La notte di Lisbona

Di Erich Maria Remarque

Neri Pozza

310 pagine

9/10

Consigliato: Sì

Tedesco

Classico

Sotto l'ombrellone

Nazismo

TRAMA IN BREVE

Lisbona 1942, due fuggiaschi si incontrano e si accordano per uno scambio: due biglietti per l'America per vivere una nuova vita, in cambio della storia di una vita già vissuta, raccontata in un'intera notte.

INCIPIT

Guardavo attentamente la nave tutta illuminata che un po' distante dalla banchina era ancorata nel Tago. Benché fossi a Lisbona da una settimana, non mi ero ancora abituato alla luce spensierata della città. Nei paesi dai quali venivo, le città, di notte, erano nere come miniere di carbone, e un fanale nelle tenebre era più pericoloso della peste nel medioevo.

RECENSIONE

"Ciò mi parve anche significativo della vuota, sinistra ossessione del nostro tempo il quale con paura e isterismo segue le parole della propaganda, indifferente se vengano gridate da destra o sinistra, purché tolgano alla folla la molesta fatica di pensare e di assumersi la responsabilità del sentirsi impegnati per ciò che si teme e non si può evitare."

Erich Maria Remarque pseudonimo di Erich Paul Remark è conosciuto dai più per il suo libro Niente di nuovo sul fronte occidentale, classico bellissimo che molti di voi avranno sicuramente letto. Sono passati moltissimi anni ormai da quando l'ho letto io, si trattava di una delle letture obbligatorie delle superiori, e ricordo davvero poco se non che l'avevo amato alla follia, perciò ben presto lo rileggerò. 

Oggi, invece, vi parlerò del meno famoso La notte di Lisbona libro che non avevo mai sentito nominare finché non mi ci sono imbattuta nel mio mercatino dell'usato preferito e non ho dubitato nemmeno un secondo sull'acquisto, trattandosi di un libro di Remarque. L'ho pagato solamente 85 centesimi, capirete, dunque, perché amo così tanto il mercatino!

La trama de La notte di Lisbona è quella che tutti noi ci aspettiamo da questo autore: si parla della Seconda Guerra Mondiale. In particolare è la storia di un uomo incontrato dal protagonista che gli racconta la sua vita da fuggiasco fino a quel momento. I due si trovano a Lisbona in attesa della partenza di una nave per l'America dove, sperano, di poter sfuggire definitivamente dalla guerra.

Per quanto la trama già da sola permetta di comprendere la vastità di quello che potremo imparare da questo romanzo, sono rimasta comunque stupita dal suo svolgimento. Remarque, infatti, riesce a mettere di tutto, in queste poche pagine: la storia personale del personaggio, nozioni interessanti sulla guerra che ancora non conoscevo, frasi bellissime ed importanti che ti fanno riflettere e, persino una morale che vada al di là del concetto di guerra. Insomma, si tratta di uno di quei libri perfetti che non potrebbero essere cambiati nemmeno di una virgola perché, altrimenti, il loro equilibrio verrebbe visibilmente compromesso. Se da adolescente ho amato un libro di Remarque oggi posso dire con assoluta certezza che amo l'intero autore, e che non vedo l'ora di leggere e rileggere ciò che ha scritto.

L'argomento Seconda Guerra Mondiale è fondamentale in questo romanzo e trattandosi di una storia scritta da chi, effettivamente, quel periodo l'ha vissuto, ci si riesce ad entrare e a comprenderlo meglio che in un romanzo storico creato ad hoc. L'autore, inoltre, parla di aspetti che spesso vengono trascurati in altri scritti, cioè della vita di coloro che scappavano dalla Germania Nazista pur essendo tedeschi e che, dunque, non erano al sicuro in nessun luogo. Come venivano trattati allo scoppio della Guerra i tedeschi che vivevano all'estero? Ci abbiamo mai pensato agli sbagli che possono aver fatto anche coloro che vengono considerati i buoni? Ecco, in questo romanzo impariamo a conoscere di più anche questo aspetto. Non si può mai dire di conoscere un periodo storico se si è solamente consapevoli di ciò che accadeva in un determinato Paese e, Remarque, con la storia di un viaggio itinerante ci aiuta moltissimo rendendo la lettura utilissima oltre che molto bella.

