Sicuramente il giorno delle nozze li avevano chiamati "ragazzo d'oro" e "ragazza di smeraldo", invidiabili per la loro bellezza ben assortita.
Esce oggi, giovedì 6 giugno 2019, Ragazzo d'oro, ragazza di smeraldo di Yiyun Li. Raccolta di racconti portata in Italia da NN Editore, di un'autrice cinese che, emigrata negli Stati Uniti, ha cominciato a scrivere solamente dopo aver adottato come propria la lingua inglese.
Già nel memoir/diario letterario Caro amico (dalla mia vita scrivo a te nella tua) ho avuto l'opportunità di conoscere questa scrittrice e di apprezzarne ogni singolarità.
Quella che salta maggiormente all'occhio e che è principale oggetto di critica o di commenti, è l'estrema semplicità della prosa, di cui vi ho già parlato nella precedente recensione e di cui, oggi, voglio ampliare il concetto.
Cos'è la semplicità? Per me, e lo dico in particolare grazie alla lettura di questo volume, è un concetto che si tende a sottovalutare, qualcosa che paradossalmente può confondere e portare a delle conclusioni affrettate ed erronee e, soprattutto, è una scelta difficile.
Ogni parte di questa raccolta di racconti, ogni suo aspetto ed elemento è, in qualche modo, collegabile a questa parola e ad almeno una sua sfumatura (perché è la semplicità, certo, eppure com'è complesso renderla adeguatamente!) e, dunque, oggi ho deciso di fare una recensione un po' atipica che, spero, potrà rendere al meglio l'anima di questa antologia.
Tornando all'inizio del discorso: lo stile. La scrittura di Yiyun Li è semplice; frasi non troppo lunghe, punteggiatura minimale, concetti apparentemente esplicati nella loro totalità. C'è chi dice che, non essendo la lingua madre dell'autrice, la sua prosa rispecchi la sua poca dimestichezza con la stessa. Eppure i concetti espressi con queste semplici parole sono tra i più complicati da rendere, e riuscirci con così poche parole e arzigogoli letterari pressoché assenti (di flashback il testo è ricco, ma nascono più per esprimere un flusso di pensieri che per colpire il lettore) denota, per una prolissa come me, una grande consapevolezza. Sul retro del volume troverete un un commento del The Observer che paragona l'impatto di queste storie a quello di Carver e Murakami, ma per questo aspetto mi sento di aggiungere un nuovo nome: Agota Kristof. Altra grande scrittrice, tra l'altro, che scriveva nella nuova lingua acquisita e non in quella madre.
Era fortunata, sì, confermava lei, senza figli che le spezzassero la schiena e senza un marito che le spezzasse il cuore.
Semplicità, spesso, è usato come sinonimo di banalità e/o di superficialità e, così, si rischiano gravi incomprensioni. Ad esempio, le trame di questi nove racconti possono essere considerate semplici e lineari: è facile comprendere il pregresso (esaurientemente spiegato in quasi tutti gli incipit), l'evoluzione e, forse, solo i finali possono non aderire completamente a quello che potremmo aspettarci, perché più che concludere la storia ce ne privano, dimostrandoci di averci già dato il necessario. Questi racconti non sono soprannaturali, magici, surreali e raccontano fatti che si possono ricollegare al quotidiano di ognuno di noi: amore, amicizia, famiglia... ma, proprio questo, si allontano grandemente dalla ovvietà. Infatti, le storie rappresentate in questo libro, sono esattamente quelle che non racconteremmo mai o, perlomeno, rappresentano il modo in cui non le esporremmo mai al prossimo.
Vi è mai capitato qualcosa di apparentemente poco rilevante ma che, dentro di voi, ha avuto un impatto tale da rendervi necessario il raccontarlo a qualcuno? Il problema di questi accadimenti è che, appunto, sono raramente interessanti anche per chi ci sta intorno; bisogna fare qualcosa per attirare l'attenzione dell'ascoltatore e fargli capire che quello che state raccontando, anche se apparentemente normale, è stato importante per voi. Solitamente per farlo si usano iperboli, frasi ad hocche cercano di aumentare la suspense ("non crederai mai cosa mi è successo oggi") e, alla fine, si rischia di snaturare la genuinità che voi stessi avete percepito. La semplicità, infatti, non è una scelta facile e noi per le nostre storie difficilmente non la contraffacciamo in qualche modo. Yiyun Li, invece, colpisce per il contrario. L'apparente leggerezza con cui pensano i suoi personaggi non ci fa scattare alcun campanello d'allarme; li leggiamo e, se non desideriamo entrare in connessione con l'autrice, potremo andare oltre e ignorare quel lieve pizzicore che ci indica che, pure, qualcosa di strano c'è. Se, invece, asseconderemo il nostro intuito, ci troveremo davanti ad affermazioni toste, pesanti, talvolta anche difficili da accettare ma che, sappiamo, corrispondono ad una realtà, a pensieri che dentro di noi possono esistere e che forse non ci renderebbero fieri, ma tanto li sappiamo solo noi e nelle nostre storie non li metteremmo mai, perciò perché preoccuparsi?
