Non eravamo pronti. Nessuno di noi.
Eden di David Falchi è uscito lo scorso 29 Settembre e, appena ho visto la mail in cui mi veniva segnalata la sua uscita, mi è nata la curiosità di leggerlo. In precedenza non avevo letto altri libri dell'autore e pensavo che, trattandosi del primo romanzo di una nuova serie, non ci fosse occasione migliore per conoscerlo.
Ho scoperto solo successivamente che, in realtà, questa serie è nuova ma contiene al suo interno personaggi, protagonista compreso, appartenenti a due romanzi precedenti: Nero Eterno (QUI per Amazon) e Oltre il Nero dell'Anima (QUI per Amazon). Questa scoperta "postuma" ha fatto sì che derogassi alla regola che mi sono data di leggere sempre i libri collegati tra loro in ordine di pubblicazione.
Il romanzo è totalmente comprensibile anche senza aver letto questi due precedenti volumi ma alcuni aspetti particolari relativi ai personaggi, quali i loro lavori e i loro rapporti antecedenti, vengono compresi solo in maniera parziale e, comunque, in un secondo tempo. Preferendo leggerli in ordine cronologico, ne ho sentita la mancanza e, sicuramente, la mia recensione sarà differente (non necessariamente in positivo o in negativo) da quella che avrei scritto se avessi letto anche i due precedenti libri. Se ne avrò l'occasione, leggerò molto volentieri i primi due romanzi, per farmi un'idea più completa dell'opera di Falchi.
La trama con cui si apre il libro; un portale di dubbia provenienza da cui è sparita una ragazza, fa sperare bene sin da subito. Lo svolgimento di questa storia va al di là delle aspettative e incuriosisce ancora di più. Ottima anche la capacità dell'autore di riuscire a scrivere una saga in cui il primo romanzo può essere considerato sia autoconclusivo che no. Non lascia con l'amaro in bocca come quei libri che si interrompono in un punto apparentemente casuale, ma non chiude nemmeno la vicenda totalmente dando la possibilità al lettore di desiderare di leggere come procederà la storia.
La struttura del romanzo è ben comprensibile; inizia in medias res per quanto riguarda la vita del protagonista, Kiesel, introduce i tratti fondamentali e, solo successivamente, si occupa della storia vera e propria. Tutto è narrato in prima persona direttamente da Kiesel. Questo tipo di narrazione non rientra tra le mie preferenze perché così, difficilmente, si riesce a conoscere tutto il contorno minuziosamente. Se, infatti, qualcosa accade lontano dagli occhi del protagonista, noi lo possiamo conoscere solamente attraverso intuizioni o indirettamente.
Uno degli elementi più curati e dettagliati del libro è l'ambientazione. L'autore descrive attentamente sia il luogo in generale, dandoci un'idea precisa dell'ambiente in cui si svolge la vicenda, sia i suoi particolari, compresi gli interni degli edifici. È una narrazione molto visiva; si capisce che l'autore aveva perfettamente in mente ciò che ci descriveva. Sui luoghi reali, invece, al momento non ci sono state descrizioni particolarmente importanti, non se ne è sentita comunque la mancanza perché, per la storia inserita all'interno del libro, queste ultime non erano affatto necessarie.
Lo stile mi è piaciuto; è scorrevole e gradevole, lo scrittore non appesantisce la sua presenza inserendo arzigogoli letterari. Io, però, non apprezzo le analogie, ogni volta che ne leggo una esco con la mente da ciò che sto leggendo per cercare di capire in che modo si sarebbe potuta spiegare la stessa idea senza utilizzarle. Questa preferenza, del tutto soggettiva, mi ha portato a deconcentrarmi spesso perché l'autore le utilizza davvero di frequente.