La verità, però, è che ciò in cui sono stata colpita maggiormente è la capacità dell'autore di riuscire a farci immedesimare in personaggi così diversi, così lontani da noi. Le loro riflessioni ci colpiscono profondamente; non importa se si stiano interrogando sulla guerra o sulla vita in generale, ogni volta si rimane colpiti dalle loro affermazioni. L'atmosfera è palpabile proprio per questo, non possiamo dire di provare quello che provano loro perché l'autore cerca solo di far capire e non di far soffrire il lettore, però ci immedesimiamo e il loro punto di vista diventa anche il nostro.

"La paura della polizia non abbandona mai il profugo, nemmeno quando dorme, neanche quando non ha nulla da temere."

I personaggi della storia sono pochi e non hanno molta rilevanza; non sono le loro personalità ad interessarci bensì i loro ruoli all'interno della storia. Come ho già detto, non cambierei nemmeno una virgola a questo romanzo e ciò vale anche per questo aspetto; in questo libro non si sente la necessità di conoscere meglio il loro carattere, è quello che sono portati a fare in quanto esseri umani ad importare.

I pensieri dei personaggi, specialmente del narratore principale, non sono solamente riferiti alla Guerra ma anche ala vita in generale, i messaggi che ne possiamo trarre sono numerosi e personali; Remarque ci pone le domande, siamo noi a dover dare le risposte.  

"Come possiamo capire realmente se siamo felici e quanto lo siamo, sin tanto che non sappiamo che cosa rimane?"

L'ambientazione intesa come periodo storico è resa benissimo. Riusciamo ad entrare nella mentalità dell'epoca e a capire come funzionava tutto, cosa si poteva fare e cosa no, chi era meglio conoscere e chi era preferibile non salutare. Dal punto di vista puramente descrittivo l'autore fa un buon lavoro senza, però, risultare pesante. Ogni volta che il luogo cambia (e ciò capita spesso) ci vengono tratteggiate pennellate che ci fanno conoscere ciò che d'importante c'è da sapere, riusciamo ad immaginarci tutto ma Remarque non scende mai in profondità nelle descrizioni, specialmente se di luoghi negativi.

"Di giorno Lisbona è di una teatralità un po' ingenua che incanta e incatena, ma di notte è la fiaba di una città che scende a terrazze verso il mare con tutti i lumi come una donna vestita a festa la quale si chini sull'oscuro innamorato."

Come noterete, ho inserito anche l'etichetta Sotto l'ombrellone cosa che, solitamente non faccio per i romanzi classici. Certamente le tematiche toccate non sono quelle superficiali e legate all'intrattenimento che, solitamente, si prediligono in spiaggia, però, si tratta di un romanzo talmente facile da leggere dal punto di vista del ritmo che penso possa soddisfare pienamente i lettori che desiderano fare una lettura impegnata, anche in una situazione di relax. Io ho cercato di leggerne pochi capitoli al giorno appena sveglia, in modo tale da poter riflettere su quanto avevo letto durante il resto della giornata, nonostante questo l'ho finito in pochi giorni perché riuscivo difficilmente a chiuderlo e ad attendere il giorno successivo per andare avanti.

Lo stile di Remarque si può riassumere in tutto ciò che vi ho detto finora: riesce in poche parole a mettere tutto, Trama, ritmo, messaggio, ambientazione tutti riassunti in poche pagine che scorrono via alla velocità della luce. Così in fretta che si avrebbe voglia di ricominciarlo dsubito.

Non solo lo consiglio ma lo ritengo anche un libro imperdibile che dovrebbe essere letto da tutti, La notte di Lisbona ha tanto da dare sia a livello mentale che emotivo, non lasciatevelo scappare!

CITAZIONI

A quel tempo un uomo era nulla, un passaporto valido tutto.

Ma quando si è fuggiaschi e si vive nel pericolo e nella disperazione, s'impara a credere nei miracoli, altrimenti non si riuscirebbe a sopravvivere.

Davanti al crocifisso e ai maestri dell'arte si era ancora uomini, non già individui con certificati sospetti.

I ricordi sgraditi hanno un lato buono: ti convincono che sei felice mentre un secondo prima credevi di non esserlo. La felicità è una questione di gradi. Chi se ne rende conto è raramente del tutto infelice.

