Recensione

Valerio Massimo Manfredi è un ottimo autore ma, personalmente, lo ritengo più portato e capace quando racconta di eventi passati realmente accaduti romanzandoli il necessario per renderli scorrevoli e intriganti.

Questo libro non è un romanzo storico; si tratta di una trama interamente inventata dall'autore e, per questo motivo, non l'ho apprezzato come altri suoi romanzi. Se Chimaira fosse stato uno dei suoi primi romanzi avrei potuto pensare che i difetti rilevati fossero dovuti all'inesperienza di Manfredi come scrittore ma ho notato che in libri con ambientazioni storiche scritti in precedenza non cade negli stessi elementi che non ho apprezzato in questo romanzo.

Il personaggio principale, Fabrizio Castellani, è una vera e propria contraddizione vivente, per dare ambivalenza e spessore ad un personaggio è assolutamente legittimo renderlo anche incoerente con se stesso ma non fino a questo punto. Viene presentato sin da subito come un personaggio molto razionale che non si spaventa facilmente e dà spiegazioni razionali su tutto ciò che accade mentre nelle sue azioni ciò non viene per niente riscontrato dal lettore. Non solo è il primo a credere a pensare a soluzioni fantasiose ma ne è anche il portavoce; ne è talmente convinto che cerca di convincere anche gli altri. Un comportamento del genere ce lo si può aspettare da un personaggio razionale solamente dopo un po' di tempo che esperisce qualcosa non da un momento all'altro e sin dall'inizio del libro.

La trama è piuttosto banale, prevedibile e scricchiolante. Impossibile non capire sin dal primo indizio dove va a parare e lascia sinceramente molto perplessi che i personaggi ci arrivino con tale lentezza, forse un tentativo di far prevalere la razionalità del protagonista che, però, non essendo spiegata non viene affatto percepita. I rapporti che si instaurano tra i personaggi in un così breve tempo non sono credibili né realistici, passi per l'innamoramento facile di alcuni, ma un tenente che dà totale fiducia ad un completo sconosciuto in mille e più occasioni non l'ho potuto proprio digerire.

Chimaira non è un libro di un unico genere, ho inserito la dicitura "horror" perché presenta scene volutamente ideate per far crescere la tensione e possono indurre paura, ma niente di sconvolgente che induca i lettori più sensibili ad evitarne la lettura. Non si tratta nemmeno di un giallo vero e proprio ma parlando di un'indagine in corso può comunque essere considerato in parte un poliziesco e può piacere agli amanti del genere.

Il linguaggio mi ha lasciata ulteriormente perplessa. Lo stile di Manfredi non è certamente scorrevole, ma in questo libro si modifica continuamente. Sicuramente c'è stata una buona attenzione da parte dell'autore di modificare lo stile a seconda del personaggio che parlava però spesso e volentieri ho incontrato note stridenti tra un pezzo e l'altro, non posso nemmeno dare la colpa alla traduzione trattandosi di un romanzi italiano. Un esempio è lo stesso linguaggio del protagonista, dotto e complicato in un momento e scurrile e spiccio in altri. Anche in questo caso capisco che l'intento potesse essere quello di far capire l'agitazione di Fabrizio in alcune scene ma mi è parso talmente marcato da rendere il personaggio piuttosto lunatico. In più, come ho già detto, dovrebbe essere piuttosto razionale e poco emotivo e, in questi passaggi, non lo dimostra affatto.

Ci sono alcune descrizioni, non lunghissime ma un po' difficili da seguire. L'attenzione del lettore tende a scemare durante quei brevi momenti, le descrizioni però sono sempre riguardanti elementi che vengono notati dal protagonista in base ai suoi interessi e i suoi studi perciò rende i pensieri del soggetto assolutamente coerenti, anche se un po' noiose. L'amore che Fabrizio mette nel suo lavoro, però, è un elemento assolutamente positivo, specie nell'ottica dei tempi odierni in cui per molti è visto più come un obbligo da assolvere che un modo di ampliare i propri interessi.

Ho messo "nì" a riguardo del consiglio perché ritengo sia altamente personale; non si tratta di un libro imperdibile ma, allo stesso tempo, può essere godibile quando si cerca qualcosa di leggere e poco impegnativo. Al mare sotto l'ombrellone magari l'avrei considerato più godibile e avrei notato meno alcune dissonanze, perciò lo consiglio per situazioni di puro svago o a chi si trova ancora impegnato nelle sue prime letture e, per questo, nota meno certi particolari che rovinano l'atmosfera generale del libro.

Citazioni

"Non sapeva che cosa pensare e l'impossibilità di trovare su due piedi una soluzione razionale a un evento apparentemente inspiegabile lo infastidiva oltremodo."

"Erano passati solo tre giorni da quando era arrivato e gli sembrava di essere precipitato in un vortice di pazzia."

"Chi uccide. Ne sono certo. Può essere ucciso."

"Ma il tono di quelle parole, apparentemente banali, risuonò come quello di un'oscura minaccia, di una sentenza, come se si riferisse all'ultimo pasto o all'ultima sigaretta concessa al condannato a morte."

"Sentiva forte il bisogno di un sentimento che gli riempisse l'animo e ne cacciasse il terrore che lo stava occupando, un terrore cieco che in ogni istante poteva scatenare in lui comportamenti assurdi e irrazionali."

"Ma dietro la sua espressione e le sue parole si intuiva un disperato bisogno di comunicare, di parlare con qualcuno, di scaricarsi, forse, di un peso insopportabile."

"Anche la morte uccide. Ma non può essere uccisa."

"Un tempo doveva essere stata una donna di una bellezza fuori dal comune, di quel tipo di bellezza aggressiva e spudorata che fa smarrire il senno a un uomo, che lo perde senza rimedio."

"Le ferite del passato tornano a sanguinare nel presente, a volte, provocando ancora dolore."

"I debiti vanno pagati... non importa quando."