Si capisce particolarmente bene il lavoro svolto sulla trama, oltre probabilmente la capacità naturale dell'autore, al termine di ogni capitolo. Falchi, infatti, utilizza spesso dei fantastici cliffhanger, cioè, alla fine dei capitolo, inserisce qualcosa che cattura ulteriormente l'attenzione del lettore e lo spinge ad andare avanti. Questa capacità ben incanalata porta a due conseguenze, ambedue piacevoli; la suspense del libro cresce enormemente perché ci spinge a sentire che, nella pagina successiva, succederà qualcosa che ribalterà ulteriormente la situazione e, ovviamente, il ritmo di lettura è particolarmente veloce e ci è impossibile abbandonare la lettura, anche solo per qualche tempo, perché non riusciremo a mantenere la fantomatica promessa che ci facciamo sempre: finisco questo capitolo e poi smetto.
Questo è il motivo per cui ho inserito il romanzo nella categoria Sotto l'ombrellone, oltre che per l'ambientazione perfetta per questo tipo di lettura.
Per quanto riguarda l'atmosfera, penso di aver sofferto molto la mancanza delle due letture precedenti. Io fatico da sempre ad entrare in empatia con i personaggi e ad emozionarmi con loro e, in questo libro, ci sono riuscita solamente in parte. Anche se le parti con Babe, che rappresenta da sempre la categoria verso la quale sono più debole, hanno sortito l'effetto sperato non posso dire altrettanto di scene in cui avrei voluto entrare più in empatia con i personaggi. Gli spunti per emozionarsi non mancano e penso che chi ha meno difficoltà di me in questo senso e chi ha letto anche le storie antecedenti a questa, potrà senza ombra di dubbio avvertire l'atmosfera meglio di me.
Kiesel è il protagonista indiscusso della storia; dato che il punto di vista che ci racconta la vicenda è il suo, è inevitabile che sia anche il personaggio che conosciamo meglio. Di lui capiamo tutto; il suo pensiero sugli altri personaggi, le idee che ha su sé stesso, i pensieri, i limiti che pensa di dover superare, ciò che gli dà forza.
Gli altri personaggi, invece, li conosciamo solamente dal punto di vista di Kiesel. Ora, il protagonista è certamente un osservatore e descrive dettagliatamente gli altri personaggi, facendone capire anche le intenzioni non svelate dalle loro azioni, ma rimane comunque un'aurea di mistero intorno ad alcuni di loro. Come è giusto che sia, Kiesel non può sapere tutto al loro riguardo e, in parte, questo ci impedisce di conoscerli per quello che hanno nel profondo; per la loro anima più segreta. Questo può essere considerato sia un punto di forza, perché il mistero può attrarre di più alcuni lettori, oppure un punto debole, perché chi come me si immedesima difficilmente, può faticare di più ad affezionarsi a loro.
I dialoghi tra di loro sono piuttosto vari; in alcuni rapporti sono particolarmente interessanti, in altri, invece, non attirano particolarmente l'attenzione e il loro ruolo sembra più volgere ad una spiegazione di qualcosa che ad uno scambio di idee intrigante. Quello che ho preferito è, senza dubbio, il rapporto tra Kiesel e il suo Assistente Lerner.
Infine, la credibilità. Come ripeto sempre, io considero questo aspetto non in relazione alla realtà (cosa totalmente insensata, specialmente in un libro che volge al fantasy) bensì al mondo descritto dall'autore. In questo romanzo ho trovato che tutto sia perfettamente coerente con quanto descritto e che non nascano dubbi di alcun tipo riguardo ad accadimenti o reazioni dei personaggi. Inoltre, l'autore è riuscito ogni volta a dare le dovute spiegazioni, senza che queste dessero l'impressione di essere state inserite ad hoc, salvaguardando così la scorrevolezza della trama.
Io consiglio sempre di leggere i romanzi collegati tra loro, in ordine cronologico di pubblicazione perché penso che si possano apprezzare meglio in questo modo, perciò penso che sia preferibile leggere Nero Eterno e Oltre il Nero dell'Anima, prima di questo libro.
Io, però, sono riuscita ad apprezzarlo anche leggendolo per primo, perciò non posso che consigliarvelo ad di là di ogni limitazione.
Inutile dire che ora sono curiosissima di leggere sia i trascorsi di Marcello Kiesel, sia ciò che succederà nel secondo romanzo della serie che, da quanto si può comprendere grazie alla fine di questo volume, ha ottime potenzialità a livello di trama.
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