TRAMA IN BREVE

Il Detective Eric Shaw è alle prese con un caso particolare: un killer che sembra conoscerlo molto bene. Forse per i trucchetti che usa per assicurare i colpevoli alla giustizia? Non vi resta che leggerlo per scoprire di più!

INCIPIT

1994

Un fiotto del sangue di mia madre m'investì in volto. Si teneva il collo e mi guardava con occhi imploranti. Cercava di parlare, ma dalla sua bocca usciva poco più di un gorgoglio.

RECENSIONE

"Tu sei il mio mentore"

Il mentore di Rita Carla Francesca Monticelli è il primo volume di una serie thriller che vede come protagonista il detective Eric Shaw

Forse alcuni di voi conosceranno già l'autrice per la serie fantascientifica Deserto Rosso, io non ho avuto il piacere di leggerla perciò la mia recensione sarà da completa neofita: è il primo libro in assoluto che leggo di questa scrittrice e non potrò paragonarlo ad altre sue opere.

Partiamo, dunque, dall'inizio del libro: l'incipit. Come potrete leggere nella sezione Incipit questo romanzo inizia con i fuochi d'artificio. La scena descritta è cruda e forte e colpisce immediatamente l'attenzione del lettore. Una partenza che, senza dubbio, fa venire voglia di continuare la lettura e, anche i più dubbiosi, decideranno di dedicare al libro più attenzione dopo aver letto queste prime righe.

La trama del romanzo è piuttosto classica per un thriller; un killer che ha tutta l'aria di voler diventare un serial killer, le ragioni ci vengono spiegate sin da subito e, in parte, non ce lo fanno sembrare poi così crudele. Si tratta, perciò, di un'idea iniziale prevedibile che, però, funziona sempre per un lettore amante del genere e che aggiunge un pizzico di umanità a quello che, solitamente, viene visto come l'antagonista malvagio. 

Lo svolgimento si distanzia di più dal classico perché viene ampliata la figura del cattivo piuttosto inusuale, a partire dal sesso femminile e arrivando alla sua volontà di sfogarsi su un blog creato ad hoc, inoltre per una lettrice molto orientata verso il mondo degli scrittori uomini è capitato davvero di rado di leggere un romanzo del genere che possa essere considerato, in parte, anche un romanzo rosa, data la forte rilevanza della storia d'amore in fieri tra il protagonista ed una sua collega. Quest'ultimo aspetto sapete che non rientra tra i miei preferiti.

Il finale non delude ma, in parte, ce l'aspettavamo. Per tutta la durata della storia ci è chiaro che la trama potrà evolvere in soli due modi, Monticelli sceglie la via meno facile e riesce a percorrerla stupendoci e senza incorrere in problemi di credibilità della trama. Alcuni degli elementi posizionati per far quadrare il tutto, però, rischiano di farci orientare troppo facilmente sulla soluzione del caso.

La struttura del romanzo è ottima: si riesce a seguire la storia facilmente nonostante vi siano numerosi misteri e non sia del tutto lineare (com'è giusto che sia, in un thriller). I punti di vista dai quali ci vengono raccontati i fatti sono diversi e cambiano anche stile narrativo: prima persona per l'antagonista, di cui leggiamo direttamente il blog, e terza persona per i pensieri del protagonista e degli altri personaggi.

Ciò che ho amato di meno è stato il protagonista, il detective Eric Shaw. Non si tratta di un errore dell'autrice ma, più che altro, di una discrepanza tra quello che io preferisco e quello che, invece, è stato scelto di rappresentare.
La mentalità dell'investigatore è molto sensibile e insicura e, inoltre, i suoi pensieri e le sue azioni si trovano piuttosto in disaccordo tra loro a causa delle sue pene d'amore. Quest'ultimo aspetto è voluto e lo rende certamente più umano ma, per i miei gusti, è difficile farsi piacere un protagonista maschile di un thriller così poco coriaceo. Ovviamente non voglio intendere che un uomo debba essere per forza duro e indifferente ma, in questo caso particolare, l'avrei preferito.

Si era detto che era solo una crisi di mezza età e che sarebbe passata presto. Ma poi non era passata e aveva iniziato a pensare che forse non era poi così vecchio. Se li portava bene i suoi quarantanove anni. Per un uomo era l'età migliore e poteva benissimo attrarre una ragazza che ne avesse ventisette.

I personaggi sono poco approfonditi, la motivazione è piuttosto comprensibile: se fossero stati raccontati più a fondo sarebbe stato impossibile mantenere l'effetto sorpresa che ci fa dubitare fino alla fine sul reale svolgimento dei fatti. È difficile, però, affezionarsi a loro senza sapere cosa pensano veramente. In nessun momento della lettura noi veniamo a sapere ciò che Eric e gli altri personaggi pensano davvero, abbiamo accesso solo alle informazioni necessarie e ai pensieri che non rischiano di svelarci la soluzione del caso, alcune informazioni rilevanti ci vengono tenute nascoste e ce li fanno rimanere estranei.

