Me la sono andata a cercare

Di Tommy Dibari

Cairo

142 pagine

7/10

Consigliato: Sì

Contemporaneo

Biografia/Autobiografia/Memoir

Italiano

TRAMA IN BREVE

Un memoir di Tommy Dibari che ci racconta alcune esperienze vissute in prima persona.
Lezioni di scrittura creativa fondate sulla realtà e la speranza, creando un connubio di concretezza e fantasia che coinvolge il lettore.

DEDICA

A mia figlia e a mia moglie,

onda e risacca

INCIPIT

Da qualche parte ho letto che il motivo per cui a Manhattan, la domenica mattina, la gente si rivolge al pronto soccorso è per le ferite che si procura tagliando il pane.

RECENSIONE

Me la sono andata a cercare è il primo libro di Tommy Dibari che leggo. 

Possiamo considerare questo volume come un memoir: l'autore ci racconta scene slegate tra loro ma accomunate dalla medesima passione: quella per la scrittura. La trama si può, dunque, condensare in: esperienze vissute dall'autore nelle sue lezioni di scrittura creativa.
Questo però non riesce a contenere tutto ciò che potrete trovare nel libro, che esprime non tanto nella storia, bensì nel suo contorno, il proprio punto di forza.

A parte i due primi capitoli, che potremmo considerare introduttivi per il resto della narrazione, il libro contiene sempre la medesima struttura: 1. Narrazione della vicenda 2. Com'è andata a finire 3. Lettera a qualcuno o qualcosa di astratto legato ai fatti narrati. 

Il libro inizia a Barletta ma poi si estende in molte altre città, in generale possiamo affermare che il focus sia la Puglia. I luoghi descritti da Dibari sono molto diversi tra loro ma tutti particolari e fortemente rilevanti per il loro ruolo: una scuola, un carcere, un ricovero per anziani, un Centro di Salute Mentale. Le descrizioni si soffermano molto più su questi ambienti che sulla città, che viene presa in considerazione ma che non influisce grandemente su quanto viene descritto. Dibari è molto bravo a descrivere ciò che ha visto con un misto di poesia e concretezza: riusciamo a visualizzare perfettamente ciò che ci racconta e anche a farci coinvolgere dalle emozioni provate da lui stesso. Un ambientazione che ricopre, perciò, un ruolo più emozionale che dettagliato, particolarmente adatto allo stile di questo libro che dà al significato profondo di ogni gesto e scenario, l'assoluta priorità.

Lo stile dell'autore è perfettamente collegato al genere che scrive: scorrevole ma significativo e, soprattutto, molto personale. È principalmente grazie ad esso che il ritmo di lettura scorre veloce e senza intoppi: rende la lettura di ogni scena, anche quelle dal contenuto più difficile da digerire, fresca e leggera.

Trattandosi di storie vissute realmente dall'autore, è inevitabile che al centro di tutto ci sia lui. Per quanto si tratti di una persona intenta ad osservare e ad aiutare gli altri, la sua forte personalità lo rende il punto focale di tutte le vicende, com'è giusto che succeda in un libro fortemente autobiografico. Il protagonista è, perciò, quanto di più importante ed evidente, nonostante il suo comportamento non faccia affatto percepire egocentrismo al lettore.

Per lo stesso motivo nonostante gli altri personaggi siano ben descritti (chi più e chi meno perché, com'è inevitabile, non tutti hanno avuto la stessa rilevanza nella storia) continuano a darci la sensazione di essere capiti solamente nella parte che possiamo vedere. Nonostante questo, però, troviamo introspezioni che ci colpiscono e che ci rimarranno in mente a lungo.

Legato a questo, troviamo un bivio anche per quanto riguarda l'atmosfera. Percepiamo perfettamente i sentimenti provati dall'autore, che riesce a trasmetterli anche a noi con grande maestria, ma non entriamo allo stesso modo nelle menti di coloro che, effettivamente vivono il problema che ci viene raccontato.

Sin dall'incipit comprendiamo ciò che stiamo accingendoci a leggere, anche se è proprio l'introduzione ad essere la più personale perché ci racconta del momento in cui Dibari ha dichiarato al padre di voler diventare uno scrittore e, soprattuto, narra della sua vita e della difficoltà di trovare lavoro. Si percepisce sin dalle prime righe che la lettura sarà scorrevole e piacevole e gli avvenimenti più toccanti verranno introdotti solamente nei capitoli successivi.