È diverso non avere il passaporto o averne uno falso: il falso è più pericoloso.

Il mondo non sembra mai così bello come nel momento in cui si viene messi sotto chiave, nel momento in cui lo si deve abbandonare. Almeno si potesse avere sempre questa sensazione! Ma forse non ne abbiamo il tempo, non ne abbiamo la tranquillità.

Lei sa che nel pericolo si manifesta un'altra maniera di vedere: non che l'acume degli occhi sia maggiore, ma la vista è più diffusa in tutto il corpo, come se si vedesse con la pelle. Si apre la bocca, si sta in ascolto e pare che anche la bocca veda e senta.

Sapere non è che un po' di schiuma sulla cresta di un'onda. Ogni vento la può soffiare via, ma l'onda rimane.

In amore si chiede sempre troppo e quando si comincia a voler proprio sapere le risposte esso può dirsi tramontato.

Avevo l'impressione di trovarmi nel mezzo della vita: facendo un passo avrei spostato la vita che sarebbe scesa lentamente dalla parte dell'avvenire e, empitasi sempre più di grigiore, non avrebbe mai ritrovato l'equilibrio.

Quegli istanti erano uno specchio nel quale potevamo guardare e scoprire due immagini: quello che il destino aveva voluto fare e quello che aveva realmente fatto di noi.

L'odio è un acido che intacca l'anima, indifferente se uno odia o è odiato.

Era un crepuscolo tra speranza e disperazione. Il tempo tratteneva il fiato. Pareva che nient'altro gettasse un'ombra sotto quella trasparente e irreale della grande minaccia. Sembrava che un'enorme cometa medioevale stesse insieme col sole nel cielo luminoso. Tutto di stava disgregando. E tutto era possibile.

Un'estate è breve, e anche una vita è breve, ma che cosa la rende breve? Il fatto di sapere che è breve. Sanno forse i gatti che la vita è breve? Lo sanno gli uccelli? Le farfalle? Essi la considerano eterna. Nessuno gliel'ha detto. Perché l'hanno detto a noi?

La nostra memoria non è uno scrigno in avorio in un museo impenetrabile alla polvere. È una bestia che vive e mangia e digerisce. Divora se stessa come la fenice della favola, affinché noi possiamo continuare a vivere e non ne rimaniamo distrutti. Questo lei vuole evitare.

Forse è vero. Ognuno di noi ha più persone dentro di sé. Del tutto diverse. Che talvolta si rendono indipendenti e assumono per qualche tempo il governo. E allora si diventa un altro, uno che non si è mai conosciuto. Ma poi si ritorna. Non è così?

QUARTA DI COPERTINA

È il 1942 a Lisbona. Un uomo osserva attentamente una nave ancorata nel Tago, poco distante dalla banchina. Al vivo bagliore delle lampadine scoperte, sull'imbarcazione si sbrigano le operazioni di carico. Si stivano carichi di carne, pesce, conserve, pane e legumi. Come tutti i piroscafi che, in quei tumultuosi giorni del 1942, lasciano l'Europa per l'America, la nave sembra un'arca ai tempi del diluvio. Un'arca incaricata di porre in salvo una gran folla di disperati, di profughi inseguiti dalle acque fetide del nazismo che hanno inondato da un pezzo Germania e Austria, e già sommerso Amsterdam, Bruxelles, Copenaghen, Oslo e Parigi. Anche l'uomo che la contempla è un profugo, senza alcuna speranza, però, di raggiungere New York, la terra promessa. Da mesi i posti sulla nave sono esauriti e, oltre al permesso di entrata in America, all'uomo mancano anche i trecento dollari del viaggio. Sarebbe certamente destinato a perdersi e dissanguarsi nel groviglio dei rifiutati visti d'entrata e d'uscita, degli irraggiungibili permessi di lavoro e di soggiorno, dei campi d'internamento, della burocrazia e della solitudine, se la sorte non venisse in suo aiuto. Un uomo, che non ha l'aria di un poliziotto, lo approccia e in tedesco gli dice di avere due biglietti per la nave ancorata nel Tago. Due biglietti che non gli servono più e che è disposto a cedere gratis a una sola condizione: che il futuro possessore non lo lasci solo quella notte e sia disposto ad ascoltare la sua storia...

PRO / INDIFFERENTE / CONTRO
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