Mi piace pensare che sia andata così, perché dovete sapere che per una donna sola è difficile non inventarsi una trama che le permetta di ritenersi anche solo un pochino speciale.
Semplicità significa anche pensare che un comportamento e la sua conseguenza siano qualcosa di dominio pubblico, di facile comprensione e valutazione. Talvolta accadono cose di cui noi veniamo a conoscenza e che, immediatamente, giudichiamo. Non c'è spazio per incomprensioni, A ha fatto l'azione X? È condannabile. Punto. E così, quando leggiamo un romanzo o una raccolta di racconti che, attraverso un'intricatissima trama, vuole giungere ad una conclusione morale noi, arrivatici, possiamo pensare: complesso, ma ho capito ed imparato qualcosa. In questi racconti, invece, c'è il mondo reale, quello che noi viviamo ogni giorno e che, ammettiamolo, non comprenderemo mai pienamente. Una madre che vende la figlia? Un ragazzo che uccide la fidanzata? Una ragazza che compra preservativi al di fuori del matrimonio? Una donna che non va al funerale di una delle donne più importanti della sua vita? Facile comprendere cosa c'è dietro. E, invece, Yiyun Li mostra con i suoi racconti lo stesso concetto che ci ha fatto conoscere anche il nostro amatissimo Pirandello: non si possono giudicare i comportamenti delle persone senza conoscere i loro perché e, anche dopo averli saputi, non si potrà dire di averli capiti o sentiti. I personaggi di questo libro non sono degli eroi; alcuni sono migliori, altri peggiori, nessuno di loro è semplice da valutare oggettivamente. L'autrice ce li fa conoscere per quello che sono realmente e non cerca in alcun modo di farceli perdonare o condannare, lei mostra, noi vediamo e, forse per una volta, non giudichiamo.
«Siamo quel tipo di uomini che non scalcerebbero né dimenerebbero le braccia se qualcuno cercasse di strangolarli a morte. La maggior parte delle persone ci riterrebbe colpevoli se non ci difendessimo. Qualcuno ci considererebbe pazzi o stupidi. Pochissimi forse ci reputerebbero uomini con una dignità. Ma solo lei e io sapremmo che avrebbero tutti torto, non è così?»
Ultimo aspetto che voglio rimarcare perché penso possa fare la differenza per comprendere il perché questo volume potrà arricchirvi, è la sua ambientazione. Così come potrete leggere nella sinossi, tutti i racconti sono ambientati nella Cina contemporanea (molti sono legati anche all'esistenza negli Stati Uniti) e possono servire a chi, come me, sa ben poco degli usi, costumi, proverbi e leggi cinesi e per conoscere qualcosa di inedito su un mondo così diverso dal nostro. I racconti sono scritti da chi più di tutti conosce questi aspetti e riesce anche a vedere le differenze con quelli occidentali e, proprio per questo, vengono spesso rimarcati o, comunque, resi visibili. D'altro canto, però, Yiyun Li riesce a farci dimenticare l'ambientazione quando lo desidera, rendendo semplice il paragonare ciò che stiamo leggendo a ciò che viviamo ogni giorno. Riusciamo, dunque, ad ottenere due emozioni completamente differenti dal medesimo testo: la scoperta del nuovo e il sentirsi a casa, capiti e completamente capaci di comprendere.
In conclusione, ritengo che questa raccolta di racconti sia adatta ad ogni tipo di lettore. Lo stile di scrittura semplice (ma non facile) dell'autrice potrà farvi leggere questi racconti alla velocità che preferirete e non vi creerà alcun tipo di problema di comprensione o concentrazione. I finali, non eclatanti e talvolta inaspettati (non nel contenuto, ma proprio nel fatto che la storia possa finire lì) potranno indispettirvi (e, qui, capisco particolarmente il paragone con Carver!). Quello che leggerete nasconderà al suo interno un tesoro prezioso; vi parlerà di chi siamo, di come siamo, vi svelerà verità anche scomode da credere, ma riuscirà a non ferirvi.
Lo consiglio a tutti per il contenuto e per la sua forma. Ormai lo leggete in ogni mia recensione ma ci tengo a ribadirlo: NN cura i suoi volumi, nella grafica, nella correzione bozze, nell'editing e nella traduzione (la nota del traduttore, Eva Kampmann, è come sempre imperdibile). Da quanto ho evinto la struttura del libro è stata modificata: in questa versione italiana il racconto che dà il nome all'antologia è al primo posto anziché all'ultimo. Io ve li ho riportati sia nell'incipit che nelle citazioni in ordine di comparizione nell'edizione italiana.
Se tutti i racconti dell'antologia mi hanno lasciato qualcosa, quello che non dimenticherò mai e che mi ha colpita maggiormente è stato l'ultimo: Gentilezza. In particolare perché è l'unico raccontato in prima persona (oltretutto sospetto che sia anche maggiormente autobiografico, perché riporta una scena e alcuni concetti che si possono estrapolare anche dal memoir dell'autrice) e leggere un'espressione così sincera e verosimile di argomenti facilmente giudicabili e giudicati dai più, è stato forte e ben più coinvolgente, e a tratti sconvolgente, di un thriller.
Un libro semplice da leggere ma complicato da lasciare indietro.