«Non illuderti ragazzo.» Intervenne un uomo sulla cinquantina armato di mazza da baseball. «Non sai ancora quanto è profondo il pozzo dell'orrore.»
Ho scoperto l'autrice Donatella Perullo grazie ad un altro suo romanzo: Il gioco del ragno. Approfittando di una promozione, ho acquistato Nemesi, perché ero davvero curiosa di leggere altro di questa autrice.
Prima di tutto mi ha stupita, in positivo, la sua poliedricità: al suo attivo ci sono romanzi di generi totalmente differenti (quelli di cui conosco l'esistenza sono rispettivamente un noir, un horror, un fantasy e un romance) e, nel leggere Nemesi mi sono subito accorta di come riesca ad essere mutevole, pur conservando qualità tipiche che la caratterizzano e rendono la sua scrittura ben riconoscibile.
Inizio con il dire che ho letto questo libro in una notte; prima di andare a dormire ho deciso di iniziarlo spinta dalla curiosità e, pochissimo tempo dopo, mi sono ritrovata alla fine, senza nemmeno accorgermene. Sicuramente si tratta di un romanzo breve ma, questo avvenimento, non è imputabile alla lunghezza; sono moltissimi i romanzi brevi che ho letto e capita di rado che io ne sia coinvolta così tanto da finirli inconsapevolmente in fretta. Il merito, infatti, va al ritmo del romanzo. La storia scorre velocemente; ci sono i giusti momenti di azione intervallati da momenti di introspezione, lo stile è adatto, il genere è ciò per cui ho un debole da sempre, insomma, tutti gli elementi necessari per far scorrere la lettura velocemente sono presenti in questo romanzo breve.
Uno degli aspetti che mi aveva colpita maggiormente, nel suo romanzo precedente, si ripresenta anche in Nemesi; la protagonista mi piace. Dovete sapere che io difficilmente apprezzo i personaggi femminili; solitamente vengo descritti come o troppo fragili o come troppo forti; come se la giusta via di mezzo per le donne non esistesse. Donatella Perullo riesce, invece, a dare un'idea diversa di queste donne; vittime sì degli eventi, ma forti abbastanza per riuscire a superarli.
Anche gli altri personaggi escono dallo stereotipo in cui potremmo inquadrarli: il poliziotto, ad esempio, è fermo e deciso ma, al contempo, tenero e romantico, mantenendo una varietà che trovo importantissima per uscire dagli schemi preposti di ogni ruolo.
Inutile dire che il mio personaggio preferito è Cochise, il cagnolino della protagonista, le sue scene, al di là del contenuto di storia vera e propria, hanno una tenerezza che colpisce.
Mi sono piaciuti anche i rapporti che i personaggi hanno tra di loro; l'autrice riesce a spiegare il rapporto cane-padrona senza cadere nel melenso, padre-figlia senza essere mai banale, amico-amico rendendolo simpatico e non facendoci sentire odore di già visto, già sentito.
«Lei non è come le altre. Devo trovare il modo giusto di avvicinarla, non voglio commettere errori per la fretta. E poi oggi, è il giorno buono, lo sento.»
L'incipit del romanzo è molto bello; una sorta di riflessione postuma rispetto a quello che, successivamente, verrà raccontato. Mi è piaciuto molto e, per quanto nell'intero romanzo abbia riconosciuto l'autrice, questo è il pezzo che ho sentito più suo.
Come ben sapete, io sono cresciuta con l'horror, per questo motivo difficilmente una trama del genere mi può stupire particolarmente. La storia raccontata dall'autrice, perciò, non è stata inaspettata, ma è ben sviluppata e, riga dopo riga, ti fa venire sempre più voglia di vedere cosa succederà o, anche quando se ne capisce la direzione, come questo verrà raccontato.
Il finale, invece, mi è dispiaciuto. Io detesto quando i libri non sono autoconclusivi e, anche in questo caso, è stato così. Si capisce, certamente, che una parte della storia sia terminata, però, per gusti personali, mi sento tradita dall'autore quando vengo messa davanti ad un finale tronco. Di questo vi ho già parlato molto, perciò mi limito alla sintesi: quando un libro termina così ha il grande pro di invogliare il lettore ad acquistare il libro successivo (che, in questo caso, non credo ci sia, o non ci sia ancora) ma ha il grande contro di abbandonare il lettore e fargli chiedere "sì, ma poi?".
Con l'atmosfera, l'autrice mi stupisce sempre, riuscendo in quello che non riescono quasi tutti gli altri; mi fa emozionare. Ora, solitamente io non provo nulla e sono piuttosto cinica nei confronti dei rapporti umani scritti all'interno dei romanzi, ma ho notato che grazie a Donatella Perullo, pur partendo disillusa come sempre, riesca invece a finire la lettura con un atteggiamento più morbido, più accogliente.
L'ambientazione è ben chiara; all'inizio di ogni capitolo l'autrice ci scrive ora e luogo degli avvenimenti. Il luogo in cui si dipana la storia è Ajguan Devira e il periodo temporale va dal 24 novembre al 28 novembre 2013. Le descrizioni dei luoghi sono presenti anche se non preponderanti; le scene più cupe e le descrizioni degli zombie e dei loro relativi banchetti sono appropriatamente dettagliate, rendendo ogni immagine vivida e, come è giusto che sia nel caso degli zombie, disgustosa. Per questo motivo ho inserito il romanzo anche sotto il genere splatter, sebbene l'autrice sia giustamente cruda (è il genere a richiederlo) ma mai esagerata.
Il cranio era stato fracassato e grumi di materia celebrale erano schizzati fino alle pareti.
Infine, ma non in ordine di importanza: lo stile. Mi piace molto il modo in cui scrive l'autrice e, in questo romanzo, ho rinnovato il mio apprezzamento. Ho notato come, pur rimanendo la stessa, sia riuscita ad immedesimarsi nella storia diversa. Il tono è più profondo nel noir e, invece, più scanzonato qui, dove effettivamente, la trama è più goliardica, seppure macabra.
«Ecco perché non sono in decomposizione, sono zombie freschi!»
In conclusione, il libro mi è piaciuto molto, me lo sono divorata in una notte e, se fosse stato il primo libro letto dell'autrice avrei capito, come del resto mi è successo con Il gioco del ragno, che si tratta di una scrittrice promettente, di cui voglio leggere tutto. Essendo, invece, il secondo romanzo letto ed essendo più breve e meno profondo del primo, l'ho visto un po' come un bignami dell'autrice: tutte le doti di Donatella Perullo qui sono altrettanto presenti ma sono ristrette in uno spazio limitato, non libere di esprimersi al massimo come ne Il gioco del ragno.
Consiglio il libro a tutti, soprattutto a chi è neofita del genere e vuole entrarci con un'autrice che riesce a rispettarlo pur mettendoci del suo.
In particolare, consiglio l'autrice di cui presto leggerò anche il suo ultimo romance: Dolce risveglio (QUI su Amazon), nella speranza che, con la sua capacità di rendermi più arrendevole ed emotiva, riesca a farmi apprezzare un genere con cui non sono mai riuscita ad andare particolarmente d'accordo.