Nessuno vede niente, nessuno si accorge di niente ma mi sembra quasi di sentirla una risata, una risata di un pubblico che siete voi, nascosti bene dietro quella telecamera, che se la ride per il mio gesto.
C'è una regola generale che, secondo me, va sempre rispettata quando si parla ad altre persone dell'opera che si sta recensendo: si deve tener conto di tutto il suo background.
Io, nelle mie recensioni, tengo sempre conto di tutto ciò che conosco e posso desumere dalla lettura, sia che si tratti di libri per ragazzi (che puntano ad un target diverso), a classici (che dovevano rispettare le "regole" del tempo), a libri che hanno vinto un premio (che dovrebbero essere "speciali" per aver sovrastato i loro avversari), e anche a quelli di autori emergenti (che non hanno alle spalle tutti i collaboratori di un autore celebre e che, in teoria, possono vantare meno esperienza sul campo).
Giudicare un romanzo di Alexandre Dumas sullo stesso piano di Harry Potter, di Stephen King e di un autore emergente, non sarebbe solo ridicolo, ma renderebbe impossibile al lettore interessato a quella determinata fascia di Letteratura, comprenderne il valore rispetto ai suoi competitor.
Questa introduzione per dire che, invece, nel caso di Poker di Stefano Graiff questo non mi è stato possibile, o perlomeno non nella stessa misura che ho applicato per altre opere. Il motivo è semplice: l'autore mostra chiaramente il suo potenziale e, invece di trasmettere inesperienza, ti prende da subito. Per questo motivo ne giudicherò i difetti ed i pregi in modo ancora più puntiglioso del solito: quando sono davanti ad un libro che mi convince, non è solo alla piacevolezza della lettura a cui punto, ma alla perfezione.
Quanto appena detto vale per tutto ciò che racconterò, meno che per la cura: purtroppo quest'opera contiene moltissimi refusi, più di quelli che possono essere "accettati" senza che questo aspetto venga menzionato. Errori di battitura, o di grammatica (almeno due importanti) e qualche verbo che si trasforma da passato in presente (effetto, magari voluto, ma che induce confusione), dimostrano come la correzione di bozze sia stata carente.
Lo stesso si può dire dell'editing: qualche taglia e cuci, qualche precisazione in più, pochi accorgimenti.. e il romanzo sarebbe potuto salire, di molto, di qualità.
Invito, perciò, l'autore e l'editore, quando ne avranno la possibilità, ad investire su questo aspetto perché, questo libro, se ben curato, potrebbe tranquillamente essere paragonato ad opere d'esordio ben più famose e celebrate da grandi editori e testate giornalistiche.
Partiamo, ora, con ciò che concerne, invece, il lavoro dell'autore.
Poker è un romanzo dalla trama intrigante: una partita a poker della durata di un giorno (o quasi), monitorata da una sorta di "Grande Fratello", il cui epilogo può essere solo la morte o una vittoria milionaria.
Una voce da un altoparlante dice: IL RE DI FIORI VI DÀ IL BENVENUTO!»
Guardo l'orologio, segna le 7:30.
Si comincia.
Ora siamo burattini pronti per lo show.
L'incipit della storia, mostra uno degli elementi fondamentali della vicenda: la storia romantica del protagonista, Max, con uno dei personaggi principali, Mary. Questa apertura, pur essenziale per ciò che viene raccontato, può non soddisfare immediatamente il lettore che ha acquistato il romanzo perché inserito tra i thriller. In realtà questo aspetto arricchisce solamente quella che, già da sola, potrebbe essere una trama unica ed interessante.
La struttura del libro, può essere divisa in tre piani narrativi.
Quello del presente, mostra la partita a poker che Max sta svolgendo.
Quella del passato più remoto racconta come e dove lui e Mary si sono conosciuti e innamorati.
Quella intermedia ci spiega ciò che è successo tra le due epoche precedentemente citate e di come il passato da noi letto abbia potuto trasformarsi in quel particolare presente.
Questa scelta rende la storia più avvincente, catturando l'attenzione del lettore su ogni dettaglio svelato, piano piano, da questo triplo binario parallelo.
Unico accorgimento che potrebbe migliorare l'esperienza, sarebbe inserire sotto al titolo di ogni capitolo un riferimento temporale che aiuti a comprendere a colpo d'occhio, di quale delle tre epoche si tratta, facendolo meglio orientare tra i meandri della trama intricata.
