Il mattino dopo la pioggia era cessata e nell'aria c'erano freddo e fumo. Il ragazzo li accolse con un sorriso, perché stava aspettando, e il suo orologio erano il tempo e le stagioni.
Il guardiano del frutteto è il romanzo d'esordio del celebre Cormac McCarthy. Dopo aver letto Figlio di Dio, suo terzo romanzo pubblicato, ho notato che lo stile dell'autore non era lo stesso degli ultimi romanzi e, così, ho pensato di leggere la prima opera in assoluto per vedere se avrei trovato o meno riconferma di quanto appena affermato.
In realtà, lo stile di Il guardiano del frutteto mi ha ricordato molto di più gli altri libri dell'autore, probabilmente grazie alla trama e alla struttura non così distanti da altre sue opere. Troviamo un McCarthy diretto, ma non sempre conciso, che ci racconta la storia per scene tra loro staccate, seppur collegate e collegabili con il senno di poi.
La struttura del romanzo credo che sia l'elemento più difficile da apprezzare.
Prima di tutto vi sono dei flashback legati a dei ricordi passati, scritti in corsivo. Essi sono inseriti sia come parti a sé che all'interno delle altre.
Secondariamente il lettore non noterà immediatamente il focus della narrazione. Ci sono tre principali personaggi nella vicenda, il ragazzo John Rattner, il contrabbandiere Marion Sylder e il vecchio Ather. Questi ruoli determinanti verranno compresi dopo molte pagine e, inizialmente sarà difficoltoso comprendere persino quando la narrazione passerà dall'uno all'altro, perché gli stacchi non vengono segnalati in alcun modo.
Per questo motivo non ritengo il ritmo di lettura molto veloce: comprendere tutti i sottintesi e farsi spazio tra presente e passato non è semplice e richiede tempo ed attenzione. Inoltre, non si tratta di un autore veloce: le scene hanno sempre significati più profondi di quelli esplicitati, perciò è necessario dare loro il giusto tempo.
Aspetto onnipresente dei lavori di McCarthy è la forte rilevanza dell'atmosfera. Anche davanti alla difficoltà di comprensione, non avrete problemi a percepirla, ogni parola viene scelta alla perfezione per mostrarci la natura dei gesti e dei discorsi fatti dai protagonisti. Ogni libro di questo autore trasmette una sensazione di genuinità: ci racconta di persone che sembrano reali, facendocene percepire l'anima.
I personaggi di McCarthy di rado sono quelle che potremmo definire brave persone, l'autore gioca molto sul dualismo tra bene e male, mostrandoci come sia possibile che un cattivo possa arrivare a fare anche del bene e viceversa. In questo caso il legame che si crea tra i tre protagonisti è uno degli aspetti più importanti della narrazione: su di essi si impernia il messaggio che l'autore desidera mandare.
L'incipit inizia con una delle digressioni che saranno presenti in tutta la lettura, mostrandoci ben poco della storia vera e propria, ma evidenziando alcuni degli aspetti tipici della scrittura dell'autore, prima su tutti la quasi assente denominazione dei personaggi e l'utilizzo di appellativi come "il ragazzo", "l'uomo" e così via.
La trama, come ho già anticipato, si impernia sulle vite dei tre personaggi principali e sul loro rapporto. Al di là del forte messaggio e dell'importanza dei ruoli che avranno l'uno per l'altro, non possiamo dire che vi sia una storia molto estesa. Di scene importanti e significative ce ne sono molte, ma sono più rilevanti prese in maniera sé stante che considerandole nel complesso.
Una volta giunto al finale, il lettore avrà ormai avuto la possibilità di comprendere che il focus della storia sta più nelle relazioni che nella scarna trama e, per questo motivo, riuscirà ad apprezzare la degna conclusione della vicenda.
L'ambientazione ci porta vicino a Knoxville in Tennessee, in una cittadina rurale tipica dei romanzi western. McCarthy descrive egregiamente sia l'atmosfera generale tipica di questo genere di ambientazione, sia i piccoli dettagli che ci aiutano a visualizzare ogni scena. Knoxville è anche la città dove l'autore ha vissuto la propria infanzia.
Muffe cancerose avevano intaccato le fondamenta ancora prima che i tetti fossero terminati. Il fango strisciava su per i muri e la vernice si scrostava in lunghe scaglie bianche. Sembravano contagiate da una terribile pestilenza.
In conclusione, Il guardiano del frutteto di McCarthy è un romanzo dalla grande forza simbolica, ma è ben più confuso e lento di altre sue opere.
Per questo motivo lo consiglio solo se
1. Dovete ancora approcciarvi all'autore e desiderate conoscerlo attraverso la sua crescita letteraria e stilistica, per poter apprezzare ancora di più le sue ultime opere.
2. Siete fan dell'autore e desiderate leggere tutto ciò che ha scritto.
Io, nonostante non abbia apprezzato del tutto gli ultimi due romanzi letti, probabilmente anche a causa delle altissime aspettative, rientro ancora nella seconda categoria e, perciò, leggerò tutto ciò che ha scritto con piacere.
La speranza di riuscire a trovare qualcosa di significativo quanto la sua ultima opera, La strada, rimane.