono per un istante, come se fosse appena piovuto.

In realtà non avevamo i sentimenti che dicevamo di avere prima di riuscire ad esprimerli: io, per lo meno; enunciarli era inventarli e possederli.

Potevo solo pregare che arrivassero le nostre notti e le nostre mattine, e in effetti arrivarono abbastanza presto.

La conversione degli ebrei

Di regola, cinquanta o cinquantacinque anni, corrispondono precisamente l'età di un tardo pomeriggio di Novembre, perché è in questo mese, e durante queste ore, che la percezione della luce non sembra più una proprietà della vista, ma dell'udito: la luce comincia a svanire con un ticchettio.

Non dovreste picchiarmi per Dio, mamma. Non si dovrebbe mai picchiare nessuno per Dio...

Difensore della fede

Mi guardò con quegli occhi screziati e luccicanti, e poi fece un gesto con la mano. Un gesto da nulla - non più di un movimento del polso avanti e indietro - che però riuscì ad escludere dalla nostra conversazione tutto il resto della fureria, facendo di noi due il centro del mondo. Un gesto che, anzi, escludeva tutto anche di noi, tranne il cuore.

– Perché sono ebreo, sergente. Io sono diverso. Migliore, forse no. Ma diverso

Epstein

Il mondo intero, pensò, i giovani di tutto il mondo, quelli brutti e quelli belli, quelli grassi e quelli magri, che aprivano e chiudevano cerniere!

Non si può giudicare un uomo

Laddove Albie era un ippopotamo, un bue, Duke era un rettile. E io? Non so; è facile riconoscere l'animale dei propri simili.

Eli, il fanatico

Era come se avesse un nervo scoperto al posto della coda, e continuavano a pestarglielo.

Però, se un uomo aveva scelto di essere ostinato, non poteva pretendere di sopravvivere. Il mondo è un dare e avere.

QUARTA DI COPERTINA

Pubblicato per la prima volta nel 1959, "Goodbye, Columbus" è la storia di Neil Klugman e della bella e determinata Brenda Patimkin. Lui vive in un quartiere povero di Newark, lei nel lussuoso sobborgo di Short Hills, e si incontrano durante una vacanza estiva, tuffandosi in una relazione che ha a che fare tanto con l'amore quanto con la differenza sociale e il sospetto. Questo romanzo breve è accompagnato da cinque racconti, il cui tono va dall'iconoclasta al sorprendentemente tenero.

PRO / INDIFFERENTE / CONTRO
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