Da questa struttura si comprenderà che lo svolgimento della vicenda non è orientato esclusivamente sulla partita giocata dal protagonista ma anche sul suo passato.
Per quanto la parte del presente sia quella che cattura maggiormente l'attenzione, anche quella antecedente risulta interessante.
In particolare, l'epoca più lontana ricorda per alcuni aspetti un romanzo di formazione, in cui si riescono a percepire chiaramente l'affetto e la complicità tipici dell'infanzia, quelli che poi, condizioneranno, volenti o nolenti, tutta l'esistenza.
Sul finale posso dire poco, altrimenti anticiperei troppo. Senza dubbio sarà amato o odiato, difficilmente lascerà indifferenti. Io l'ho apprezzato molto.
Lo stile di Graiff (correzioni necessarie a parte) è convincente e fa trasparire sicurezza. Non si notano quelle che potremmo definire le "sviste dell'esordiente" ma, anzi, troviamo escamotage letterari "acchiappalettore" tipici dei romanzieri di maggiore successo (come ad esempio l'anticipazione di quello che accadrà).
Invece che di migliorie, qui si può parlare, di necessità di smussare gli angoli. L'autore non eccede nelle sue particolarità, mantenendo un alone di credibilità, ma la calibratura del dosaggio perfetto da applicare non è ancora ineccepibile. Queste frasi, se inserite in quantità, rischiano di annullare il proprio effetto e i termini espliciti, se scritti più volte in una frase rischiano di deconcentrare il lettore dalla verosimiglianza della storia.
Non potevo immaginare, non potevo assolutamente prevedere dove quel sottile rumore che andava a rompere il silenzio della notte m'avrebbe portato. Non lo immaginavo certo dopo questi anni di sublime apatia.
Sull'ambientazione l'autore si sofferma solo per poche frasi. Le parole usate, però, sono sufficienti a mostrarci la scena e a farcela immaginare. Più che descrizioni totali, sono presentati alcuni dettagli: con essi ricostruiamo l'atmosfera generale ed entriamo dentro la stanza.
Il ritmo di lettura è molto veloce: ogni volta che si apre il libro, lo si chiude solamente perché si deve fare altro, mai per noia o mancanza di concentrazione. I capitoli sono brevi e avvincenti.
L'introspezione del protagonista è ben curata e approfondita. L'ironia utilizzata ce lo rende "amico", il fatto che in poche occasioni lui si rivolga direttamente a noi ci dà l'impressione di parlargli, e le sue sensazioni sono ben chiare nelle nostre menti. Ci preoccupiamo per lui e, mentalmente, lo sgridiamo per gli errori che commette e che lo portano a situazioni di pericolo.
Ho sempre giocato con gli esclusi, con gli inutili, gli invisibili, con coloro che avevano però sempre qualcosa da dire o da dare. Da spiegare che la vita non insegna un cazzo a quelli che sotto l'albero trovano i regali. Chi viene sempre portato sul palmo di una mano o cade sempre in piedi, non ha sostanza, non ha speranza. Devi farti male per rialzarti, devi soffrire per gioire. Succede soltanto a romantici e poeti, e a uomini masticati dalla vita e sognatori, a "teppistuccoli" del cazzo come me.
Gli altri personaggi sono raccontati dal punto di vista di Max, soltanto Mary vede qualche capitolo basato sul proprio punto di vista.
La loro psicologia è comprensibile ma non chiara come quella del nostro protagonista, questo è in parte voluto anche per la necessità di mantenere l'effetto sorpresa su chi possano essere i buoni e chi i cattivi.
Le loro personalità sono interessanti ma non carismatiche come quelle del narratore.
L'atmosfera, grazie a stile e ironia, è ben percepibile. Considerando che si tratta di un romanzo piuttosto statico, eccettuata la fine, è questo elemento a denotarlo come thriller. Ogni mano di poker è caratterizzata da ansia e suspense.
In conclusione, Poker è un libro che si legge più che volentieri e ha le potenzialità per colpire ancora di più.
L'autore è entrato nel mio albo personale degli autori emergenti su cui puntare e, proprio per questo, io ve lo consiglio.
Peccato per l'editing carente che può fortemente svalutarne il valore agli occhi del lettore più attento e preciso.