Recensione

Cloud Atlas di David Mitchell è un libro del 2004 da cui è stata tratta una trasposizione cinematografica nel 2012.

Accade di rado che io vada a vedere un film prima di leggere un libro ma, in quell'occasione, non ero a conoscenza dell'esistenza del romanzo e, così, sono andata. La mia impressione non è stata positiva quanto avrei voluto e, una volta scoperta l'esistenza del libro, mi sono ripromessa di dare una nuova possibilità ad entrambi.

Questo mese ho partecipato ad un Gruppo di Lettura basato su questo romanzo e così, finalmente ho rispettato la mia promessa.

La forza de L'Atlante delle Nuvole è la sua struttura. Suddiviso in sei storie diverse intrecciate tra loro, mostra le capacità immaginifiche e di enorme adattamento stilistico dell'autore. Ogni storia inizia e rimane a metà, fino a giungere alla sesta, l'unica raccontata interamente. Da quel momento in poi troviamo "a specchio" tutti i finali delle altre, cosicché la prima storia è l'ultima ad avere una conclusione.

Il collegamento che c'è tra di loro è stato definito labile e difficile da dedurre, ma io non concordo: se si legge il libro attentamente si nota bene come ognuna di esse sia collegata alla precedente. Questi legami sono interessanti ma anche forzati, non mi hanno convinta del tutto. Se non ci fossero stati, però, L'atlante delle nuvole sarebbe stata solamente una semplicissima raccolta di racconti, perdendo gran parte della sua potenza narrativa.

La struttura non colpisce solo per il suo aspetto organizzativo ma anche per come è stata messa in pratica: le sei storie non sono solamente differenti ma cambiano di genere (storico, avventura, contemporaneo, giallo, distopico e anche Post Apocalittico), di tipologia (epistola, diario, interrogatorio, romanzo, film e testimonianza), di ambientazione (sia spaziale che temporale) e, conseguentemente, di stile.

L'autora dimostra di riuscire a giocare con lo stile, riuscendo a rendere perfettamente ogni genere e tipologia narrativa nel migliore dei modi. Questa capacità è encomiabile e di difficile imitazione. Ciò che colpisce maggiormente è il gergo inventato o scelto dall'autore, sempre molto attinente all'epoca trattata.

Il panico ti mette le ali ai piedi, ma ti smerda la mente, così ho sconigliato fino a Pà. Oh, a nove anni che fai: segui l'istinto e non pensi.

Le ambientazioni sono tutte talmente diverse tra loro che sarebbe impossibile parlarne senza anticipare nulla. Mi limiterò a descriverle in generale. Sono tutte molto importanti per il corso della storia narrata al loro interno e organizzate in ordine cronologico: la prima è quella che descrive il passato più lontano, la sesta (l'unica scritta in un unico pezzo) è quella ambientata più avanti nel tempo.

Con questi aspetti si concludo quelli che per me sono i punti salienti del romanzo, quelli che lo rendono unico nel suo genere.

Il messaggio che collega queste sei storie al di là dei collegamenti sopracitati, se c'è, io non sono stata in grado di trovarlo. Ci sono alcuni elementi comuni, questo sì, ma non posso affermare di aver estrapolato qualcosa da questo romanzo che abbia un significato filosofico, metafisico o sociale. La mancanza (o difficoltà di comprensione dello stesso) sminuisce ciò che rende il libro unico e, quindi, valevole di lettura: la struttura.

Che senso aveva accumulare conoscenze, mi domandavo, se non potevo usarle per migliorare la mia esistenza?

L'atmosfera cambia molto di storia in storia, com'è inevitabile il lettore si troverà più coinvolto in alcune e meno in altre, a seconda della tipologia di struttura utilizzata (io ho un debole per il diario) e del genere (un futuro distopico mi attira di più di un passato quasi recente).

Non è così semplice, però, entrare nella storia prima che essa si concluda e questo per due motivi.

Il primo è il più oggettivo ed è collegato alla variabilità della narrazione: non tutti apprezzano l'idea di saltare da un genere all'altro, abbandonando la storia precedente e riuscire ad immedesimarsi in qualcosa di totalmente diverso da quello che si è letto in precedenza non è così semplice.

Il secondo è quello più soggettivo ma che, voglio credere, possa essere condiviso da altri e concerne lo stile (o forse la traduzione). È, infatti, vero che l'autore riesce a spaziare da un genere all'altro ma, personalmente, non sono riuscita a ritenerlo giusto in nessuna di esse. Ho apprezzato lo sforzo narrativo, ma l'ho anche notato, non ho mai avuto l'impressione che l'autore fosse sé stesso ma che cercasse in ogni modo di corrispondere all'etichetta che egli stesso si era dato. Entrare nell'atmosfera essendo costantemente conscia di stare leggendo un esercizio stilistico e letterario è stato per me impossibile.

Un libro letto a metà è una storia d'amore incompiuta.

Trattandosi di storie, ambientazioni, trame e generi diversi è inevitabile che anche i personaggi trattati siano dissimili tra loro. Paradossalmente avrei trovato il libro più significativo se, invece, si fosse dedotto il contrario, cioè che l'anima del primo di loro come una nuvola, si fosse spostata  da una storia all'altra. Ho anche pensato che l'idea di fondo volesse essere questa, ma non sono riuscita a trovare elementi in comune sufficienti a supportare questa mia tesi. Ho avuto l'impressione di conoscere alcuni di loro meglio di altri (probabilmente anche a causa delle diverse strutture scelte per ogni racconto), ma non sono veramente mai entrata nella mentalità di uno di loro.

Ho scelto di inserire solamente l'incipit vero e proprio perché questo volume è da leggere come se fosse un romanzo e non una raccolta di racconti. Da questo inizio si può comprendere perciò lo stile utilizzato nella prima storia: più desueto e lento di altri che verranno utilizzati successivamente (ma sicuramente non il più difficile in quanto a comprensione!).