Il ritmo del romanzo è, sicuramente, uno dei suoi aspetti più positivi. Il Mentore si legge molto velocemente e non annoia mai, anche quando abbiamo già immaginato come continuerà la vicenda abbiamo voglia di continuare e farcelo raccontare dalla scrittrice. Ho terminato la lettura in una serata senza alcuna fatica e non ho dubbi che la lettura sarà rapida anche per voi.

Legato al ritmo c'è anche il concetto di atmosfera. Come sapete io amo la prolissità e, in certi casi, ne ho addirittura bisogno per poter entrare nella storia anche con il cuore. Trattandosi, invece, di una scrittrice che certamente non si dilunga sui particolari, questo aspetto mi è mancato. Per quanto io non sia riuscita ad immedesimarmi nei personaggi, mi è stato possibile avvertire la suspense del caso.

Oggi ho realizzato per la prima volta cosa sono diventata: una serial killer.

Lo stile narrativo dell'autrice è convincente ma non mi ha avvinta del tutto. Il gergo utilizzato è esatto ma non particolarmente specifico. Qui entra in gioco in buona parte l'esperienza come lettrice; sono abituata a thriller più orientati verso prove e scientifica.

Uno degli elementi meno importanti in un thriller ma di cui io parlo in ogni recensione per completezza è l'ambientazione. In questo caso l'aspetto più rilevante, cioè le descrizioni en passant dei luoghi, è sicuramente curato: all'interno del libro troviamo poche ma buone descrizioni che ci aiutano a creare immagini mentali di ciò che viene osservato dai personaggi. Speravo, però, in un maggiore approfondimento dell'ambientazione vera e propria cioè quella relativa all'Inghilterra e alla città in particolare. io non trovo nulla di male in una scrittrice italiana che ambienta il proprio libro al di fuori del Bel Paese ma penso che localizzando la storia in un luogo meno conosciuto per il proprio pubblico abbia molto più appeal inserire elementi e dettagli propri dell'ambientazione del romanzo, in modo da permettere a chi legge di riuscire ad identificarsi anche in un'ambientazione che non conosce o che, comunque, fatica maggiormente ad immaginare. Ribadisco, non si tratta di un elemento fondamentale ma, per me, arricchendolo l'autrice avrebbe intrigato di più il lettore.
In ogni caso le tempistiche della vicenda sono chiare, è interessante il salto temporale di 20 anni che possiamo trovare tra il prologo e la storia vera e propria. 

In conclusione, si tratta di un libro piacevole e veloce. Una lettura gradevole che consiglio in particolare a chi non è già già assuefatto alle diverse casistiche del thriller. La ritengo una lettura più femminile che maschile ma può piacere ad entrambi i sessi. Possiedo già i due volumi successivi e li leggerò con piacere! 

CITAZIONI

Eric sorrise. Mi sembrò il sorriso più bello del mondo. Non era solo la sua bocca a sorridere, ma tutto il suo volto, compresi i suoi occhi di un blu profondo, come il mare.

Quando si era certi di avere di fronte un assassino pluriomicida e non si poteva metterlo dentro, perché era troppo bravo per lasciare tracce, sentiva che era suo dovere fare qualcosa. Non poteva semplicemente rimanere lì a guardare.

Mai una volta si era pentito del suo operato.

Era molto più semplice fantasticare su una giovane e inarrivabile collega che andare là fuori e mettersi in gioco.

Non gli importava davvero. Nulla importava oltre a quel momento.

Miriam diede un ultimo sguardo sconsolato al cielo buio. Le nubi erano talmente basse, che, riflettendo la luce artificiale, creavano una cappa rossastra, opprimente, proprio come il peso che sentiva sul cuore.

Cosa farò dopo? Non avrò più uno scopo per le mie azioni, forse mi sentirò persa. Sono cresciuta nell'odio e non sono certa di saper vivere senza di esso.

Mi sembrava di non essermi mai sentita così viva come in quel momento. Da un può di anni il pericolo è diventato per me come una droga.

QUARTA DI COPERTINA

Il quasi cinquantenne detective a capo di una squadra scientifica di Scotland Yard, Eric Shaw, si trova a investigare insieme alla detective Miriam Leroux sulla morte di un pregiudicato, ucciso con due colpi di pistola: uno al collo, in uno stile simile a quello di una inusuale esecuzione, ma preceduto da uno all’inguine, che sembra avere una connotazione più personale.
La sua attenzione sul lavoro è, però, spesso distratta dalla presenza di una criminologa della sua squadra, Adele Pennington, oltre vent’anni più giovane di lui, per la quale si rende conto di avere un interesse extra-professionale, peraltro non ricambiato.
Nel frattempo i dettagli di un delitto molto simile vengono descritti in uno dei tanti blog anonimi sulla rete, della cui esistenza la polizia londinese è completamente all’oscuro. L’autrice del blog si firma col nome Mina, come una delle vittime di un caso di Shaw di molti anni prima.

PRO / INDIFFERENTE / CONTRO
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