Recensione

Avevo pensato che mi avrebbe mantenuto sano di mente, finché la morte non venisse a separarmi. Una vera sciocchezza, perché se c'è una cosa da cui ci si deve tenere lontani, se si vuole restare sani di mente, è proprio la scrittura.

Era da molto tempo che volevo leggere La vera storia del pirata Long John Silver, da lettrice accanita de L'isola del tesoro volevo necessariamente scoprire cosa ne fosse stato di uno dei personaggi più interessati nati dalla penna di Robert Louis Stevenson.

Dopo la lettura, scambiando opinioni sui diversi social con chi aveva letto il romanzo, ho scoperto che molti di più di quanti avrei potuto immaginare non lo hanno apprezzato.

Fermo restando che ogni lettore ha il suo gusto e che, quindi, può perfettamente succedere che un libro stupendo per uno possa essere illeggibile per un altro, mi sono voluta informare sui perché questo romanzo non fosse piaciuto a tanti e, oggi con questa mia recensione, voglio non solo darvi la mia opinione e farvelo conoscere, ma anche dirvi cosa ne penso degli aspetti più attaccati del libro.

Ovviamente la mia è un'opinione soggettiva che non pretende affatto di ergersi a verità assoluta, è solamente un modo che ho per farvi conoscere il più possibile questa lettura ed essere più utile e completa possibile per voi, che solitamente apprezzate la mia prolissità; se ben motivata. Separerò la risposta alle critiche dalla recensione vera e propria, in modo tale da darvi l'opportunità di leggere solamente ciò che vi interessa di più.

La vera storia del pirata Long John Silver è un romanzo di Björn Larsson, un autore svedese di cui non ho letto ancora nessun'altra opera. Questo romanzo può essere considerato al contempo un prequel e un sequel di L'isola del tesoro di Stevenson perché al suo interno troviamo l'autobiografia, fittizia ovviamente, del pirata Long John Silver.

Risposta alle maggiori critiche fatte al libro

La prima critica che viene fatta all'autore è proprio relativa all'audacia della sua opera: si leggono commenti in cui si dice "non sei Stevenson, perciò come ti permetti di mettere mano ad un'opera così importante?". La risposta, per me piuttosto evidente, è che l'autore non aveva nessuna intenzione di mettersi a paragone o, tantomeno, di scimiottare l'operato di Stevenson; può essere considerato semmai un tributo, non diretto solamente allo scrittore dell'Isola del tesoro ma a tutti gli autori classici che hanno scritto storie di pirati, Defoe su tutti, come si deduce chiaramente dall'enorme conoscenza al riguardo, sfoggiata dall'autore nelle parole di Long John Silver.

Collegata a questa prima critica troviamo la seconda: "questo romanzo è noioso, non è come L'isola del tesoro, quello è molto meglio".

Björn Larssonnon voleva scrivere il seguito dell'Isola del tesoro, questo romanzo non ha niente a che vedere con quello. Si tratta dell'autobiografia scritta da un personaggio, ormai anziano, (57 anni nel 1742 non erano un'età da poco) che sente il bisogno di scrivere, per poter allontanare i fantasmi che, sempre più spesso, lo perseguitano. È piuttosto evidente che questa trama, pur procedendo a ritroso fino agli anni in cui il pirata era un giovincello, non possa avere la stessa carica che troviamo, invece, in un romanzo che, Stevenson ci dice, essere stato scritto da un ragazzo di giovane età e alle prime esperienze. Noi stessi a 50 e 20 anni racconteremmo la stessa identica cosa con un pathos completamente differente, perciò perché John Silver dovrebbe essere da meno?

La terza critica è legata al personaggio: "Questo non è Long John Silver, non ha la stessa verve, è spento, meno simpatico, ripetitivo". Qui le risposte sono due, entrambe valide per quanto mi riguarda.

Prima di tutto ciò che ho già detto; il protagonista in questo libro è anziano, tira le somme della sua vita e teme di aver sbagliato tutto, non è sconfitto perché è un uomo forte che ha sempre lottato, ma i fantasmi ci sono eccome, lui stesso ce lo dice e ce lo fa notare in alcuni comportamenti che non avrebbe mai avuto.

Inoltre, non dimentichiamoci che il John Silver di cui abbiamo sentito parlare noi è quello visto da Jim, il ragazzo protagonista dell'Isola del tesoro, che lo vede come una figura incredibilmente carismatica e ha una forte influenza per una giovane mente come lui. L'uomo che conosciamo in La vera storia, invece, si autoracconta e, per giunta, lo fa in un momento di autoanalisi, di difficoltà.. non vi sembra inevitabile che le due figure non si sovrappongano alla perfezione?

Ho divorato quel libro senza mai riuscire a smettere di leggere come non mi era mai capitato in vita mia, in preda a tutte le possibili emozioni che un uomo può provare. Ecco un altro John Silver, e in carne e ossa, senz'alcun dubbio. Un altro John Silver da amare o detestare, a seconda dei gusti. Un altro cadavere da gettare fuori bordo.

Quarta ed ultima critica fondamentale è quella della credibilità della storia: al termine della lettura era proprio ciò su cui avevo meno dubbi, ma poi mi sono state fatte notare cose che io avevo automaticamente scusato, se così vogliamo dire, perché le ho trovate naturalmente coerenti con il resto della narrazione.

Onde evitare grosse anticipazioni non specificherò quali sono le parti che vengono definite incoerenti con L'isola del tesoro o con altri aspetti esterni quali le opinioni di Defoe. Mi limito semplicemente a ribadire quanto detto sopra riguardo al protagonista.

La vera storia del pirata Long John Silver è l'autobiografia di Long John Silver. Un pirata. Un bugiardo. Un famoso e celebre fabulatore. Desta davvero tanta meraviglia che ciò che viene raccontato da lui sia differente in alcuni aspetti da quello che abbiamo letto da qualche altra parte? È forse poco credibile che un uomo che cerca di riscattarsi davanti alla società, anche se in memorie che potranno restare anche private, menta? Lui stesso sostiene più volte di sapere che l'unico modo che ha un uomo per cavarsela è mentire; perché dunque pretendere che, se messo alle strette dalla vita, lui che ha fatto della menzogna un'arte, cambierà radicalmente opinione e dirà tutta la verità? Tutto mi aspetterei da lui tranne la completa sincerità!

Io ho trovato la sua figura molto coerente e, per questo, molto credibile. L'autobiografia certamente può essere considerata come una "scusa" per aver scritto cose sbagliate, ma per me l'intento dell'autore non era quello di riportare fedelmente ciò che noi già conoscevamo e, sinceramente, penso che  la lettura ci abbia guadagnato di molto, in questo modo. Inoltre, è piuttosto evidente il lavoro di ricerca fatto dall'autore prima di scrivere questa storia, mi riuscirebbe davvero difficile pensare che le incoerenze siano dovute alla mancanza di conoscenza da parte sua.

«Ora lascia che il vecchio Silver ti dia un buon consiglio. Impara a raccontare storie. Impara a inventare e a mentire. Te la caverai sempre. Restar muto e non avere risposte è la cosa peggiore che possa capitare ad un uomo. Sempre che tu voglia diventare un uomo, si capisce. Altrimenti non importa.»