Recensione

Ecco come vanno le cose in città. Ogni volta che credi di conoscere la risposta a una domanda scopri che la domanda non ha senso.

Nel paese delle ultime cose di Paul Auster è un romanzo distopico e postmoderno.

La trama racconta di un luogo, non meglio specificato né nella sua posizione geografica né nella sua esatta dimensione, in cui oggetti, persone e, conseguentemente, i ricordi a loro relativi, svaniscono nel nulla. Si tratta di un paese votato alla totale sopravvivenza dei propri cittadini, in cui cadaveri ed escrementi servono a creare l'energia necessaria alla vita, in cui anche solo avere un posto in cui vivere è un lusso per pochi.

Di questo luogo ci viene raccontato sotto forma di una lettera/diario. La protagonista, Anna, comincia a scriverlo moltissimi anni dopo essere approdata in quel luogo (allo scopo di ritrovare e riportare a casa qualcuno) e destina il suo scritto a una persona appartenente alla sua vecchia vita. Questa struttura è ben rispettata da Paul Auster e rende più credibile ed immediata la consapevolezza del lettore di stare leggendo qualcosa di verosimile anche per il proprio futuro.

Ti sto scrivendo perché tu non sai nulla. Perché sei tanto lontano da me e non sai nulla.

Scopo dei romanzi distopici e postmoderni, infatti, è sempre quello di far riflettere il lettore sulle conseguenze di alcuni atteggiamenti che potrebbero portare alla distruzione e al decadimento del mondo da noi conosciuto. Tanti sono i messaggi inseriti in questo testo sia come metafora che in maniera più esplicita e altrettante le riflessioni che suscitano.

La pioggia non fa distinzioni. Prima o poi cade su tutti, e quando cade, tutti sono uguali. Nessuno è migliore, nessuno peggiore, tutti uguali e sempre gli stessi.

Il mondo in cui vive la protagonista è raccontato nella prima parte del testo. È descritto perfettamente sia nella sua estetica che nella mentalità delle persone. Manca totalmente, invece, qualunque delucidazione al riguardo del perché esso esista e del come si sia formato, e anche del perché sia l'unico luogo in cui ciò si verifica. Questo è coerente con la scelta strutturale: la persona a cui si rivolge la narratrice sa già dell'esistenza del luogo e non le servirebbe nessun antefatto al riguardo. L'ambientazione geografica è supportata da descrizioni, talvolta anche molto forti, che faccio anche percepire un'atmosfera di desolazione.

L'ambientazione temporale non è attenta, la protagonista non sta vivendo una vita normale, con giorni scanditi da un calendario appeso al muro e, inoltre, parla per buona parte del testo di eventi ormai molto lontani, dunque non stupisce che i riferimenti siano maggiormente relativi alle stagioni e al tempo atmosferico.

Fu l'inverno più duro di cui si abbia memoria – l'Inverno terribile, come tutti lo chiamarono, e persino ora che sono passati tanti anni, rimane ancora un evento cruciale nella storia della città, una linea divisoria tra un periodo e un altro.

Paul Auster è bravo a scrivere e lo dimostra anche in questo romanzo. Pur riuscendo a mantenere un ottimo equilibro con il necessario linguaggio colloquiale, si tratta pur sempre di una lettera di una persona che, di certo, non ha tempo né volontà di sperticarsi in arzigogoli letterari, riesce a mantenere uno stile ricco e preciso nella scelta delle parole. Conoscendo le sue capacità e, specialmente, la grande originalità della sua penna, però, ammetto che mi sarei aspettata qualcosa di ancora più folle e coerente con la questione fondamentale: la sparizione dei nomi degli oggetti anche dalla memoria.

Credimi. Lo so che talvolta divago allontanandomi dal punto in questione, ma se non trascrivo le cose così come mi accadono sento che le perderò per sempre.

I personaggi approfonditi sono quelli venuti maggiormente a contatto con Anna. Le loro personalità sono interessanti ma non costruite per spiccare e oscurare l'atmosfera cupa che avvolge la città. Nonostante questo ci sono personaggi ben distinguibili gli uni dagli altri che potranno rimanere impressi.

I finali di Paul Auster, fino ad ora, non mi hanno mai delusa. Qui troverete la giusta e credibile conclusione della storia, non sorprendente per chi ha già letto qualcosa del genere, ma la migliore possibile per mantenere la coerenza del testo.

In conclusione, Nel paese delle ultime cose di Paul Auster è un libro che racconta e dice tanto del genere umano e che utilizza un'enorme originalità nel farlo. Scritto bene, un'ottima trama e uno svolgimento interessante e credibile che si conclude con un finale altrettanto piacevole. L'unico difetto che ho trovato per questo volume è puramente soggettivo: è troppo poco. Avrei voluto sapere molto di più e conoscere più precisamente ogni evento passato, presente e futuro che è stato omesso. Ammetto anche che, probabilmente, una maggiore completezza avrebbe inficiato sulla credibilità della struttura (quando mai una superstite che si mette a scrivere una testimonianza riporta tutta la Storia completa e dettagliata?). Rimane comunque un ottimo libro, uno tra i migliori tra quelli letti dell'autore.

Lo consiglio a tutti. È una lettura che si può fare con due piani diversi perché la trama, già da sola, basta a renderlo appetibile. Se si vorrà però potrà dare tanto anche per riflessioni sull'ecologismo, sulla parola scritta e parlata, sul dare importanza a ciò che succede e non fare finta di niente, sul non dare nulla per scontato, prima che sia troppo tardi e, così, lascerà qualcosa di più.

Quando vivi in città impari a non dare nulla per scontato. Chiudi gli occhi per un attimo, ti giri a guardare qualcos'altro e la cosa che era dinnanzi a te è sparita all'improvviso. Niente dure, vedi, neppure i pensieri dentro di te. E non devi sprecare tempo a cercarli. Quando una cosa sparisce, finisce.