Recensione

So che è impossibile, ma mi viene da pensare... siamo davvero gli unici abitanti di questo posto? Siamo davvero soli?

Il faro è l'ultimo romanzo di Filippo Semplici, autore di cui ho letto e apprezzato il suo precedente libro: Ti guarderò morire.

Si tratta diun'opera breve, solamente 108 pagine, ma particolarmente intensa. Al suo interno gli amanti della Letteratura dell'orrore troveranno moltissimi riferimenti a loro cari e un'atmosfera molto vicina a quella provata con i grandi classici come Lovecraft, autore con un ruolo rilevante nelle vicende narrate. Filippo Semplici mi ha già dimostrato di saper scrivere e di avere una propria voce, in questo romanzo mi sarei aspettata di trovare un po' di più di quest'ultima che, invece, ritengo si sia un po' persa tra tutti i graditissimi tributi che hanno svolto, così, sia il ruolo di maggior pregio che di evidente limitazione in quest'opera dalle ottime potenzialità.

La storia è ambientata su un'isola deserta che viene geograficamente collocata dall'autore nell'Oceano Pacifico. Le descrizioni sono dettagliate ma mai pedanti: non viene lasciato spazio al caso. L'isola è descritta in ogni suo meandro e si permette al lettore di visualizzarla con facilità.

Si avverte la cura con cui Semplici ha creato l'immagine del luogo in cui svolgere la vicenda: la conformazione dell'isola è chiara e viene descritta con il giusto equilibrio tra informazioni e dinamica, necessario a far visualizzare lo scenario al lettore senza, però, rischiare di annoiarlo.

Si tratta senza dubbio di un'ambientazione già vista che, però, mantiene inalterato il suo fascino.

Anche temporalmente Semplici è stato attento e preciso: all'inizio di ogni capitolo scopriamo la data in cui il protagonista sta scrivendoci ciò che è successo, le date di apertura e chiusura sono il 31 Agosto 2015 e il 3 Ottobre del medesimo anno.

Il faro è diventato un segnale nel buio anche per me, qualcosa a cui mi aggrappo con tutte le forze, per orientarmi in questo oceano di tenebra che è la mia mente.

La struttura utilizza dall'autore è quella del diario. Scelta che occhieggia a classici come Dracula e che, personalmente, apprezzo più di ogni altra, specie in una storia horror: grazie ad essa mi è molto più semplice immedesimarmi nel protagonista.

Questa scelta strutturale ha, però, anche un aspetto negativo: è difficile mantenere un alto livello di credibilità e allo stesso tempo creare il giusto pathos: un personaggio che cammina con carta e penna in mano in un momento di grande pericolo, difficilmente potrà essere credibile quanto uno che, invece, impiega le sue energie a scappare o a combattere. Ci sono state alcune scene in cui la mia attenzione è stata distolta dalla storia perché, secondo la mia personale opinione, la struttura non collimava con quanto raccontato.

L'incipit ci fa capire cosa ci aspetta: una persona che accetta un'offerta nella speranza di poter trovare il meritato riscatto. Ovviamente trattandosi di un horror ci è chiaro sin dalla prima riga che quanto detto non potrà essere completamente vero, la storia altrimenti sarebbe terminata ancora prima di cominciare. Si avverte sin da subito un senso di ineluttabilità, anch'esso tipico della letteratura del genere.

L'idea della storia mi è piaciuta molto e mi sono apprestata a leggerla con molto piacere: una famiglia accetta un incarico lavorativo molto speciale, vivere su un'isola deserta per sei mesi in cambio di un lauto compenso. Il rimando alla trama iniziale di Shining mi è parso piuttosto evidente, specialmente una volta conosciuta la conformazione dei ruoli della famiglia (marito con un passato turbolento e un figlio molto speciale) ma nel proseguo l'autore se ne è discostato, creando la propria dinamica.

Lo svolgimento è classico; i riferimenti sono molteplici e particolarmente rilevanti e l'aumento di pathos corrisponde esattamente a ciò che ci aspettavamo da una storia di questo genere. Sono pochi gli aspetti che si discostano da quello che potremmo aspettarci, più orientate verso la contemporaneità, uno degli elementi che ho maggiormente denotato è l'aspetto rilevante del sesso, probabilmente più realistico ma non imprescindibile, per i miei gusti, in un buon romanzo.

Il finale è a sua volta piacevole ma non sorprendente; è facile immaginarsi che termini così e non se ne rimane delusi. Avevo aspettative alte perché nell'opera precedente dell'autore ero rimasta colpita soprattutto dalla conclusione e pensavo che ci sarebbe stato qualcosa in più che mi avrebbe definitivamente lasciata a bocca aperta, ma anche così la storia è gradevole.

L'atmosfera è ottimamente resa: Filippo Semplici sa su quali corde fare presa per poter inquietare il lettore ed indurlo a provare una sensazione di angoscia e preoccupazione sempre più elevata. Nonostante non sia stata stupita dagli avvenimenti li ho letti con grande piacere, proprio grazie alla capacità dell'autore di tenermi incollata alla pagine. È proprio questo aspetto che mi fa vedere Semplici come un autore dalle ottime potenzialità, forse troppo frenato dal retaggio importante che, inevitabilmente, si porta dietro ogni autore che decide di scrivere un horror e di cui Semplici è fortemente consapevole.

Il ritmo di lettura è stato velocissimo: a parte nel flashback iniziale, ho divorato la storia senza indugi. Lo spazio di manovra generato dalla scorrevolezza della scrittura e della storia secondo me, avrebbe potuto permettere all'autore di indugiare maggiormente su alcune scene in modo tale da approfondire alcuni aspetti senza rischiare di perdere il ritmo della narrazione. Si sa, però, che io sono un'amante del troppo rispetto al troppo poco e non dubito che la stragrande maggioranza dei lettori apprezzerà totalmente questo aspetto.

Lo stile narrativo di Semplici mi piace molto, scorrevole, piacevole, sufficientemente profondo da penetrare nell'animo di chi legge ma anche adeguatamente contemporaneo per raggiungere anche i lettori meno impegnati. Nella mia versione, però, ho trovato alcuni refusi che non posso non considerare nella valutazione di questo aspetto, il romanzo è edito da poco e, probabilmente, il tempo per la revisione non è ancora stato molto.

Non si può pensare di domare la paura, è un sentimento troppo antico e umano, ce l'abbiamo nel sangue, e ogni volta che credi di esserci riuscito, ti ritrovi da capo.

I personaggi vengono descritti tutti dal punto di vista del protagonista, sono raccontati ma non eccessivamente approfonditi. Sicuramente in questa struttura (diario) è faticoso riuscire a rappresentare pienamente l'interiorità di personaggi di cui non conosciamo i pensieri e il punto di vista ma trovo che molte delle loro potenzialità non abbiano ricevuto il giusto spazio. In alcune scene notiamo, però, l'intenzione dell'autore di voler estendere la nostra conoscenza nei loro riguardi.