Il finale, come ci si può aspettare da un qualsiasi memoir, non è una vera conclusione: l'autore ci ha raccontato semplicemente spezzoni importanti della propria vita. Avrei forse preferito un ulteriore capitolo in cui, in un certo senso, l'autore potesse tirare le somme di quanto raccontato, ma non metto in dubbio che Dibari potrà metterci al corrente di molte altre storie e, forse, il momento di "chiusura" non era ancora arrivato per lui.

In conclusione, si tratta di un libro fresco ed interessante che dona, nella sua semplicità, ottimi spunti di riflessione su tematiche importanti.

Lo consiglio.

CITAZIONI

Mi piaceva girovagare tra i cinema vuoti e il lungomare di ponente. Mi innamoravo di tutto.

Quel giorno il pomeriggio possedeva il fascino del silenzio, un silenzio convalescente, letargico.

Qualcuno però sogghignò creando una reazione a catena, un contagio immediato. Ancora adesso non so perché, ma tutti, proprio tutti, quel giorno scoppiarono in quella fragorosa risata. Ciò che posso dire, invece, è che forse quei ragazzi si erano semplicemente concessi un istante di piccola gioia, da cui ogni cosa ebbe inizio.

«La scrittura creativa» dissi con passione «Parte dalle vostre rabbie, ragazzi, dalle vostre segrete timidezze, dai ricordi sbucciati male.»

Me ne stetti tramortito sopra il divano con l'impressione che insegnare fosse la sola cosa che volevo fare e mi addormentai con un pensiero tra le dita: quando gli adolescenti si aprono, ti regalano il loro giardino segreto, un giardino che ai tuoi occhi può sembrare irreale e per questo, a loro, assolutamente possibile.

Le cose stavano procedendo secondo un equilibrio apparentemente sereno, ma dentro di me sentivo grattare qualcosa che doveva produrre un passo in avanti. E quel qualcosa arrivò come un disequilibrio prima che fossimo capaci di generare nuova stabilità nel mezzo del corso.

Se esiste un inferno dei viventi dove l'odore di brodaglia penetra i pori della tua pelle sino a diventare il tuo stesso sudore, dove un cielo di piombo si fa condizione inestirpabile della tua psiche e dove la nausea è un conato senza liberazione, allora benvenuti in carcere.

Non era semplicemente un muro, una parete o una delimitazione. Era "il muro" che segnava il perimetro della struttura, il confine tra il brutto e il bello, tra una determinata cosa e l'altra, tra l'urbano e il non luogo. Era il limite, lo scarto tra civiltà e ciò che ne era escluso.

In qualche modo mi resi conto, quel giorno, di aver tolto le bende e consegnato a quella storia, fatta di provvidenza e necessità, me stesso.

Ho sempre odiato quelli che vanno avanti senza fermarsi, sicuri e tronfi del loro potere manipolatorio.

Masticai pezzetti di nostalgia e salii sul treno che mi riportò tra polvere e frinire di cicale a casa.

QUARTA DI COPERTINA

Quando Tommy trova il coraggio di dire a suo padre che vorrebbe diventare scrittore e chissà, magari, insegnare ad altri l'amore per la scrittura, si sente rispondere un laconico: «Tipasserà!». Manco fosse una malattia esantematica. Inizia da qui, in una Barletta bellissima e pettegola, il lungo cammino di un ragazzo verso la realizzazione del sogno di una vita. Sì, perché a Tommy, nel frattempo diventato uomo, la malattia non passa, anzi si aggrava, e lo spinge a inondare di richieste le scuole della sua regione. Finché un giorno, finalmente, il suo telefono squilla e lui si ritrova davanti a una classe di adolescenti, la prima di tante. Sa come provocarli, i ragazzi, come spiazzarli costringendoli ad aprirsi, abituati come sono a una scuola sempre più simile a un ospedale che respinge i malati e cura i sani. La scrittura creativa gli apre anche la porta verso mondi abitati da un'umanità fragile: il carcere, un centro di salute mentale, un ricovero per anziani, dove Tommy frequenta la sua personale scuola di vita. Incontra Pino, detto Pinuccia, che coltiva aspirazioni da vamp imprigionato in un corpo maschile, Peppe il bambino che vuole essere uno squalo, Gino che parla della morte in cambio di una caramella al limone e poi Michele, Pierluigi, Domenico, Carmine e Matteo che combattono i loro demoni con un rap: volti che non dimenticherà più, voci che lo accompagneranno per sempre.

PRO / INDIFFERENTE / CONTRO
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