Proprietà privata è un libro del 2019 di Julia Deck che è stato portato in Italia quest’anno grazie a Prehistorica Editore.
Apprezzato dalla critica per lo stile particolare - la narrazione è in seconda persona e si rivolge a un personaggio coinvolto all’interno del testo - e per la sua satira, è un libro arguto e piacevole che dà la possibilità al lettore di leggerlo con la profondità che desidera.
Uccidere il gatto sarebbe stato un errore, in generale e in particolare. L’ho pensato quando mi hai spiegato cosa intendevi fare del cadavere. Era aprile, ci eravamo trasferiti da sei mesi. Le case appena costruite risplendevano sotto il sole umido di rugiada, i pannelli solari scintillavano sui tetti e il prato cresceva fitto ai due lati della nostra strada chiusa.
Proprietà privata è un romanzo diverso dagli altri e, per capirlo, basta leggere l’incipit del libro.
Lo stile del libro, seppur semplice e incisivo, si contraddistingue per l’utilizzo della seconda persona. La narratrice, che corrisponde alla protagonista del romanzo, si rivolge al proprio marito, riportandogli gli accadimenti degli ultimi mesi, per riuscire a fare un punto della situazione di ciò che è successo e di come tutto possa essere degenerato fino al punto in cui ha deciso di scrivergli.
L’immagine dell’uccisione del gatto ha una doppia funzione:
Nella descrizione successiva viene immediatamente introdotto l’elemento dei pannelli solari che mostra al lettore un punto focale della successiva lettura: i personaggi infatti vivono in un eco-quartiere e sarà proprio lui ad essere il simbolo delle contraddizioni narrate all’interno del testo.
Perché non si trattava semplicemente di uccidere il gatto. Ma di decretare il nostro trionfo, il nostro accesso alla proprietà privata.
Il titolo del libro compare quasi immediatamente nel testo e aiuta il lettore a comprendere la chiave di lettura del libro: ciò che agognano i protagonisti è la loro proprietà privata, arrivare cioè al possedimento del simbolo per eccellenza di aver “costruito” una famiglia e di stare compiendo al meglio il proprio ruolo di persone adulte e responsabili.
Le priorità dei personaggi sono chiare da subito e ci fanno capire che quella che leggeremo è una satira sociale che gioca sui bisogni dell’individuo (la proprietà privata) mettendole in ridicolo (abbinare lo status quo da raggiungere all’uccisione del gatto sottolinea la primordialità del bisogno e gli toglie solennità).
Era un invito parigino, sincero sul momento ma formulato senza il minimo riferimento temporale, in modo da far capire all’interlocutore che non si concretizzerà mai. Cécile, però, era di Seine-et-Marne. Per lei un invito era un invito.
Sono numerose, nel romanzo, le scene in cui si capisce come la narratrice non riesca a comprendere e a farsi comprendere dalle altre persone coinvolte nella storia. Nonostante i suoi tentativi ripetuti di avere dei bei rapporti con loro, più si va avanti nella lettura più si percepisce il suo senso di alienazione rispetto alla realtà che la circonda e che le fa comprendere quanto ciò che sognava fosse idealistico.
Volevo provare dolore. Almeno avrei saputo perché stavo soffrendo.
Per quanto la personalità della narratrice e le sue azioni possano essere lontane dal pensiero del lettore e giudicabili, ciò che prova è evidente e talmente potente che, pur vedendola compiere qualcosa di assurdo, riusciamo a comprendere il perché lo sta facendo. Non diventiamo lei, ma trasliamo ciò che prova in situazioni analoghe della nostra vita e le riportiamo alla mente per poter ammettere che, anche se ce ne vergogniamo, anche noi quando subiamo tanto emotivamente e psicologicamente ci comportiamo (o potremmo comportarci) in maniera irrazionale.